La “rivoluzione Marzi” non nacque dalle primarie

In vista delle comunali del prossimo anno si fa riferimento al metodo che portò alla vittoria Memmo Marzi. Ma quel metodo, voluto da De Angelis, prevedeva l’accordo con il Ppi di Diana e i Socialisti di Schietroma. Puntando anche sulla spaccatura tra Perlini e Piacentini e sul fattore “trasversale”. Ma soprattutto su una nuova generazione di politici: Giaccari, Ferrante, Mastroianni.

Il Metodo Marzi per far tornare a vincere il centrosinistra al Comune capoluogo. Ma da allora sono passati più di venti anni e tante cose sono cambiate. Ma soprattutto il Metodo Marzi aveva il valore aggiunto del protagonista e uno schema fortissimo che adesso non c’è.

Marzi non nacque dalla primarie

La candidatura a sindaco di Domenico Marzi non fu decisa celebrando le primarie. No: fu tirata fuori dal cilindro da Francesco De Angelis e poi condivisa con gli alleati storici del Ppi e dei Socialisti.

Domenico Marzi con Francesco De Angelis

Intanto Marzi non era un alieno, non veniva da Giove. Era stato presidente del Pci, continuando a seguire l’evoluzione del partito nel Pds e nei Ds. Aveva un cognome importante: suo nonno era stato il primo sindaco di Frosinone dopo la Liberazione, era stato partigiano e componente del Comitato di Liberazione Nazionale, avvocato allievo di Antonio Labriola, parlamentare socialista prima e dopo il fascismo.

De Angelis intuì che poteva essere la candidatura vincente e riuscì a farla passare non senza aver dovuto faticare. C’era il Ppi guidato  da un osso durissimo come l’ex senatore Lino Diana. Il quale in consiglio comunale candidò come uomo di punta Michele Marini, il re delle preferenze e futuro vicesindaco.

C’erano i Socialisti di Gian Franco Schietroma, che a Frosinone viaggiavano su percentuali di tutto rispetto. Tra Diana e Schietroma non correva buon sangue. Si salutavano e nulla più. De Angelis riuscì a tenere tutti dalla stessa parte.

Ma soprattutto Memmo Marzi portò in politica un’intera generazione di professionisti che fino ad allora era rimasta ai margini: Danilo Giaccari, Marcello Mastroianni, Maurizio Ferrante. Non soltanto sarebbero diventati gli assessori della “rivoluzione marziana”, ma portarono voti e consensi che il centrosinistra non aveva mai visto.

La rivoluzione a Valmontone

Domenico Marzi con Francesco Storace e Francesco Scalia. A sinistra il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi

Nonostante tutto, però, a Frosinone il centrodestra era maggioritario. La strategia congiunta di Francesco De Angelis e Domenico Marzi fu quella di convincere dei settori che tradizionalmente votavano a destra che per il comunali il punto di riferimento era Domenico Marzi.

Ma un altro elemento decisivo fu la spaccatura del centrodestra, tra Italico Perlini e Adriano Piacentini. Con il successivo patto per il ballottaggio tra Marzi e Piacentini. (Leggi qui Quel patto di Valmontone che condannò il centrodestra all’esilio per 14 anni).

Il Metodo Marzi è stato quello di catalizzare voti di centrodestra, sulla base però di accordi politici e partendo da una coalizione di centrosinistra comunque molto forte.

Adesso è tutto diverso e le primarie appaiono l’unico strumento per tenere insieme quel che resta della coalizione di centrosinistra. Il peso delle civiche è  più forte rispetto ad allora, ma resta il fatto che qualunque tipo di operazione non può che partire da un’intesa politica forte.

Ma a questo penserà ancora Francesco De Angelis.