La scuola è morta, lunga vita alla scuola

La pandemia ha portato la scuola a sfidare i propri limiti in un Paese che in Europa investe (quasi) meno di tutti nell'istruzione. Le prove di ripartenza con una concezione diversa di didattica. L'impegno degli insegnanti, la forza dei ragazzi. La dirigente Fontana: "Noi siamo pronti"

Alessio Brocco

In definitiva, le parole sono tutto quello che abbiamo

È passato più di un anno dalla prima chiusura della scuola nel disperato tentativo di arginare l’ondata del nuovo coronavirus. Erano i giorni delle terapie intensive al collasso, dei medici e degli infermieri che dormivano sulle tastiere dei computer, delle città immerse in un silenzio spettrale rotto soltanto dal’urlo delle sirene, degli anziani che morivano in silenzio a casa senza nemmeno chiamare un soccorso che non sarebbe arrivato.

Restare a casa per salvare i più giovani, spezzare una delle catene dei contagi, salvare con loro anche gli anziani. Perché quel maledetto coronavirus che scatenava una malattia chiamata Covid-19 passava dai nipoti ai nonni in un attimo.. E allora tutti a casa: sperimentando la Dad cioè la Didattica a Distanza.

Monica Fontana

Così, il sistema scolastico ha dovuto fare i conti con i propri limiti. Con un modello ancorato quasi esclusivamente a metodi di insegnamento legati a doppio filo alla presenza. Così come il Paese che, invece, ha fatto i conti con un sistema acerbo in termini di efficienza tecnologica. Segnato da differenze sostanziali tra i territori: zona con la fibra (poche), altre con l’Adsl (abbastanza), tante senza linea veloce (troppe).

Sui limiti nella tecnologia, il Governo è intervenuto: sbloccando i lavori sulla fibra, varando i bonus Pc, rimborsando i costi di connessione in alcuni casi. E gli insegnanti? La Dad non è la stessa cosa che fare lezione in presenza solo che sei davanti ad una telecamera. È un modo diverso di concepire l’insegnamento, si può sfruttare la multimedialità, realizzare le slide per aiutare gli studenti.

Monica Fontana, dirigente dell’istituto comprensivo Frosinone 3 e dell’istituto superiore Brunelleschi-Da Vinci di Frosinone, traccia il bilancio di un anno incredibile. E definisce le priorità di una scuola che dovrà essere in grado di rispondere alle esigenze di domani.

Prove di ripartenza a scuola

Il Consiglio dei Ministri ha stabilito che dal 7 aprile riapriranno gli asili nido, le Elementari e le Prime Medie anche per le regioni in zona rossa. Per i successivi gradi di istruzione si rientra a singhiozzo: metà in aula e metà a casa a turno, si salirà fino al 70% in base all’andamento dei contagi.

“La scuola è pronta – ha affermato Monica Fontanae tornare a scuola rappresenta una priorità. Bisogna farlo in sicurezza e con una cornice chiara che riguardi anche i trasporti e il tracciamento”.

Didattica a distanza (Foto: Imagoeconomica / Carlo Lannutti)

Negli ultimi giorni di marzo c’è stata maretta intorno alla possibilità di riaprire le scuole per un paio di giorni (30 e 31), prima di richiuderle nuovamente giovedì 1 aprile per le vacanze di Pasqua.

“La provincia di Frosinone ha registrato numeri importanti nella curva dei contagi. Questo ha giustificato le ordinanze dei Comuni per non pregiudicare i ventuno giorni che abbiamo fatto di zona rossa. Due giorni hanno rappresentato un ulteriore sacrificio alle famiglie e agli alunni, ma che come detto sono stati necessari per non pregiudicare il sacrificio fatto in precedenza.

Risposte nuove, scuola vecchia

 “All’inizio della pandemia siamo stati scaraventati in una situazione ignota e c’è stato bisogno di una totale riorganizzazione degli spazi e dell’aspetto didattico – ha sottolineato il dirigente scolastico – Una situazione che ha fatto emergere anche i limiti legati alle scuole vecchie e agli spazi non idonei”.

La scuola, per la dirigente scolastica, ha risposto presente.

“Complessivamente le scuole, seppur in mezzo a molteplici difficoltà, hanno avuto la capacità di organizzarsi velocemente rispondendo in maniera solida alla situazione. Se la pandemia ha modificato quella scuola fondata sullo scambio di relazioni, noi non ci siamo soltanto adattati, ma abbiamo sperimentato nuovi modelli pedagogici e di apprendimento. Fermo restando il fatto che per me la scuola resta quella in presenza”.

Foto: Sergio Oliverio / Imagoeconomica

Tra le problematiche acuite dall’emergenza sanitaria c’è quella che riguarda le disparità in termini sociali. Chi ha più disponibilità economica può permettersi un computer o un tablet più performanti, probabilmente ha la fibra. Cose che non sempre sono alla portata di tutti.

“Questa situazione, soprattutto con la didattica a distanza, ha messo in evidenza le disuguaglianze sociali in maniera più forte. Tra connessioni lente, spazi stretti in casa e mancanza di strumenti. Questo punto, guardando l’altra faccia della medaglia, ha accelerato però un altro processo: quello che ci ha permesso di conoscere delle realtà che in presenza si potevano solo immaginare”.

Quando la politica se ne infischia

La parola scuola nella dialettica politica fa spesso il paio con la parola priorità. Nei fatti è stato così? Monica Fontana non ha dubbi. “Negli anni non è stato così. Spero che il nuovo corso del ministro Bianchi dia un impulso positivo al sistema attraverso gli investimenti. Negli ultimi trent’anni tutta la politica che ha riguardato la scuola è stata una fatta di riforme organizzative, ma sulla scorta di taglio importante delle risorse”.

E il confronto con altre realtà europee è impietoso. Stando a uno degli ultimi rapporti Eurostat, in estrema sintesi, l’Italia investe il 4% del Pil in formazione. Circa un punto percentuale in meno rispetto alla media europea (4,9%). Molto meno di quanto investito da Danimarca (7%), Svezia (6,5%) e Belgio (6,4%).

Foto: Saverio De Giglio / Imagoeconomica

Rispetto al resto dell’Europa qui si investe molto meno. Bisogna capire, però, che investire sulla scuola e sull’istruzione vuol dire puntare sugli adulti di domani e, quindi, sui cervelli che saranno in grado di trovare soluzioni per le sfide future.

Dalla parte dei ragazzi

Irresponsabili, incoscienti, menefreghisti. Si è fatto molto presto a puntare l’indice contro i ragazzi. In un’eterna lotta generazionale. Monica Fontana non ci sta. “Li ringrazio perché sono stati molto più responsabili degli adulti rispetto alle prescrizioni – ha spiegato – Non me la sento proprio di etichettare i ragazzi o di puntare l’indice contro di loro“.

I segmenti che stanno pagando di più la pandemia sono proprio i bambini e i ragazzi. Proprio per il discorso relativo alle relazioni. Non possiamo immaginare di tenere a lungo questa condizione. Dobbiamo, quindi, trovare le strade per permettere loro di tornare a una socialità sicura. E da parte loro hanno tutto il diritto di pensare che gli adulti siano in grado di farlo”.

SFoto: Vince Paolo Gerace / Imagoeconomica

La sicurezza è l’aspetto fondamentale in questo momento storico e prevenire è fondamentale. La Regione Lazio, a tal proposito, ha prorogato fino al 30 aprile 2021 la campagna di test antigenici presso i drive-in per gli studenti delle superiori. Lo screening è volontario e gratuito.

“Auspico che i ragazzi delle superiori approfittino di questa possibilità prima di rientrare. Noi come organizzazione, per quanto riguarda sia il primo che il secondo ciclo di istruzione, chiederemo alle famiglie e agli studenti di tornare a scuola con un’autocertificazione qualora non ci fosse il tampone”. (Leggi qui il prof D.H. Toro: Covid-19, non parliamo male della scuola).