La quiete prima che su Anagni si scateni la tempesta (di F. Ducato)

Arriva il momento delle scelte ad Anagni. Il momento di confrontarsi con i conti e le risorse realmente disponibili. Non ci sono abbastanza risorse per realizzare tutte le opere. Prevedibile. Ma bisognerà dare la precedenza ad alcune. E dire ad altre di aspettare. Creando malcontenti.

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

Raccontano che, almeno una volta nella vita, Gandhi, nonostante la sua leggendaria mitezza, si sia accigliato non poco.

Per il ritardo nell’inizio di una delle riunioni organizzate per decidere della strategia da adottare nel corso della lunga guerra per l’indipendenza dell’India dall’Inghilterra. E che abbia fatto osservare a tutti che “questo ritardo provocherà un ulteriore allontanamento del nostro obiettivo finale”.

Insomma, la puntualità fa bene (anche) alla politica.

 

Una lezione che però ad Anagni non sembrano aver capito benissimo, visto che la riunione di maggioranza che si è tenuta l’altra sera nel palazzo comunale è iniziata con circa un’ora di ritardo.

Lo start era stato fissato alle 18.30, ma il via ai lavori è arrivato dopo le 19.30. Colpa, sembra, dell’arrivo piuttosto felpato di diversi consiglieri ed assessori. Senza contare il presidente del consiglio comunale Giuseppe De Luca. Che, da custode dell’orologio e della regolarità delle forme in Consiglio, tende a trasformarsi in ritardatario impenitente in questo genere di appuntamenti.

Ritardo a parte, per descrivere la riunione bisognerebbe parafrasare Leopardi. La quiete «prima», non «dopo», la tempesta, per essere precisi.

Già, perché, a detta di quelli che c’erano, la riunione in sé è stata abbastanza tranquilla. Ma solo perché i punti caldi sono stati accuratamente rinviati alla prossima settimana.

 

Di cosa si tratta? Soldi, ovviamente. Martedì sera la riunione è stata infatti dedicata alla programmazione delle opere da mettere in campo prima del 31 dicembre. Opere in cui si dovrebbe spendere un tesoretto di circa un milione e mezzo di euro che è in cassa. E che dovrebbe servire proprio a questo genere di cose. Nulla di particolarmente trascendentale, intendiamoci. Opere che dovrebbero essere fatte in tempi brevi, e senza le pastoie burocratiche delle assegnazioni in appalto, con i relativi ritardi.

E allora dov’è il problema?

Il problema sta nel fatto che il denaro stanziato non basterà a realizzare tutti i lavori di quel tipo di cui la città avrebbe bisogno. Bisognerà quindi fare delle scelte. Stabilire delle priorità. Insomma, dire di no a qualcosa. Quello che, di solito, dovrebbe fare la politica.

Ma proprio quello che i vari assessori e consiglieri di riferimento non vogliono sentirsi dire. Perché poi dovrebbero andare dai loro elettori a spiegare perché, ad esempio, quella strada promessa non è stata fatta. Con il rischio di perdere consensi che sembravano già in cassaforte.

Ecco perché, probabilmente, imitando inconsapevolmente (?) il colonnello Fausto Bassetta, principe di questa strategia del rinvio, si è preferito aspettare una settimana.

Il «» lo ha dato l’assessore al bilancio Marino, che ha spiegato che ci sono dei documenti da approfondire, e che necessitano di un certo studio. Di qui il rinvio.

Ma fuori dalla riunione, a porte chiuse, sotto il riparo dell’ufficiosità e dei toni da chiacchiericcio sotto palazzo, più di qualcuno ha fatto presente che la prossima settimana bisognerà decidere.

E allora, i toni dovranno essere per forza più accesi. Perché finché si discute dei massimi sistemi, va bene. Ma quando si danno i soldi, è tutta un’altra storia.

La quiete «prima» della tempesta, appunto.