La lezione della mamma al signor maestro

Senza ricevuta di Ritorno. La raccomandata del direttore su un fatto del giorno. Siamo circondati da genitori spazzaneve che fanno i sindacalisti dei figli. Ma questa volta a dare la lezione è la mamma: non il signor maestro.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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Chi ha i capelli bianchi, ricorda ancora con timore i giorni delle visite dei genitori fatte alla scuola Elementare. Niente ricevimento, niente fila: ogni buon genitore, un paio di volte l’anno, appena aveva qualche sospetto sul concreto impegno del bambino, bussava in classe e conferiva con il signor maestro.

Il quale non aveva alcuna riserva a dire, coram populo “signora, suo figlio è un ciuccio”. Oppure “va bene, ma potrebbe impegnarsi di più”. Tranne nel caso in cui l’insegnante svelasse al genitore d’avere un vero genio dietro al banco, la visita del finiva: o con due ceffoni o con una lavata di capo. Sempre davanti a tutti.

Altri tempi. Si andava a scuola a piedi, con la cartella sulle spalle, ci si alzava all’ingresso dell’insegnante. Ed in caso di rimprovero si faceva di tutto per tenerlo nascosto: c’era il rischio d’essere deportati in un collegio, che nel nostro immaginario era una specie di colonia penale per bambini.

Oggi è l’epoca dei genitori spazzaneve. Che fanno di tutto per spianare la strada ai figli. Sono i loro sindacalisti. Responsabilità? Nessuna. Neanche a compilare il bollettino alle Posta per fare l’iscrizione. E guai se qualcuno dice che non vanno bene: la colpa è sempre di chi non sa insegnare e non riconosce il talento dei piccoli Einstein incompresi.

Per questo ha fatto scalpore il gesto, sbagliato, dell’insegnante che a Pontedera non ha tollerato il ragazzino andato alle sue spalle a sbeffeggiarlo. Ed ha reagito colpendolo. Sbagliato per lo stesso motivo per cui erano sbagliati i ceffoni dell’epoca nostra: non servono ad educare; anzi: insegnano che si reagisce con violenza. Il modello che viene trasmesso a quel ragazzino è che alla violenza del comportamento si reagisce con la violenza fisica. Che vince il più forte. Non chi ha ragione.

Lo sa per prima la madre del ragazzo. Che oggi non ha annunciato querele, non ha chiesto licenziamenti per il docente: ha detto con chiarezza che lui ha compiuto un brutto gesto. Ma – ha aggiunto – mio figlio ha sbagliato: l’ho punito cancellandogli il regalo di compleanno. E gli ho detto che al posto suo mi nasconderei per la vergogna. È lei che ha dato la vera lezione al figlio.

Tanto di cappello alla signora.

Senza Ricevuta di Ritorno.