La Provincia arriva tardi in tribunale: condannata a pagare 2,6 milioni

Due milioni dalle tasche dei cittadini per colpa di un ritardo. La Provincia di Frosinone pagherà la progettazione della strada fantasma ‘Atina – Isernia’ perché ha presentato tardi il ricorso alla Corte d’Appello di Roma.

Tutte le spiegazioni, i buoni motivi, le ragioni inserite nel ricorso con cui evitare di liquidare la parcella alla Sein srl (società capofila dell’associazione temporanea che vide insieme le imprese Sein – Zollet – Lecce) non sono state prese in considerazione. La provincia è arrivata fuori tempo massimo.

Lo scrive il giudice Antonio Azara, presidente della quarta sezione Civile del Tribunale di Roma. Nella sentenza con cui si condanna la provincia a pagare, spiega che la Provincia di Frosinone aveva i 180 giorni per impugnare il caso: lo ha fatto con circa sette mesi e mezzo di ritardo. «Ne consegue – scrive il magistrato – la declaratoria di inammissibilità del gravame, tardivamente notificato. Quanto sopra esonera la Corte dall’esame di ogni altra questione».

La storia è quella della superstrada Atina – Isernia. Pensata nel 1975 era rimasta solo un’idea perché non c’erano i soldi con cui finanziare l’opera. Nel 1999 viene realizzato uno studio per poter chiedere allo Stato di inserire l’arteria nell’elenco delle opere da realizzare attraverso la programmazione Cipe (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, cioè il gruppo di ministri che all’epoca decideva quali grandi opere andassero finanziate per lo sviluppo del Paese). La svolta arriva con la nascita della ‘Legge Obiettivo’ (una legge che saltava buona parte della burocrazia per consentire di raggiungere subito la realizzazione di un’importante opera pubblica). E la Atina – Isernia rientrò tra le opere ‘Obiettivo’: ottenne per questo l’equivalente di 7,5 milioni di euro (15 miliardi di lire) scaglionati in 3 anni per la sola progettazione. Costo stimato dell’intera arteria: 291 milioni di euro. Nessuno li ha visti mai, nessuno li ha mai trovati in alcun capitolo del bilancio dello Stato, perché nessuno ha poi più avuto il peso politico necessario per farsi trovare quei soldi. Fine della storia. Il progetto c’è, i soldi no, tutto rimane sulla carta.

Anzi no. C’è da pagare i progettisti del gruppo Sein – Zollet – Lecce che per tracciare la strada sulla carta hanno dovuto misurare l’intero percorso, tracciarlo con gli strumenti disponibili a quel tempo (la cartografia satellitare era agli albori, si faceva quasi tutto a mano, con paline e strumento); individuare il percorso che fosse al tempo stesso più rapido e meno costoso da realizzare, il meno invasivo per i territori. Una bella spesa.

La Provincia aveva, alla fine, ricevuto gli elaborati. E li aveva approvati. Ma quando è stato il momento di pagare le parcelle ha sollevato una serie di contestazioni. Il tira e molla va avanti fino al 2012: stanchi di aspettare, i progettisti propongono alla Provincia di risolvere la questione mettendosi nelle mani di tre arbitri (uno per ciascuna delle parti ed un terzo neutrale). E l’ente di piazza Gramsci accetta. Il collegio arbitrale si costituisce il 28 settembre 2012.

La decisione degli arbitri viene consegnata il 29 gennaio 2014, mentre in Provincia c’è un Commissario: Giuseppe Patrizi. Come sempre avviene assesta un colpo al cerchio ed uno alla botte, accoglie una parte delle richieste dei progettisti ed una parte delle ragioni sostenute dalla Provincia. L’arbitrato stabilisce che l’amministrazione provinciale debba pagare alla Sein – Zollet – Lecce 1,3 milioni di euro più interessi (calcolati da dicembre 2000 fino alla materiale liquidazione).

La Provincia ha sei mesi per impugnare l’arbitrato e rivolgersi al tribunale: i 180 giorni trascorrono e nessuno impugna niente, tanto che il 24 novembre 2014 la Corte d’Appello di Roma rilascia un ‘Certificato di non proposto appello’.

Finita? No. La Provincia si sveglia il 16 marzo 2015 e notifica il suo appello tramite lo studio legale Andrea Gemma di Roma (il contestatissimo – dal centrosinistra – studio legale arrivato in Provincia durante la gestione Iannarilli, al quale viene rinfacciato che sia riconducibile al ministro Angelino Alfano che al tempo era suo amico).

Si va in causa. Viene iscritta a ruolo con il numero 1943 dell’anno 2015 e posta in deliberazione all’udienza collegiale del 28 gennaio 2016. Ma c’è poco da discutere. I giudici Azara Loasses e Barrasso si devono fermare di fronte ad un’evidenza: l’appello è stato proposto tardi, inutile proseguire.

Scatta il pignoramento. I tecnici bussano alla tesoreria della provincia di Frosinone e bloccano 2,6 milioni di euro. La liquidazione è prevista per lo scorso 7 settembre. Ma il presidente Antonio Pompeo propone un accordo: la transazione si chiude a poco meno di 2 milioni di euro (per la precisione 1.999.822,38 di euro) a chiusura di tutte le pendenze. «La vicenda nasce, si sviluppa e si conclude prima del mio insediamento come Presidente della Provincia – racconta Antonio Pompeo – e quando sono arrivato non c’era alcun atto che potevo compiere. Potevo solo tentare di limitare i danni per le casse della Provincia, cosa che è stata fatta attraverso l’atto di transazione».

Resta da capire perché i cittadini della Provincia debbano pagare per una strada che non è stata più fatta. E perché debbano pagare per un ritardo nel presentare l’appello. Quando è stato conferito l’incarico allo studio Gemma? E lo studio aveva avvisato la Provincia che stavano scadendo i termini per l’appello? Cambierà poco. Noi comunque paghiamo.

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