La lenta caduta di Isabella nel sepolcro che si è scavata da sola

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

L’ultimo affronto gliel’hanno fatto quando era già morta. Nemmeno una telefonata per avvertirla. Hanno lasciato che a dirglielo fossero i giornalisti. Il direttore generale della Asl di Frosinone Isabella Mastrobuono ha risposto sul cellulare quando ha visto il numero della principale firma di politica del territorio, Corrado Trento di Ciociaria Editoriale Oggi. “La Commissione Tecnica mi ha bocciata? Solo a me, l’unica in tutto il Lazio? Non so niente: mi manda una copia dell’agenzia di stampa, per favore?” La comunicazione ufficiale gliel’hanno notificata solo più tardi: l’ultima umiliazione. O il conto finale da saldare: con il totale di 18 mesi fatti alla guida della Sanità ciociara, spesso a dispetto di tutti e senza voler ascoltare nessuno.

Il sepolcro se lo è scavato poco alla volta. Che fosse pronto ad accoglierla glielo aveva detto giovedì scorso il neo componente della Commissione Sanità Mauro Buschini in diretta su Teleuniverso durante A Porte Aperte. Con una frase degna del veggente narrato da Plutarco che profetizzò a Cesare il suo assassinio alle idi di marzo: “Per me va bene il tecnico totalmente sganciato dalla politica ma se poi i risultati non arrivano, in giro a parlare con i cittadini ci andiamo noi e siamo noi a metterci la faccia, non i manager” (leggi qui il precedente). Scivolare dentro quel sepolcro è stato solo questione di ore: quelle necessarie per concludere il lavoro, all’Organismo Indipendente di Valutazione, la commissione tecnica di esperti esterni incaricata di valutare i risultati raggiunti dai direttori generali delle Asl di tutto il Lazio. Sono stati loro a bocciare dire che Isabella Mastrobuono deve essere bocciata. La relazione l’avevano consegnata a Nicola Zingaretti la sera del 29 ottobre (leggi qui l’anticipazione in esclusiva) e il Governatore aveva intimato “Se esce anche una sola indiscrezione faccio partire le denunce“.

Il dossier parla chiaro. Su cinque obiettivi assegnati, Isabella Mastrobuono non ne ha centrati ben tre. L’Organismo Indipendente di Valutazione ha esaminato i bilanci delle Asl, i risultati sanitari raggiunti sul territorio, l’innovazione introdotta nell’offerta sanitaria, la riorganizzazione del sistema, il giudizio dei sindaci. Ha confrontato il tutto con gli obiettivi che erano stati assegnati ai manager e con le Direttive regionali che erano stati chiamati a rispettare. A Frosinone le spese risultano troppo alte (ben 9 dei 50 milioni spesi in tutto il Lazio per le prestazioni di medici chiamati ‘a consulenza’), la qualità dei servizi non soddisfa i target assegnati, vari servizi non risultano avviati, i tempi di attesa non sono stati abbattuti, le cure da assicurare entro determinati tempi non risultano garantite, i sindaci hanno espresso in maniera netta (60 a 4) un giudizio negativo (leggi qui l’articolo sull’assemblea dei sindaci)

Nonostante tutto, non sono i risultati ad avere affossato Isabella Mastrobuono. I risultati consentono legittimamente a Nicola Zingaretti di licenziarla ma non ha nessuno obbligo di farlo. Ma lui questa volta non la salverà. Le aveva offerto a luglio una via d’uscita onorevole con la promozione allo Spallanzani: poi, nella settimana tra il 12 ed il 16 ottobre, le avevano proposto di usare questa come scusa per dimettersi e farsi da parte. Invece aveva reagito come sempre rivendicando di essere lei dalla parte del giusto e fossero gli altri a non capire (leggi qui la cronaca della lite in Regione). E’ stato l’ultimo colpo di badile alla fossa scavata pazientemente per 18 mesi. Perché è stata lei stessa ad auto eliminarsi. Giorno dopo giorno. Non ascoltando nessuno ed avendo un solo unico obiettivo: dimostrare di essere la più brava di tutti. Brandendo la spada degli obiettivi assegnati dalla Regione ed usando come scudo Nicola Zingaretti, ha chiuso reparti, accorpato servizi, trasferito personale: scontentando tutti perché non parlava con nessuno. Pragmatica, decisionista, un panzer al punto da meritarsi l’appellativo Isabelita. E non coinvolgeva nessuno. I successi? Erano tutti merito suo. Le aperture delle Case della Salute, l’Hospice, il Centro Alzahimer: mai un ruolo per i sindaci.

Le poche volte che con i sindaci ci parlava le scappava qualche bugia. Le più gravi sono le promesse solenni fatte ai sindaci e scritte nero su bianco sull’Atto Aziendale, la mappa della nuova Sanità in provincia di Frosinone approvato a larghissima maggioranza dagli stessi sindaci che lunedì della settimana scorsa l’hanno affondata senza pietà. Aveva promesso a Frosinone i servizi indispensabili per ottenere il Dea di II Livello, a Sora il Polo Oncologico provinciale con chirurghi da specializzare a Roma e professoroni in trasferta al SS Trinità per i casi più complessi, ad Anagni un ospedale distrettuale, a Cassino cento posti letto in più. Tranne le briciole non si è visto niente. E quando i sindaci sono andati a chiedere spiegazioni dei ritardi si sono sentiti rispondere “Di tutto quello che sta sull’Atto Aziendale non si può fare niente“. Domandare al sindaco di Anagni, colonnello dei Carabinieri Fausto Bassetta, per conferme. Fa dietrofront solo il giorno in cui capisce che le voteranno contro:  poche ore prima dell’assemblea vengono aperte le sale di day surgery ad Anagni, arriva l’ecografo tanto atteso a Ceprano, viene annunciata l’apertura della Rems di Ceccano, passa addirittura una cicogna ad Alatri e porta il primo (ed a quanto pare finora anche ultimo) bebè nella Casa del Parto che ha sostituito Ostetricia e Ginecologia. Asfalto elettorale, la bolla qualcuno.

In queste condizioni era normale che le votassero contro. E che alla fine le presentassero il conto da pagare. Salato e fino all’ultimo centesimo.

Compresa l’umiliazione di sapere dalla Stampa che era stata bocciata.

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright