La rabbia e il razzismo

La fake news dell’Italia invasa dagli immigrati. I dati dicono cose diverse. Però la percezione della gente c’è davvero e nasce dalla paura di non farcela in un Paese diventato povero e marginale per l’incapacità delle proprie classi dirigenti.

Che in Italia ci sia un’invasione di migranti è una fake news, alimentata ad arte da chi sa che il tema “tira” e moltiplica il consenso, diventando anche un’arma di distrazione di massa quando non si riescono a dare risposte vere agli italiani sui temi del lavoro e del rilancio economico. E allora vediamo i numeri del fenomeno, per sfatare falsi miti che diventano la coperta di linus per non ammettere l’evidenza. Siamo diventati un Paese razzista? Di più.

 

I numeri del Ministero dell’Interno

Secondo i dati dello stesso Ministero dell’Interno, nei primi sei mesi del 2018 sono arrivate in Italia via mare 14.441 persone, mentre nello stesso periodo dell’anno precedente ne erano arrivate 64.033. Una diminuzione dell’80%.

Uno delle leggende più tambureggianti è quella che gli immigrati tolgono lavoro agli italiani. A rispondere a questa domanda ci ha pensato il  Rapporto sull’economia dell’Immigrazione della Fondazione Moressa. Secondo lo studio del 2017, agli immigrati sono riservati solo i lavori non qualificati, in parte rifiutati dagli italiani. Nell’agricoltura, per esempio, la maggior parte dei braccianti è di origine straniera, mentre quasi il 90 per cento degli agricoltori specializzati è cittadino italiano.

 

Dai dati emerge che più di un terzo degli immigrati svolge lavori non qualificati (il 36%, contro il 9% degli italiani), il 29,3 % lavora come operaio specializzato e solo il 6,7% è un professionista qualificato. Tra i lavori che sono più diffusi tra gli immigrati ci sono alcune particolari categorie: il 74% dei collaboratori domestici è straniero, come il 56% delle badanti e il 51% dei venditori ambulanti. E ancora: il 39,8% dei pescatori, pastori e boscaioli è d’origine straniera, come il 30% dei manovali edili e dei braccianti agricoli.

Lo studio conclude quindi che “la crescente scolarizzazione della popolazione italiana e la maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro ci hanno spinti verso professioni a più alta specializzazione. I dati Istat sul mercato del lavoro dimostrano che l’occupazione immigrata e quella autoctona in Italia sono parzialmente concorrenti e prevalentemente complementari”.

 

I numeri dell’Alto Commissariato Onu

Poi ci sono i dati dell’Alto Commissariato dell’Onu.

In questi anni l’Italia ha risposto positivamente a circa il 40% delle domande di asilo (status di rifugiato, protezione sussidiaria e umanitaria) Il dato Unhcr parla chiaro: sì a 131.000 rifugiati. In Svezia la popolazione è circa un sesto di quella italiana (10 milioni) e i rifugiati sono 186.000, ovvero il 50% in più che nel nostro Paese. In Germania (82 milioni di abitanti) i rifugiati sono 478.000, quasi 4 volte quelli presenti in Italia. Insomma, 131.000 rifugiati su una popolazione di 60 milioni di persone non giustificano l’allarme invasione.

 

La percezione

Eppure la “percezione” nell’opinione pubblica italiana è quella di un Paese sotto assedio. Vale la pena di chiedersi perché? Non sarà che l’impoverimento della nostra società rende tutti più fragili? E soprattutto più arrabbiati?

Se ci sono falle (e ce ne sono) nel sistema dell’accoglienza, è colpa degli immigrati o di uno Stato che non riesce a rispondere in modo appropriato? Se ci sono molti clandestini, la responsabilità non è forse di un sistema Stato che non funziona? E dove sono i 500.000 rimpatri che erano stati promessi… prima del 4 marzo?

Di più: ma se l’Italia è in queste condizioni, la responsabilità è degli immigrati o delle classi dirigenti dei decenni passati, corrotte e incapaci?

Non c’è lavoro nel nostro Paese, gli investitori stranieri se ne vanno, tassazione e burocrazia scoraggiano chiunque ad investire, i nostri giovani vanno a studiare e lavorare altrove. I pensionati, se possono, vanno altrove. Questa è la realtà, che però fatichiamo a guardare in faccia. Così come fatichiamo ad ammettere che il Paese è cambiato, che è molto più razzista di qualche anno fa. Non nella sua maggioranza silenziosa forse, ma sicuramente nella minoranza urlante.

 

La colpa agli altri

Perché in fondo è più facile dare la colpa agli altri, mettere sul banco degli imputati poveracci che arrivano in condizioni disperati e che sanno che la percentuale di morire in mare è altissima. Poveracci che prima di arrivare in Italia vengono torturati, frustati, stuprati, schiavizzati, separati dalle famiglie. Ma una domanda vogliamo farcela: se nonostante tutto questo, continuano a venire in Europa, come devono stare nei loro Paesi? Chi lascerebbe la patria, gli affetti, la famiglia, la vita?

Ma è più comodo alimentarsi dei luoghi comuni. Certamente nelle stazioni delle nostre città la situazione di notte è quella descritta. Ma se come Paese non siamo capaci di gestire un fenomeno del genere, perché non ce la prendiamo con i nostri governanti?

O vogliamo davvero credere che questa gente va in crociera nel Mediterraneo e, una volta in Italia, vive nel lusso sfrenato? Però la “percezione” dell’invasione rimane.

 

Gli italiani stanchi: ed hanno ragione

E’ vero: gli italiani sono stanchi di dannarsi l’anima per portare uno stipendio a casa (chi ci riesce). Sono stanchi di pagare tasse e non ricevere servizi, sono stanchi di immaginare per i loro figli un futuro  peggiore del proprio, sono stanchi di abituarsi ad una condizione di povertà inimmaginabile fino a qualche anno fa. E allora subentrano sentimenti come la rabbia e la paura.

Attenzione però perché è da situazioni come queste che poi nascono l’aggressività e l’intolleranza. Ma se non guardiamo dentro la nostra società sarà impossibile provare a risalire. E il primo passo è quello di ammettere che siamo diventati un Paese razzista. D’altronde la rabbia e l’odio sono sentimenti, come l’amore e la solidarietà. I sentimenti non si processano. Ma si può provare a ragionare, a confrontarsi, a capire le ragioni degli altri.

 

LA SOLUZIONE

La soluzione di un problema epocale come il razzismo non è “respingiamoli tutti” o “accogliamoli tutti”. Ma è quella di governare il fenomeno come fa uno Stato all’altezza del proprio ruolo. Coniugando fermezza ad accoglienza. Ma l’Italia non l’ha fatto, scatenando una guerra tra poveri nelle periferie urbane.

Indro Montanelli, uno che gli italiani li conosceva benissimo, scrisse: “Siamo tolleranti e civili noi italiani verso tutti i diversi: gialli, rossi, neri. Specialmente quando si trovano a distanza telescopica da noi”.

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