La mossa di Stellantis che deve far riflettere sul futuro

Stellantis avvia un piano di alleggerimento della forza lavoro a Cassino Plant. Maxi incentivi per snellire il numero dei dipendenti. Il vero segnale è quello sui costi. L'energia è un nodo cruciale: troppo cara. Il monito del ministro Cingolani. Le chiacchiere in provincia di Frosinone per non affrontare il problema. Mentre Latina si muove in modo veloce

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

La provincia di Frosinone si prepara a perdere una delle battaglie che condizioneranno il suo futuro industriale. Il segnale inviato da Carlos Tavares al termine della sua visita nello stabilimento Stellantis di Cassino Plant continua ad essere sottovalutato. Disse nella sostanza “tutto bellissimo, organizzato bene ma produrre quei costa troppo: il problema non sono i salari”. Il problema per Tavares è lo stesso che affligge l’intero comparto industriale in provincia, sta in due voci: Fiscalità ed Energia. Cioè ci sono troppe tasse che pesano sulla produzione fatta in Italia, costa troppo l’energia per far camminare gli impianti. Non è una questione di spiccioli.

Frosinone è la linea del fronte

Lavoratori Stellantis

Il sistema industriale della provincia di Frosinone è sulla linea del fronte tra il Nord ed il Sud del Paese. Tra quel Settentrione che lavora e quel Meridione che arranca. Divide il Paese che produce e quello che sogna il Reddito di Cittadinanza.

Cosa divida Nord e Sud è evidente: un sistema di infrastrutture sulle quali da una parte si può contare e dall’altra no. Perché è chiaro che se le loro merci viaggiano su strade larghe e scorrevoli arrivano molto prima delle nostre che si devono affidare alla Frosinone – Latina o alla Cassino – Formia – Gaeta (si fa prima ad arrivare a Firenze con l’A1 o con la Tav).

L’unica arma di concorrenza allora diventa il prezzo: noi consegnamo un minuto dopo gli altri perché viaggiamo più lenti ma riusciamo a far pagare un centesimo in meno al pezzo. E in genere quella differenza di prezzo la scontano i salari dei lavoratori: infatti da noi sono più bassi che al Nord. Tutto quadra, tutto ha un senso.

Sfoltire i posti di lavoro

Foto: Imagoeconomica

Il problema non sono i salari, ha sentenziato Tavares. Allora prepariamoci a perdere una delle battaglie decisive. Quella sui costi energetici. Per capire il futuro bisogna coglierne i segnali. Ce ne sono alcuni drammatici che tutti stanno fingendo di non vedere. Proprio come un paio d’anni fa quando i parlamentari eletti in provincia di Frosinone assicuravano che nulla sarebbe successo allo stabilimento Fca di Piedimonte San Germano con l’introduzione di Ecotassa ed Ecobonus. Qualcuno di loro arrivò ad assicurare “Lì ci lavorano mio padre e mia madre, ma vi sembra che possa fare qualcosa contro lo stabilimento dove lavorano i miei genitori?”. Infatti, sta alla canna del gas.

I nuovi segnali sono evidenti: Stellantis ha avviato una massiccia campagna di alleggerimento della sua forza lavoro nello stabilimento Cassino Plant. Con discrezione è stata sondata la possibilità di eliminare alcune centinaia di posti tra i lavoratori ai quali mancano sei anni alla pensione: attraverso il sistema degli esodi incentivati. In pratica, ti licenzi, ti fai due anni a carico dell’Inps con la disoccupazione, due con un altro ammortizzatore, due te li paga l’azienda in maniera anticipata.

È un percorso naturale che viene fatto quando il sistema deve subire una trasformazione radicale. Il passaggio ai motori elettrici lo sarà. Servirà meno gente. Molta di meno. Poi, uno stabilimento piccolo, diventa molto più facile da chiudere se i costi continuano ad essere dannatamente alti. Come accade per l’energia elettrica.

Al Nord la producono usando l’immondizia: la lavorano esattamente come fanno nello stabilimento Saf di Colfelice. E poi con il combustibile che ne ricavano alimentano i termovalorizzatori, esattamente come fanno a San Vittore del Lazio. Con gli avanzi di cucina ci fanno il metano bio: quelli della provincia di Frosinone finiscono in Veneto perché a Colfelice il vecchio impianto era ormai superato.

Il monito del ministro

Il ministro Cingolani (Foto: Imagoeconomica)

Siamo in una fase cruciale. Il futuro del Paese è legato ai fondi europei del Pnnr: prestiti con i quali finanziare la trasformazione radicale dell’Italia e tornare a renderla competitiva. Non è un caso che buona parte dei miliardi siano previsti nel campo dell’innovazione energetica. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. è stato chiaro:L’idrolizzatore per fare l’idrogeno, le batterie per le auto, gli accumulatori per stabilizzare la rete, le fuel cell a idrogeno per il trasporto medio pesante, i nuovi sistemi di generazione di energia: su questa roba qui, noi abbiamo il dovere di innovare. Se non innoviamo, la transizione sarà più lenta”. 

La situazione in provincia di Frosinone è seria. Non si stanca di ripeterlo il vice presidente di Confindustria Maurizio Stirpe. Il nuovo Piano nazionale energetico (Pniec) prevede che nei prossimi nove anni dovremmo raggiungere il livello dei 114 gigawatt di capacità produttiva da fonti rinnovabili. Tanto per fare un paragone: al 2020 eravamo a quota 56 GW. Dovremo tagliare le emissioni di gas serra del 51% rispetto a quelle che sputavamo nell’aria al 1990. (Leggi qui Senza “scaricare a terra” resta tutto campato in aria).

Il piano prevede 3 GW tra idroelettrico, biomasse e geotermico. Lì c’è quello che noi facevamo a Colfelice fino a qualche anno fa. Che poi abbiamo spostato in Veneto spendendo un occhio. E che ora Saf vorrebbe riportare sul territorio. Cioè la gestione degli avanzi di cucina, o se preferite i termini tecnici la frazione organica.

La sfida che perderemo

Il termovalorizzatore di Brescia con il campo di lavanda

Noi il metano bio difficilmente lo faremo. Vorrebbe farlo la Maestrale tra Frosinone e Patrica. Vorrebbe farlo la Saf (la società pubblica formata da tutti i Comuni della provincia di Frosinone) nell’area industriale di Anagni. Per questo ha costituito la società pubblica EneAna con un colosso tecnologico europeo come A2A: società controllata da Comune di Milano e Comune di Brescia, 13mila dipendenti, 8 miliardi di fatturato. Per intenderci sono quelli che hanno un termovalorizzatore a Brescia intorno al quale cresce un campo di lavanda. Ad Anagni vogliono fare l’impianto pubblico con Saf per gestire gli avanzi di cucina della provincia di Frosinone. (Leggi qui Il campo di lavanda intorno agli impianti A2A che qui spaventano).

Un impianto vorrebbero farlo anche le società Recall Frosinone Air Green di Palestrina: l’uno per produrre bio metano in territorio di Patrica, in località Le Lame; l’altro, nella Mola Bragaglia di Ferentino.

Servirebbe a superare un pezzo di quel confine che separa i costi industriali del Nord da quelli del Sud. Perché ci troveremmo ad abbassare il costo dell’energia (invece di comprare il gas ce lo facciamo in casa usando i nostri avanzi di cucina). Inoltre la tariffa che oggi pagano i cittadini scenderebbe di quasi un terzo.

Sia nel caso della Maestrale che in quello di EneAna – Energia Anagni si tratta di progetti modernissimi ad impatto pressoché zero. Per capirci, la tecnologia è la stessa che usano in Nord Europa dove ormai stanno eliminando benzina e diesel.

Le bugie messe in giro

Impianto bio metano in nord Europa

Le polemiche di questi giorni rischiano di mettere in discussione i progetti. Perché c’è gente che soffia sul fuoco facendo credere che con i biodigestori arriveranno immense discariche di rifiuti a cielo aperto che appesteranno l’aria. Falso. È esattamente il contrario: sia a Maestrale che ad EneAna ed a tutti quelli che devono fare il bio gas, sono proprio quelle puzze che servono. Le devono mettere tutte dentro dei tubi, separare le varie molecole, tenere il metano che si genera con la fermentazione.

Poi, di tutto il resto si può discutere. Se ad esempio sia migliore il progetto di una società a controllo pubblico (Saf + A2A, cioè Provincia di Frosinone con Comune di Milano e di Brescia, per gestire gli avanzi locali); oppure sia migliore quello di Maestrale (che parte da un’iniziativa privata ma punta alle energie green esattamente come chiede il Pnnr per sostenere l’industria del territorio e del Paese).

Chi soffia sul fuoco gioca sul fatto che la gente comune non conosca molti termini della questione. Uno su tutti: per giorni si è detto che non c’è il parere favorevole della Asl. Non è così. Come ha evidenziato l’altro giorno il dottor Giancarlo Pizzutelli (che molte Asl italiane ci invidiano per la sua scrupolosità) la Asl rilascia pareri se contraria al progetto. E quindi non si esprime dove le cose vanno bene. Funziona così dove si combatte la burocrazia e si favorisce lo sviluppo. E nel caso di EneAna (Saf e A2A) c’era nulla da contestare quindi è scattata l’approvazione senza rilascio di pareri.

A lanciare l’allarme denunciando che c’è chi soffia sul fuoco è stato addirittura il sindacato: intervenendo in Consiglio Comunale ad Anagni. (Leggi qui Il metano si, la discarica no: la mossa di Natalia).

Perché perderemo e chi vincerà

Qui si discute e c’è chi sta costruendo la sua campagna elettorale su quegli impianti. A Cisterna di Latina invece la Regione Lazio nelle scorse ore ha dato l’ok alla realizzazione di un impianto per l’estrazione del biometano alla Rifuture. Lavorerà poco più di 80mila tonnellate di avanzi delle cucine l’anno: è più o meno il fabbisogno della provincia di Latina.

Loro si faranno il metano in casa, abbatteranno la loro bolletta energetica, produrre in provincia di Latina costerà di meno perché la corrente costerà meno. Inoltre, con la costruzione della Cisterna – Valmontone e della Roma – Latina, spostare le loro merci sarà più veloce.

La provincia di Frosinone si prepara a perdere. Perdendo una delle ultime cose che gli erano rimaste dagli anni Settanta: il suo sistema industriale moderno ed efficiente. Lo aveva costruito una classe dirigente che rispetto a quella attuale era composta da statisti. Questi rischiano di passare alla storia per le occasioni perdute.