La presa in giro delle elezioni di Frosinone

Dopo le opere pubbliche realizzate in questo quarto di secolo da Ottaviani ora e da Marzi in precedenza, il futuro sindaco di Frosinone ha una sola possibilità per non rimanere schiacciato. Cambiare del tutto la prospettiva. E dare un ruolo ed una dimensione del tutto diverse al capoluogo

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Le elezioni Comunali di Frosinone rischiano d’essere la conferma del catastrofico modello al quale abbiamo assistito in questi anni. Da Roma Capitale alla Regione Lazio, dalla Camera al Senato, ormai da anni le elezioni sono poco più che una sfilata di signori che si esibiscono nella loro abilità sul rispondere con una battuta più efficace dell’avversario ed in tempi più brucianti dei rivali. Non è con le battute che si libererà l’aria dallo smog che finisce nei polmoni dei frusinati, non sarà con sketch e tweet che si metterà fine all’imbarazzo dell’ascensore inclinato.

Servono i temi. Quelli sui quali si vuole indirizzare il dibattito sul futuro.

Frosinone non è solo un capoluogo

Foto © Nando Potenti

Frosinone non è una città qualsiasi. E non è soltanto un capoluogo. È la città che rappresenta una specie di Sarajevo: una sintesi tra culture del tutto diverse tra loro ed economie altrettanto distanti. È il capoluogo di un territorio formato dalla sua identità ma anche quella del Cassinate e del Sorano; nella quale coesistono il polo dell’Automotive, quello della Logistica, quello del Farmaceutico.

Frosinone ha il dovere di svolgere il ruolo della città guida. Capace di creare quel dibattito regionale e nazionale che non c’è stato sui grandi temi del territorio.

Per essere concreti: sul collasso dell’Automotive nessuno ha mosso un dito; servono a niente le riunioni come quelle tenute a Cassino tra sindaci e sindacati i cui risultati possono essere tranquillamente sintetizzati con un “stiamo inguaiati” ma nulla di pratico. Non bastano i tavolo in Regione Lazio in cui si continua a ragionare con la logica dei sostegni che si possono mettere in campo. Occorreva fare ciò che hanno fatto gli industriali di Unindustria: avere il coraggio di dire che l’Automotive si sta trasformando nella Mobilità Sostenibile ed avviare un progetto di filiera mettendoci 130 milioni di euro.

La politica non c’è stata. Torino si è mossa, Frosinone può muoversi facendo massa con Cassino e Sora.

Non basta una rotatoria o un teatro

Il nuovo municipio

Frosinone viene da dieci anni di straordinari progetti realizzati. Dal primo municipio nella sua storia alla sede per l’Accademia di Belle Arti, dallo Stadio a ben due teatri. Chiunque sarà l’erede di Nicola Ottaviani se non vuole rimanere schiacciato da quei risultati e da quelli della stagione del centrosinistra di Memmo Marzi ha una sola alternativa. O portare le Piramidi di Cheope alla Stazione oppure mandare in soffitta la visione provinciale di questo territorio.

Perché Frosinone non può essere una città nella quale il dibattito si concluda intorno alle rotatorie davanti alla ex Permaflex. Occorre il coraggio di un ragionamento di sistema: si vuole diventare una città da oltre 100mila abitanti o vogliamo restare abbarbicati ai lampioni della luce e continuare a dire che un sindaco in Ciociaria è bravo se cambia le lampadine appena si sono fulminate?

Il candidato sindaco (su ogni fronte) crede nel Grande Capoluogo teorizzato da Unindustria o non ci crede? E se ci crede è disposto ad attivare un progetto per il quale ci sono già i fondi e nemmeno è necessario mettere la marca da bollo?

Frosinone deve essere una città a vocazione europea o ancora dobbiamo restare ad ammirare il campanile? Nella quale l’unica cosa straordinaria ed al di fuori del provincialismo è la squadra di calcio che milita in Serie B: cioè l’unica cosa nella quale la politica non ha messo mano?

Temi da capoluogo

Frosinone deve avere il coraggio di dire una parola sui temi delle energie: non è possibile nascondersi né farsi governare dalla pancia degli elettori: a seconda di come si metterà in Ucraina tra un paio di mesi ci riscalderemo con gli zippi di legno e non avremo più la pasta perché le navi con il grano restano ancorate alla fonda. Siamo un territorio talmente arretrato che ora deve aggrapparsi alla riapertura delle centrali a carbone, mentre i nostri rifiuti di cucina generano il gas grazie al quale le fabbriche del Nord accumulano utili e le nostre spengono i forni.

Il Comune di Frosinone ha già svolto questa funzione di traino. Lo ha fatto quando si è messa alla testa dei Comuni che hanno costretto Acea a cambiare registro, portandola ad un passo dalla risoluzione del contratto. E lo ha fatto anche quando ha mollato la presa nel momento giusto evitando un nuovo bagno di sangue sulle bollette.

Frosinone non può continuare ad essere un corpo chiuso nelle sue mura.

Il senso della riforma

Occorre il coraggio per dire che un senso lo aveva la riforma Delrio che ha macellato le Province. Ha un senso solo se il prossimo sindaco di Frosinone terrà in considerazione l’ipotesi di candidarsi e diventare anche il prossimo Presidente della Provincia. Trasformando il capoluogo nel centro propulsore dello sviluppo che coinvolge tutto il territorio.

Altrimenti non ha senso la creazione di una Camera di Commercio che ha messo insieme quelle di Frosinone e Latina. E nemmeno troverebbe senso la creazione di un super consorzio industriale regionale unendo tutti quelli presenti sui singoli territori.

Se è insieme che si va più lontano, i candidati sindaco di Frosinone hanno il dovere di dire ora che città vogliono guidare: se vogliono un capoluogo alla guida della provincia. Se vogliono una dimensione nazionale. O restare nel loro straordinario successo che alla lunga rischia di diventare come l’isolamento della Cina degli Imperatori.

Perdere questa occasione sarebbe una presa in giro per gli elettori.