La mossa identitaria di Elly che adesso ha un’opposizione “a due teste”

Con il varo della Segreteria, Elly Schlein porta a casa un risultato tondo ed un paradosso. E c'è chi non la manda a dire: come Cuperlo. Fa bene a riposare: tutti la aspetteranno. E non tutti con intenzioni amichevoli

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Per tirar fuori la Segreteria del nuovo Pd Elly Schlein ci ha messo “un po’ più del dovuto”, tanto che sui social lei stessa ha ammesso di essere un po’ “stanca” dato che non si è mai fermata da quando l’hanno eletta al Nazareno. Ecco, in quel lasso di tempo fra i tempi dovuti e quelli effettivi ci sta rannicchiata tutta la difficoltà della leader dem di scegliere fra due linee.

Da un lato quella morbida che desse spazi e caselle congrue anche alle componenti “minoritarie” del Partito, quelle meno barricadere e decentrate. Dall’altro una linea coerente con quello per cui Schlein era stata scelta e di fatto con quello che lei è. Che puntasse cioè a sinistra senza equivoci e che della sinistra avesse polpa identitaria inequivocabile.

Il risultato ed il paradosso di Elly

Elly Schlein (Foto: Fred Marvaux © Eu Press Service)

Alla fine Schlein ha scelto. Ed ha portato a casa un risultato tondo. Quello ed un paradosso.

Perché il risultato è tondo? Perché i quadri dirigenziali del Partito Democratico di Elly Schlein, fatte salve eccezioni di prammatica come Debora Serracchiani alla Giustizia, sono puri come l’acqua di una fonte montana in quanto ad intenti, formazione e rotta politica. Sono tutti esponenti di una cultura di lotta per i diritti e di una “brigata etica” che nei loro rispettivi campi di azione non sono mai venuti meno dalla mission. È gente che cazzia con molta più veemenza di quanto non progetti. Ed oggi, magari ancora per un po’, ci sta.

Tre nomi su tutti: Marta Bonafoni a coordinare, Alessandro Zan ai diritti e Sandro Ruotolo ad informazione, culture (rigorosamente plurale e pluralistico) e memoria. Loro e moltissimi altri sono di fatto un’estensione organica di quello per cui la Schlein ha vissuto e lottato negli ultimi 20 anni.

Poi però c’è il paradosso. Ed è quello per cui oggi c’è un Pd in Parlamento, nei governi di secondo livello e nelle amministrazioni che è espressione diretta di una linea che fu. Ed un Pd che fuori da essi è espressione nettissima di una linea che è e che sarà. Non è un problema di dove sono accasati i nuovi, ma di progressiva cultura della “classe dirigente” che si affermerà nei quadri intermedi.

La spina nel fianco del Governo

Giorgia Meloni

Lo ha spiegato bene un bellicoso Roberto Morassut che su Dire auspica un tornado che spazzi via le camarille romane del Partito prima delle Europee 2024 e che chiede più fuoco di copertura su Roberto Gualtieri.

Ora, a fine travaglio Schlein lo ha detto molto chiaramente: quella da lei creata è una squadra “solida e preparata, di alta qualità specie se confrontata con quella al governo. Sarà un problema per Meloni”, anzi, sarà una “spina nel fianco”. Insomma, la segretaria ha detto chiaramente che il governo di destra-centro dovrà confrontarsi con le sue “young gunse non con i vecchi cecchini di prima.

Solo che c’è un problema aggiuntivo: il luogo dove si combatte. Il teatro della lotta è quello amministrativo e parlamentare, dove sul ring in punto di diritto della legiferazione le componenti maggioritaria e minoritaria di un Governo se le danno sportivamente ma con tigna.

E lì il tasso dei nuovi quadri è alto ma non egemonico. Insomma, l’impressione è che il piano di lotta si sia spostato nel campo concettuale delle “battaglie buone” ma non necessariamente proficue perché magari dove ci sono i migliori “soldati” non ci sono i teatri di operazione. Ovviamente tutto questo non è sfuggito a chi nella nuova Segreteria dem ci ha visto il frutto di un ukase alla “c’è un nuovo sceriffo in città”.

I primi dubbi

Gianni Cuperlo © Imagoeconomica / Carlo Lannutti

Gianni Cuperlo per esempio non le ha mandate a dire: “Elly Schlein aveva parlato di unità e pluralismo, ma in realtà non si è voluta riconoscere la ricchezza delle differenze espresse dagli iscritti nel congresso dei circoli”. Che significa? Che qualcuno è scontento e non è poi così grave, c’è sempre qualcuno che non lo è in ogni sistema complesso. Ma vuole dire anche che la formuletta magica alla “e pluribus unum che la Schlein aveva apprezzato facendo campagna elettorale per Barack Omaba è ancora lungi da venire.

E che in giro per il Nazareno adesso ci sono non solo dieci uomini e dieci donne pront* ad iniziare la “battaglia buona”, ma anche coltelli nascosti dietro schiene. Anzi, Cuperlo nemmeno se l’è celata, la lama: “Nel rispetto del patrimonio acquisito continueremo sui territori a far vivere un punto di vista nella convinzione che il pluralismo e l’unità vera siano il patrimonio di un Partito più coraggioso e coerente“.

E la Schlein ha fatto bene a dire che aveva bisogno di riposo, perché dopo Pasquetta la aspettano. Tutti.