La nemesi dell’uomo giusto

La nostra cultura affonda le radici nella figura dell'uomo giusto. Ma oggi in molti non cercano il dialogo. Hanno troppi interessi. Di fronte alla guerra abbiamo scoperto gli ossimori viventi: vivono di giudizi preconfezionati. Le parole del giudice

Franco Fiorito

Ulisse della Politica

La figura del “giusto” fa parte della tradizione millenaria della nostra cultura, a partire dal testo biblico, secondo il quale il giusto è comunemente “una persona normale capace di distinguere il bene dal male rifiutando l’indifferenza e assumendosi le sue responsabilità, anche quando è necessario sacrificarsi per gli altri”.

Lo dovremmo ricordare ogni tanto quando, in questi giorni, ci produciamo nelle immense ed asfittiche discussioni sulla guerra che incombe nelle nostre vite. Lo dovremmo ricordare quando ci schieriamo apoditticamente in un campo di battaglia o in un altro senza alcuna reale cognizione di quanto succede. Dovremmo ricordare di fronte alla guerra, al dolore, come si comporterebbe chi la Bibbia stessa definisce un uomo giusto. Un uomo che distingue il bene dal male.

Lo scriveva Platone, anche parlando della giustizia sommaria su Socrate: “L’uomo giusto non ha bisogno di leggi”. Frase che nei secoli a seguire è rimasta, tristemente, solo una meravigliosa enunciazione filosofica visto il proliferare di leggi e leggine in particolare nell’epoca contemporanea.

Quelli che possono parlare di Pace e non lo fanno

Foto: Taras Gren / military journalist

Ma assistiamo oggi alla nemesi degli uomini giusti. Coloro che sono in grado di imporre un dialogo che porti alla pace ed alla giustizia, ma che non lo fanno perché oramai troppo presi dagli interessi di parte. Che molto spesso appaiono come bellici, ma quasi sempre esclusivamente economici o di potere.

E chi trova oggi uomini giusti che distinguano il bene dal male nei dibattiti che seguiamo sulla guerra. Assistiamo alle enunciazioni di persone che nella stessa frase invocano la pace ma premono per l’invio di armi. Che definiscono giusta e necessaria un’invasione e poi si commuovono per il povero soldato diciottenne mandato a morire così giovane. Sono degli ossimori viventi, se sapessero cosa sono se ne renderebbero conto. Delle contraddizioni viventi e purtroppo parlanti.

Abbiamo progressivamente cancellato questi concetti nella nostra cultura, per sostituirli con la logica dello schieramento. La logica di parte.

Eppure ce lo inculcano da millenni. Nel Libro della genesi Noè era “uomo giusto e senza difetti e si comportava come piace a Dio

Felice l’uomo giusto: non segue i consigli dei malvagi, non va insieme ai peccatori, non sta con chi bestemmia Dio; ma sua gioia è la parola del Signore, la studia notte e giorno. Come albero piantato lungo il fiume egli darà frutto a suo tempo, le sue foglie non appassiranno: riuscirà in tutti i suoi progetti. Non è questa la sorte dei malvagi: foglie morte portate via dal vento! Saranno condannati in giudizio ed esclusi dal popolo dei giusti.” Recitava il primo salmo.

I giudizi preconfezionati

Mario Draghi con Ursula Von der Leyen (Foto Filippo Attili / Imagoeconomica)

Ma noi non siamo più capaci nemmeno di leggere parole così chiare. Perché non leggiamo più. Abbiamo perso qualsiasi capacità critica. Ci affidiamo a giudizi preconfezionati, aderendo a quelli che in quel momento storico ci sembrano più affini al nostro sentire. E non abbiamo più fiducia negli uomini. Anche perché di uomini giusti nel senso che abbiamo descritto ne troveremo pochi. Rientrerebbero in questi canoni un Putin, un Biden, uno Zelensky e tutti quei sepolcri imbiancati riuniti sorridenti nei giorni scorsi presso la reggia di Versailles? Certamente no. Nessuno di questi ci ispira saggezza, giustizia, probità.

Prendiamo Draghi, descritto come l’uomo della provvidenza al suo arrivo. Lo abbiamo visto poche ore fa pavoneggiarsi in parlamento, rigidamente con mascherina obbligatoria d’ordinanza. Annunciando la sua presunta credibilità in fatto di contenimento tasse, seguito invece da una sequela di mugugni e di fischi dalle file parlamentari. Il tutto mentre in Italia aumenta qualsiasi cosa senza alcuna vera ragione, non solo il carburante.

Poi a corredare l’assurdità della giornata lo stesso giorno vola in Francia per il meeting dei grandi d’Europa ed appare sorridente rilassato gioviale e soprattutto senza alcuna mascherina come tutti gli altri presenti. A ricordare se ancora ve ne fosse bisogno che siamo l’unico Paese in Europa a mantenere ancora misure così draconiane ed incomprensibili. Ecco, a guardare prodursi in queste scene, Draghi rientra nell’idea dell’uomo giusto? Uno che distingue il bene ed il male anche per i nostri interessi? A mio avviso pochino.

La pratica delle beatitudini

Il discorso della Montagna (Dipinto di Carl Heinrich Bloch)

Eppure, insomma, non è difficile giudicare. Lo scrive Matteo nel Vangelo a mo’ di promemoria . La misura dei giusti è data dalla “pratica delle beatitudini” indicate dal Cristo nel Discorso della montagna.

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli! Beati gli afflitti, perché saranno consolati! Beati i miti, perché erediteranno la terra! Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati! Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia! Beati i puri di cuore perché vedranno Dio! Beati i pacificatori perché saranno chiamati figli di Dio! Beati quelli che son perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli! Beati sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e falsamente diranno di voi ogni male per cagione mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli, perché così pure hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi”

Cosa ci può essere di più chiaro. Beati i pacificatori perché saranno chiamati figli di Dio. Ma ne scorgiamo oggi nei conflitti odierni di uomini giusti, di pacificatori? Nessuno veramente direi. Eppure sappiamo il rischio che corriamo. Conosciamo le conseguenze di tanta violenza e dissoluzione.

Sodoma e Gomorra

La distruzione di Sodoma e Gomorra (Dipinto di Monsù Desiderio)

Sempre secondo la Genesi, Dio distrugge Sodoma e Gomorra per la corruzione imperante, cioè a causa dell’assenza anche solo di un minimo numero di “innocenti” (così nella traduzione interconfessionale della Bibbia sono definiti i giusti), nonostante i tentativi di Abramo di salvare le due città. Un esempio così attuale da mettere paura.

Chiede Abramo a Dio

Faresti tu perire così il giusto insieme con l’empio? Se in quella città vi fossero cinquanta uomini giusti, li faresti tu perire insieme agli altri? Oppure non perdoneresti tu a quel luogo per amor dei cinquanta giusti che vi potrebbero essere?”.

Cosa di più attuale possiamo trovare di fronte a bombardamenti quotidiani che colpiscono ignari innocenti. Poi Abramo tenta ancora, scende dal numero di cinquanta sempre assottigliandolo ed al fine rivelato che non vi fossero più uomini giusti in quei luoghi Dio procedette con la punizione che viene descritta così:

Allora il Signore fece piovere sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco, da parte del Signore, dal cielo, e distrusse quelle città e tutta la pianura, tutti gli abitanti della città e ogni germinazione del suolo”.

Fuoco e zolfo

Foto: Ukrainian Police Department Press Service

Ecco la cito letteralmente perché da quando mi capitò di leggerla la prima volta questa frase per me è la descrizione esatta non solo della potenza di Dio ma più materialmente della guerra. Dei suoi effetti. Perché per me la bomba che in tv vediamo ogni giorno cadere senza più nemmeno scomporci ha ancora l’odore del fuoco e dello zolfo. Lo stesso odore, fuoco e zolfo, che sentii alle torri gemelle cadute qualche giorno prima. Ancora cosi acre pungente, ma come descritto millenni fa. Fuoco e zolfo.

E “distruzione, per tutti gli abitanti e ogni germinazione del suolo”. Ci penso ogni volta che mandano quelle immagini delle esplosioni atomiche che radono al suolo qualsiasi cosa. Le abbiamo difronte ogni giorno ma forse non ci mettono più veramente così paura visto che inneggiamo al conflitto ed agli armamenti ogni santo giorno.

Ed oggi è la guerra che rende più sensibili al tema, è la contingenza. Ma se tornassimo veramente ad una magari rimodernata “pratica delle beatitudini” che ci permettesse di selezionare ancora come un tempo quei pochi uomini giusti che calcano con noi la stessa terra non faremmo certamente alcun danno. Perché oggi più che mai ci può salvare solo  “l’uomo giusto”. E molti ancora ce ne sono tra di noi. Dobbiamo solo sceglierli sostenerli valorizzarli.

La relazione del giudice

Tommaso Miele

E lo dico con un ultimo esempio più quotidiano e fuori dall’emergenza  guerra. Ho ascoltato, ad esempio,  con estrema attenzione la relazione del Presidente della Corte dei Conti Tommaso Miele. Un nostro illustre conterraneo. (Leggi qui: Miele amaro: “Processi lunghi, toghe presuntuose, norme confuse”).

Ascolto le stesse relazioni tutti gli anni, sono sempre un elemento importante di valutazione. Ma quest’anno l’ho apprezzata con particolare ammirazione. Perché, benché fosse costellata come spesso di elementi critici sulle leggi, sull’organizzazione, sugli strumenti e di molti suggerimenti e soluzioni, è stata pervasa da una profonda umanità in genere sconosciuta a questi consessi.

Quasi illuminante. Prima con un toccante pensiero per la guerra in Ucraina che ci ha tenuto tutti con i piedi ben saldi per terra, ancorati al presente. Poi con una serie di frasi che mai avevo ascoltato in una relazione di questa importanza, tutte proiettate anche all’attenzione per l’altro, per l’imputato per le loro famiglie. Lo ha sintetizzato mirabilmente il nostro direttore citando ampi passi dello straordinario intervento in un articolo dei giorni scorsi.

Un giudizio troppo lungo diventa un anticipo di pena, anche se l’imputato non è ancora stato condannato. Il giudice non deve dimenticare che dietro le carte di un processo, dietro ad un fascicolo pieno di carte, ci sono persone e famiglie che soffrono la “pena del processo” soprattutto se innocenti. Persone a cui vanno date risposte ragionevoli in tempi quanto più possibile brevi.”

L’attesa è già pena

Tommaso Miele

Un ragionamento di solito riservato ad altre parti in causa, come i difensori, ma di altissimo spessore e dignità morale ed umana che proseguiva: “Il tempo che scorre è già una condanna. Specie se già il solo fatto di essere sottoposti ad un processo viene comunque strumentalizzato attraverso una micidiale macchina del fango sui media e sui social network”. Parole di una chiarezza disarmante.

Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati” abbiamo letto poco fa nella “pratica delle beatitudini” che porta ad essere un uomo giusto. E quali parole più di queste trasudano giustizia, vista non solo da una posizione parziale, ma dall’ottica della vera giustizia.

Ho poi ascoltato delle parole straordinarie: “Nell’esercizio della sua funzione, il giudice non deve mai considerarsi estraneo al tormento di colui che è chiamato a giudicare. E giammai deve porsi nei suoi confronti con l’alterigia del migliore, con la presunzione del sapere, con la stolta certezza di chi si ritiene depositario del giusto e del vero, con il vacuo compiacimento del potere. Il giudice deve accostarsi con umiltà alle responsabilità del suo servizio, e deve sapere che ogni suo giudizio, anche il più convinto e meditato, è solo un tentativo di squarciare i veli di una verità che resta pur sempre, ed in ogni caso, relativa”.

Se l’uomo giusto esiste

Una frase così limpida, alta e nobile che da sola per me vale come un trattato di filosofia del diritto. Che trasuda intelligenza, saggezza, umiltà e vera giustizia. A dimostrazione che “l’uomo giusto” ancora esiste. E che molti ve ne sono. E su questi dovremmo contare per ricostruire, in un mondo di incipienti rovine, una società civile degna di questo nome.

Quando, come da queste frasi, si concilia l’essere giudice con l’essere un uomo giusto si capisce che si dovrebbe puntare di più come società, come nazione,  su persone con così forte spessore morale. Perché io, e credo molti come me, al posto dei nostri attuali governanti dediti più all’esteriorità dei social che alla profondità delle costruzioni intellettuali preferiremmo figure come queste che non dimenticano, anche da situazioni di grande potere ed influenza, di essere uomini giusti.

E se non torniamo a fare prevalere queste figure il declino è vicino, ad un passo.

Torneremo, senza volerlo, ad annusare l’acre e fastidioso odore di fuoco e zolfo per una distruzione che noi stessi abbiamo provocato e realizzato.