La lezione di Aldo Moro che la classe politica attuale non conosce

Quello che ci insegna Aldo Moro, con il suo rapimento ed il suo assassinio. Ancora oggi a quarant'anni di distanza. Nonostante quello di oggi sia un Paese del tutto diverso

Quaranta anni fa il rapimento di Aldo Moro e il massacro dei cinque agenti della scorta. I successivi cinquantacinque giorni cambiarono per sempre il corso della storia repubblicana. Perché la “non sfiducia” dell’allora Partito Comunista di Enrico Berlinguer al Governo Andreotti fu cosa molto diversa dal compromesso storico.

Dc e Pci fecero blocco unendo le loro percentuali da 38% e 34%, creando un muro invalicabile a ogni tipo di tentazione autoritaria o sbrigativa. La fermezza del Pci al no alla trattativa con le Brigate Rosse fu addirittura superiore a quella della Democrazia Cristiana.

La sofferenza umana e personale di uomini come Francesco Cossiga (capelli bianchi dalla sera alla mattina) e Benigno Zaccagnini fu visibile a tutti gli italiani, a loro volta sotto choc. Ma il Paese nonostante tutto reagì, grazie anche alle manifestazioni di piazza organizzate in modo unitario dai sindacati. Allora Cgil, Cisl e Uil rappresentavano davvero parti importanti e reali del Paese. Il discorso di Luciano Lama per il no alla trattativa fu memorabile.

Era un’altra Italia, piena di scandali e segreti inconfessabili. L’Italia delle stragi e del terrorismo. Ma anche l’Italia del senso dello Stato. La presa di posizione dell’allora presidente della Camera Pietro Ingrao è una delle pagine più belle sulla dignità istituzionale di una Nazione.

A quaranta anni di distanza non tutto è stato ancora chiarito del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro, uno dei politici più intelligenti di sempre, quello che prima di tutti aveva intuito che una forza come il Pci non poteva essere tenuta fuori dal Governo del Paese. Il più grande Partito Comunista dell’Occidente contava tra il 33 e il 34%, rappresentava strati popolari ma anche borghesi della popolazione, aveva una classe dirigente di primo livello e lo strappo di Berlinguer a Mosca (al cospetto di un certo Leonid Breznev) aveva messo in crisi le certezze dell’Urss.

Eppure il Pci continuò ad essere tenuto fuori dal governo nazionale. Non per questo però fece mancare il sostegno esterno ad esecutivi democristiani in momenti terribili e decisivi.

La parola giusta è senso delle istituzioni. Della Dc, del Pci, ma anche del Psi, del Psdi, del Pli, del Pri.

Oggi è un’Italia completamente diversa, con una classe dirigente politica lontana anni luce da quella di allora. L’emergenza non si chiama più terrorismo interno. Le tematiche da affrontare sono quelle della crisi economica, dell’immigrazione, della sicurezza, di un debito pubblico insostenibile.

Eppure nessuno pensa al senso delle istituzioni.

Dopo le elezioni del 4 marzo si è ancora in campagna elettorale, con Cinque Stelle e Lega che non riescono a comprendere che sono arrivati primi (rispettivamente nel Paese e nel centrodestra) ma non hanno vinto. Mentre Matteo Renzi si tira fuori e Silvio Berlusconi continua come se fossimo ancora nel 1994.

Toccherà al presidente della Repubblica Sergio Mattarella provare a far capire a tutti che il sistema politico italiano è parlamentare, che una legge proporzionale impone degli accordi e tutto il resto.

La lezione di Aldo Moro potrebbe essere fondamentale. A patto che la si voglia leggere davvero.

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