La scomoda verità di Massini svelata alla piazza di Veroli

Partenza con il botto per il Festival della Filosofia 2022 a Veroli. Piazza piena. Per sentire uno Stefano Massini in grandissima forma. Dal dittatore Nguema ai giorni nostri. Il concetto di libertà e quollo che può combinare un ciclone. Ed i nostri demoni che non stanno alla catena

Maurizio Patrizi

Rem tene, verba sequentur

La libertà, la tirannia, i mostri che ciascuno imprigiona dentro di sé. Il conformismo e le regole autoimposte di cui ogni individuo è schiavo. Se pensate che siano concetti troppo pesanti, che siano come la polvere e sia meglio nascondere tutto sotto al tappeto, allora venite a fare quattro passi a Veroli. Per scoprire una piazza piena come un uovo, riempita da persone che invece hanno voglia di pensare, ragionare, confrontarsi. Perché è quello che è accaduto domenica sera durante la prima tappa del Festival della Filosofia. (Leggi qui La sfida di Veroli: riempire le piazze per ragionare)

Non c’era un solo posto libero in piazza Santa Salome. Tutti lì. Per ascoltare Stefano Massini, cantastorie moderno, raccontatore di frammenti scomodi che troppi vorrebbero cancellare dalla memoria. Massini, Veroli ed il Festival della Filosofia dicono che c’è un mondo ampio e silenzioso che ha voglia di riflettere e ragionare. Sulle proprie idee, sulla propria esistenza e sui concetti di libertà che la pandemia ha messo a dura prova.   

NECESSITÀ DI RIFLETTERE

E’ un festival particolarmente giovane perché nato durante il lockdown” ha ricordato Francesca Cerquozzi, delegata alla Cultura del Comune di Veroli presentando l’edizione 2022. “Ma ci rende particolarmente orgogliosi sia per l’altissimo livello dei relatori sia anche per la moltitudine di persone che viene ogni sera, di giovani che si sentono coinvolti, che chiedono di riflettere, di ragionare su temi importanti che sono alla base della nostra vita”.

Un Festival della Filosofia è una scommessa. E nel periodo del lockdown puoi anche permetterti di rischiare. Invece è stato un successo. Ma come si fa allora per replicare rimanendo all’altezza? Occorre un tema che appassioni, pensieri rimasti in bilico sull’attualità, voglia di percorrere quella strada del ragionamento che sta in sospeso tra la certezza e l’abisso.Quest’anno abbiamo pensato di mettere a tema la libertà, la libertà tra limiti e responsabilità. Perché, mai come in questo momento storico, la libertà non è più un valore acquisito. Pensavamo che fosse qualcosa di dato, invece adesso è messa in discussione sotto diversi punti di vista”.

Avevamo tutto e non lo sapevamo. Siamo finiti dietro ad una mascherina a pregare e sperare che la scienza si sbrigasse e mettesse a punto un antidoto. Ci siamo risvegliati ma abbiamo scoperto di dover fare i conti con un altro incubo: la guerra dentro casa nostra. “Lo abbiamo scoperto attraverso due anni di pandemia dove ci è stata tolta la libertà di muoverci, di viaggiare, di abbracciarci. Ma anche dopo la guerra che sta avvenendo proprio nel cuore dell’Europa con i popoli che non sono più liberi di autodeterminarsi. E poi, le libertà individuali, di ciascuno di noi. Penso alle donne che ancora oggi, nel 2022, devono scegliere tra la maternità e il lavoro; penso a ragazze e ragazzi che non si sentono liberi di amare chi vogliono; oppure ai tanti giovani che non hanno la possibilità di pagarsi i percorsi di studio e che non sono liberi di esprimere il proprio talento”. 

IL SENSO DEL NOSTRO ESISTERE

È stato il direttore artistico Fabrizio Vona a entrare nel cuore degli argomenti che accompagneranno questo Festival: “La risposta di questa sera è chiara: le persone hanno bisogno di filosofia, tutti noi abbiamo bisogno di porci le domande radicali sul senso del nostro esistere, sul perché siamo sulla terra, sul perché viviamo”.

La sfida di Veroli e di Vona è quella di proporre questi temi in pubblico, a voce alta, in piazza. “Un festival di questo tipo ha bisogno di tanto lavoro e vedere una piazza così piena è il segnale più bello, il ringraziamento più grande che voi come pubblico ci potete restituire. Il festival ormai si sta imponendo fuori dai confini della regione Lazio. Se ne parla nel mondo accademico”.

Molti professori, di importanti facoltà di Filosofia e non solo, parlano del festival della Filosofia di Veroli. Questo credo sia veramente un segnale importantissimo di una scommessa vinta”.

L’ESISTENZA, I DIRITTI E I LIMITI

Noi come esseri umani – ha detto ancora il direttore artistico Fabrizio Vona presentando il festival – dopo millenni di storia, da pochissimi decenni per la prima volta abbiamo scoperto una verità tragica: che siamo capaci di autodistruggerci. Accanto alla domanda di come vivere noi dobbiamo sentire la responsabilità di continuare a vivere, di far continuare a vivere i nostri figli, i nostri nipoti”.

Abbiamo compiuto in pochissimo tempo un balzo indietro fino agli Anni 70, in piena Guerra Fredda e con il grilletto delle Atomiche innescato. “La domanda se fra duecento anni il mondo ancora ci sarà non è più scontata. Abbiamo scoperto con l’inquinamento e, soprattutto, con la bomba atomica di cui oggi si sta riparlando, che per la prima volta dobbiamo difenderci da quella stessa potenza che noi esseri umani abbiamo creato per evolverci e per difenderci dalle forze della natura. Ecco perché quest’anno vogliamo interrogarci sulla libertà: grande questione sulla quale non si può più ragionare se non accompagnando le nostre riflessioni pensando anche ai nostri limiti e, soprattutto, al concetto che abbiamo di responsabilità in quanto esseri umani che vivono nel mondo”.

IL TIRANNO NGUEMA

Francisco Macias Nguema

Ci sono migliaia di approcci per entrare in un argomento così vasto. Massini lo ha fatto come solo lui è capace. Sfogliando l’album dei ricordi rimossi.Di solto quando si parla di libertà si pensa immediatamente a qualcuno che ti mette il guinzaglio, la museruola, la catena e i cippi ai piedi, cioè la privazione della possibilità di fare quello che vuoi. Quando si parla di libertà si pensa generalmente alla dittatura che è la privazione della libertà, si pensa ai tiranni”.

È iniziato da qui il ragionamento di Massini rivolto alla piazza, per poi parlare di “uno dei despoti più incredibili della storia dell’umanità” che “è stato Francisco Macías Nguema. Eletto presidente del suo Paese, la Guinea equatoriale, alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso. Fa un proclama radio a tutto il popolo e dice: da adesso io sarò presidente a vita. Aveva 39 anni”. E quando i liberi pensatori cercano di fermarlo lui fa un nuovo proclama in cui annuncia che “d’ora in poi in Guinea equatoriale l’unica testa pensante è la mia”. Gli intellettuali sono fuori legge.

Le persone iniziano a fuggire ma lui blocca le strade. E quando qualcuno prova a fuggire sui pescherecci il dittatore stabilisce che pescare è proibito. E blocca i pescherecci. Ma si spinge oltre quando sopprime l’ultima libertà rimasta, quella di adorare un Dio e stabilisce che “l’unico Dio in Guinea, d’ora in poi, sarò io”.

IL CONCETTO DI LIBERTÀ

Stefano Massini

Nguema se vogliamo è il paradosso di dove può arrivare la privazione della libertà” è il ragionamento di Massini. “Di quella libertà, tuttavia, che è secondo me un po’ semplice, un po’ furbo declinare soltanto in questo senso. Se io fermo un ragazzo che va a scuola e gli dico: tu sei libero, ho un’alta percentuale di probabilità che lui mi risponda: si, sono libero, perché sto in un Paese in cui fino a prova contraria nessuno fa un proclama e mi dice: nessuno può pensare, nessuno può pescare, nessuno se ne può andare, nessuno può addirittura adorare un Dio. Ed è vero in questo senso io e voi siamo liberi, in questo senso. Ma la domanda spietata, spudorata che voglio fare, priva di pudore e priva di pietà è: ma noi siamo davvero liberi? Ma sul serio, concretamente, siamo davvero liberi?”

MATT E IL CICLONE

Candidato alla libertà”. È la risposta che Matt Suter diede a un giornalista che gli aveva chiesto cosa avesse provato dopo essere stato risucchiato da un tornado mentre era nella roulotte di sua nonna, nel Minnesota.

In quel momento era da solo, come racconta fra l’altro Massini, la grande finestra che stava sul lato corto di questa lunga roulotte era aperta quando improvvisamente Matt Suter, che all’epoca dei fatti aveva 17 anni, sente tremare tutto. Realizza che c’è una corrente d’aria fortissima, insolita. Improvvisamente viene risucchiato fuori e tirato dentro un vortice che lo porta su. Poi, senza fargli alcun male, lo riaccompagna a terra. Matt Suter passa alla storia per essere uno dei pochi esseri umani salito dentro l’occhio di un ciclone che si stava abbattendo in quel momento sulla cittadina del Minnesota dove egli viveva.

Un giornalista gli chiede cosa ha provato. Lui gli risponde: quando sono stato tirato su e poi mandato a terra, quando ho perso completamente il controllo, là, mentre vorticavo in aria, in mezzo alle nuvole, ho pensato che gli adulti intorno a me in realtà passano la vita ad avere paura: di non controllare la loro vita, la propria salute, di perdere il controllo del loro lavoro, della loro situazione economica, hanno paura della resistenza dei loro affetti, hanno paura della solitudine.

Insomma, tutto questo per dire cosa il giovane avesse provato “quando improvvisamente qualcosa contro cui non combatti, ti prende, ti porta via e fa di te quello che vuole. Beh, posso dire che adesso, mi sento candidato alla libertà perché tutte le persone adulte che vedo intorno a me, libere non lo sono. Passano la propria vita a cercare di controllare la loro vita. E questa che cos’è, se non una forma di non libertà?”.

FREUD E I SOGNI

Sigmund Freud, nell’anno 1899 pubblica “L’interpretazione dei sogni”, un libro epocale che cambia la storia (così Massini continua il suo ragionamento sulla libertà). Perché è un testo così importante, così rivoluzionario?

Perché Freud ha capito qualcosa che nessun altro prima di lui aveva capito? E perché Freud parla del borghese. “E io e voi siamo borghesi. Piccoli borghesi, medi borghesi, alto borghesi, ma siamo tutti borghesi. Freud dice che nessun borghese è mai felice e mai vive la vita che vorrebbe davvero vivere. Nessun borghese è libero”.

Cioè Freud dice che né io né voi siamo liberi, esattamente come diceva Matt Suter, ottant’anni prima Freud diceva la stessa cosa. E aggiungeva Freud: soltanto di notte, tu borghese, sogni senza autorizzarti a farlo, la vita che vorresti”.

I DEMONI LIBERATI

Un’altra storia che ha a che fare con la libertà e che vi voglio raccontare – così Massini ha continuato a tenere incantato il pubblico di piazza Santa Salome il mostro di Milwakey (Jeffrey Dahmer). Ma cosa c’entra con la libertà di cui parla Freud?”

Un giorno, durante il processo c’era la giuria popolare che doveva giudicarlo e Jeffrey Dahmer, quando gli toccò di parlare li fissò a lungo e disse: a te che dall’inizio di questo processo non hai mai smesso di fissarmi come si fissa una bestia in gabbia allo zoo, dietro le sbarre, inoffensiva. A te, che dall’inizio del processo non hai mai finito di dirti che, per fortuna, mille gradi di separazione stanno fra me e te, perché io sono un malato, un perverso, un assassino e tu, invece, sei normale. A te vorrei dire che c’è qualcosa che, ti piaccia o no, ci rende completamente uguali: siamo venuti al mondo con dei mostri dentro”.

Ombre, vortici, ossessioni, paure, tutta roba che tu hai chiuso a chiave nella stanza semi interrata del tuo esistere, senza alcuna finestra da cui poter guardare e con una porta che hai chiuso a doppia mandata e tu stesso hai paura di aprire. L’unica differenza fra me e te è che io quella porta l’ho spalancata, tanto tempo fa. Ed è la ragione per cui vi chiedo io stesso di condannarmi. Perché non è dei miei mostri che ho paura ma della libertà che gli ho dato”.

Questo a ben guardare dice Freud: che quei mostri che Dahmer fece scorrazzare nella propria esistenza, noi (senza ovviamente dover arrivare al suo livello) i nostri mostri li teniamo chiusi a chiave e non devono uscire. E poi magari ci sorprendiamo di avere gli attacchi di panico, l’ansia”. Accade “perché c’è tanta roba chiusa a chiave dentro di noi che non è libera di uscire. A cui mettiamo la museruola. Io non sono libero. Sono circoscritto, perimetrato, come diceva Freud, da una quantità di regole, che il mio status borghese mi dà”.