La partita degli Ayatollah per conquistare la Camera di Commercio

Lo scontro innescato dalla prima votazione per stabilire la governance della futura Camera di Commercio è stata un fallimento. Non per il muro contro muro che è stato creato. Bensì perché ha messo a nudo la totale mancanza di strategie comuni tra Frosinone e Latina.

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Come nella favola di Cappuccetto Rosso, come in una partita con le carte truccate. La fusione tra le Camere di Commercio di Frosinone e Latina rischia di rivelarsi una balla colossale. Del tutto diversa dalla fiaba raccontata fino ad oggi, secondo la quale bisogna portare in soffitta la logica dello scannamento tra le due province e soprattutto tra le categorie che esprimono i 33 Consiglieri chiamati a governare il nuovo ente: l’ottavo in Italia per peso economico. Balle. Spaziali. Come quella raccontata fino ad oggi dai due papabili presidenti Giovanni Acampora e Marcello Pigliacelli: secondo cui sarebbe sbagliata una discussione basata su quote e territori ma occorre ragionare su un progetto unitario, guardando Frosinone e Latina nel loro insieme.

Giovanni Acampora

Quanto accaduto l’altro giorno in occasione della prima votazione, con cui eleggere il primo dei 33 Consiglieri camerali, mette in chiaro che la partita è ben diversa. E che le regole di ingaggio non sono quelle raccontate nel corso di questi due lunghi anni che ci hanno portato alla fusione. Altro che volemose bene e ragioniamo come se il sud del Lazio fosse tutt’uno. La votazione per individuare il rappresentante degli Ordini Professionali è stato il più classico degli scannamenti. Con Latina contro Frosinone, con gli Ordini a fare muro contro muro. (leggi qui La Camera dei… veleni: il primo derby va a Latina).

Il commissario Pietro Viscusi è certo della bontà della sua interpretazione: «la delega, semplicemente non è ammessa. Lo avevo specificato sia nella convocazione del 23 dicembre che in una nota successiva. E anche la Regione Lazio era a conoscenza di questa interpretazione. Come tutti quanti del resto». È un’interpretazione delle regole del gioco: non sono le Regole. E Pietro Viscusi ne è pienamente consapevole. Tanto che in apertura di seduta ci aveva messo la faccia, assumendosi la responsabilità di questa interpretazione. E lanciando poi il cerino con cui ha incendiato la polveriera: restituendo il pallone all’assemblea e dicendole che con un voto all’unanimità potevano però ridiscutere tutto. Solo lui sa quale fosse il suo vero scopo: la realtà dei fatti è che ha spaccato l’assemblea, lanciato nel corpo a corpo gli ordini professionali della provincia di Latina e quelli di Frosinone. Per dirla con le parole usate da Corrado Trento ieri: “Tutti via. E strappo consumato sul nascere”.

Marcello Pigliacelli: © Imagoeconomica, Giacomo Quilici

I cavilli sulla legittimità dell’interpretazione data alle regole dal commissario Pietro Viscusi sono arzigogoli buoni per una sezione della magistratura amministrativa, se gli Ordini di Frosinone decideranno di impugnarli.

Il vero problema con questa interpretazione da Ayatollah pontini è un altro. Ben più grave. Che nulla ha da vedere con cavilli ed arzigogoli. Nè con Cappuccetto Rosso e le narrazioni di Acampora e Pigliacelli.

Il vero problema è che la votazione dell’altro giorno ha messo a nudo la verità: così come sono oggi Frosinone e Latina hanno nessuna strategia in comune, zero intenzioni di amalgamarsi. Siamo in presenza della solita e vecchia lotta di potere nella quale solo uno ne resterà in piedi e l’altro verrà cannibalizzato. Cosa accadrà quando bisognerà decidere se puntare sul Golfo di Gaeta o sul casello autostradale di Roccasecca? Se scommettere sull’economia circolare di Anagni o sulla cantieristica nautica? Se è così il progetto della fusione tra le due Camere di Commercio è un fallimento.

Non si può pensare di portare avanti una fusione di questa importanza sulla base di cavilli, interpretazioni e palloni lanciati in mezzo al campo a truppe arrivate senza alcun preventivo dibattito trasversale. A meno che lo scopo non fosse proprio quello di creare la rissa.

Riccardo Mastrangeli, presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Frosinone: l’altro giorno ha fatto uscire dall’Aula i delegati ciociari

Il sospetto è legittimo in questo caso. L’interpretazione degli Ayatollah pontini ha fatto in modo che gli arzigogoli stabilissero il campo di gioco e l’ora di inizio della partita. Anche qui in maniera integralista e senza alcuna discussione preventiva che mediasse un punto di incontro. Perché deve essere chiaro che non è stata una scelta condivisa quella di obbligare solo i professionisti ciociari a chiudere la loro attività per mezza giornata ed andare a Latina per votare il loro rappresentante unitario. Allo stesso modo deve essere chiaro anche che non è stata una scelta concordata quella di fissare la votazione nella data in cui si è tenuta, con una convocazione inviata a ridosso di Natale quando cioè gli Ordini ed i professionisti hanno ben altro a cui pensare, tra consegne dei lavori e chiusure dei conti.

Quelli che la pensano come gli Ayatollah potranno ribattere che Dura Lex Sed Lex e che se fai il presidente di un Ordine professionale le mail te le leggi anche a Natale e come ti metti in viaggio per Cernobbio ti ci metti pure per Latina. Sbagliato. Nulla di più sbagliato. È la forzatura ad essere sbagliata. La fusione, se vuole essere vera e non una guerra tra campanili, deve scivolare sull’olio della trattativa: per quanto lunga ed estenuante possa essere.

La sede della Camera di Commercio unica Frosinone – Latina

Qui sono in gioco i destini di due territori che insieme sviluppano un milione di persone ed una serie di economie strategiche: dalla portualità del sud Pontino al manifatturiero del Cassinate, dalla Circular economy ciociara all’industria dell’agroalimentare pontino. Qui sono in gioco migliaia di posti di lavoro, miliardi di investimenti, anni di sviluppo.

Proprio per questo non può essere una partita giocata da Ayatollah.