La fine dei Partiti

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

I Partiti non esistono più. Lo ha dimostrato l’assemblea dei sindaci convocata ieri per decidere la posizione da assumere di fronte all’aumento della tariffa idrica. A decidere non sono stati né Mario Abbruzzese né i due Franceschi, né Ciacciarelli né Costanzo. Hanno fatto tutto i sindaci: Nicola Ottaviani in testa e poi ognuno con la sua convinzione a prescindere dalla bandierina politica. A palazzo Iacobucci ieri è stata decretata la temporanea fine dei sindaci dei Partiti e la nascita del Partito dei Sindaci. E noi ve lo avevamo detto (leggi qui il precedente).

E’ finito il tempo in cui in Segretario politico dettava la strategia e chi non si allineava veniva sanzionato, emarginato, lentamente espulso dalla sacra famiglia politica del Partito che in cambio della fedeltà garantiva coperture, assistenza, interlocutori, soluzioni ad ogni problema dei cittadini. Quei Partiti non ci sono più ed i sindaci si sono riappropriati del loro ruolo.

Il secondo punto è che il Pd sta vivendo anche a livello locale una crisi di identità tale che nemmeno il professor Freud con tutti i suoi assistenti potrebbero più cavare un ragno dai buchi nella testa del paziente. Chi è il Partito Democratico? Cosa è in questo momento il Pd? Dove sta andando? Se sia colpa della rotta tracciata da Matteo Renzi a livello nazionale ed applicata da tutto lo stato maggiore provinciale (sono tutti Renziani anche se di diversa osservanza) lo si saprà solo una volta che Renzi non ci sarà più: è evidente però una cosa. Che il Pd non è nemmeno lontanamente neanche l’ombra di quel Partito che aveva al suo interno Dipartimenti, Uffici Studi, fini analisti, esperti in ogni materia che potessero affiancare sindaci e federazioni provinciali.

Quello portato in scena ieri è stato l’agonia di ciò che resta di un Partito. La mozione consegnata a Gianpio Sarracco era meno comprensibile del bugiardino infilato nella scatola delle medicine scritto in sanscrito, con grammatica aramaica e alfabeto cirillico. Ad un certo punto non ci ha capito più niente nessuno, tra commi, sub commi, subordinate relative di quinto grado. La lezione di Nicola Ottaviani è stata anche in questo: la sua proposta era l’elogio della chiarezza e l’hanno capita tutti.

Chi invece non ha capito dove sta andando è stato il Pd. Ad un certo punto ha avuto in mano la carta con la quale salvare l’intera partita. Ha provato a giocarsela attraverso il sindaco di Veroli, Simone Cretaro: la carta prevedeva che il documento finale fosse senza collocazione politica, firmato da tutti i sindaci di ogni schieramento, evitando così il collasso. Ma era l’esatta riproposizione del documento che era stato bocciato dallo stesso Pd lo scorso luglio quando a presentarlo fu il sindaco di Ceccano Roberto Caligiore (Fratelli d’Italia).

Il segnale è ancora più forte perché la manifesta assenza di avversari continua a far emergere un Mario Abbruzzese sempre più monoculo in terra cecorum : quello che è orbo mentre tutti gli altri sono ciechi. Infatti, il suicidio politico compiuto alle elezioni comunali di Cassino ha consegnato la vittoria elettorale al candidato scelto dall’ex presidente d’aula della Regione; l’analogo suicidio messo in scena a Sora ha spianato la vittoria al candidato sindaco che non è di Abbruzzese ma che lui sosteneva; la mancanza di una linea che soddisfacesse tutti gli interessi politici ed amministrativi in campo (leggi qui il precedente) ha portato ora alla nascita di una nuova maggioranza in Provincia.

Nei fatti, la maggioranza politica – elettorale che ha portato Antonio Pompeo alla guida dell’amministrazione provinciale di Frosinone non esiste più. Almeno per ora. Nei fatti, non cambia nulla. Ma di fatto cambia tutto: se lo schema visto ieri, verrà riproposto anche in occasione delle elezioni nei vari enti intermedi, sarà il centrodestra ad imporre i suoi uomini. O meglio: saranno i sindaci di centrodestra. Perché i Partiti non esistono più.

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