La sfida Cisl ai tre candidati per le Regionali

Tra una settimana verrà presentata l'Agenda Cisl per il Lazio: a un mese dalle Elezioni regionali 2023 e alla presenza dei candidati alla presidenza. Cosa si legge tra le righe dell'Agenda. L'allarme per gli impiegati di banca. Cassino senza futuro. Mai più casi Catalent. Lazio a velocità diverse

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Sporcatevi le mani” raccomandò Papa Francesco ad alcuni studenti romani all’inizio dell’estate 2016. Sta tutto qui il significato dell’iniziativa messa in campo dalla Cisl regionale del Lazio. Che ha prima scritto un’agenda densa di impegni e poi ha convocato i candidati a diventare Governatore del Lazio. Per dirgli che quell’agenda è anche la loro.

L’agenda Cisl per il Lazio sarà presentata giovedì 12 gennaio: un mese prima delle Elezioni regionali 2023. È la piattaforma programmatica che raccoglie le istanze di tutti i territori. Per questo al suo lancio saranno invitati anche i tre principali candidati alla presidenza della Regione: Alessio D’Amato (Centrosinistra), Francesco Rocca (Centrodestra) e Donatella Bianchi (Movimento 5 Stelle). 

Enrico Coppotelli, segretario generale della Cisl Lazio, chiede intanto alle forze politiche «concretezza, responsabilità e apertura al protagonismo sociale, indicando che l’obiettivo deve essere quello di definire la Regione del futuro». Persona al centro, contrattazione, valore del lavoro pubblico, giustizia sociale, investimenti, infrastrutture, Pnrr, «ma soprattutto – sottolinea Coppotelli – il confronto».

Sei missioni

Parte ovviamente tutto dalle sei missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza: Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Sono le missioni che raggruppano le sedici componenti del Pnrr, a loro volta suddivise nei progetti di investimento.

«Con i candidati – dice il segretario regionale della Cisl – ci saranno chiaramente punti nodali e focali di quella che sarà l’impostazione del nuovo Lazio in termini di economia circolare, mobilità sostenibile, ambiente, trasporti, ma soprattutto di digitalizzazione della Pubblica amministrazione».

Se ne parlerà con i candidati

I candidati alla Regione Rocca, D’Amato e Bianchi

Quello del 2022 è stato un duro banco di prova per il sistema produttivo ed economico del Lazio. Coppotelli, tra l’erosione del mondo del lavoro, lo ha definito «un anno inedito, durante il quale anche la nostra regione è stata investita da questa fase ancora una volta insolita». Nel 2023, di fatto, ci saranno meno occupati nel Lazio. La Cisl, pertanto, invoca maggiore attenzione su sanità, scuola, sicurezza del lavoro e sistema bancario.

«La nostra regione cresce meno rispetto a tante altre – rileva Coppotelli -. Chiediamo un osservatorio regionale sul credito per riuscire a governare questi processi». Contro la crisi economica, che sta portando a un’ulteriore crescita delle diseguaglianze, viene proposto un ruolo sociale delle banche.

Negli ultimi dieci anni, però, il personale bancario si è ridotto sensibilmente nel Lazio. Senza parlare degli ottocento sportelli chiusi nel giro di un anno. «Inizia a esserci anche un senso di abbandono soprattutto nelle province del Lazio, nei territori periferici della nostra regione», interpreta il segretario regionale della Cisl.

La Valle dei No

Un’area del Sin della Valle del Sacco

Ma soprattutto, a detta di Enrico Coppotelli, «non deve essere la Valle del Sacco dei No». E argomenta: «Bisogna capire come velocizzare gli iter attuativi. La loro semplificazione è una battaglia della Cisl. Non si parla certo di aprire le porte a chiunque voglia investire, anche senza il rispetto delle regole. Bisogna recepire quelle che sono le esigenze delle imprese. Il Caso Catalent è stato solo quello più eclatante, ma ce ne sono tanti in piedi».

Arrivando fino al sud della provincia di Frosinone, invece, si assiste all’ennesima fase cruciale per Stellantis Cassino: la neo cinquantenne Fiat di Piedimonte San Germano. «La sua importanza e centralità deve essere sempre maggiore – così il segretario della Cisl Lazio -. È la più grande impresa manifatturiera del Lazio, nessuna ha i suoi numeri».

Ma, oltre ai particolari modelli di auto e ai loro alti costi di produzione, Coppotelli fa un’altra considerazione: «Stellantis non può essere lasciata da sola a decidere. La Cisl ha sempre sostenuto che anche la Regione debba avere prioritariamente un tavolo, che diventerebbe automaticamente quello del Basso Lazio. Ma non deve essere il consueto tavolo di crisi bensì di sviluppo. Oltre a capire come aiutare, anche pensare a come sviluppare». (Leggi qui Il 2022 dell’industria e poi qui Coppotelli: “Tutti i nodi della crisi nel 2023”).

Agenda, Banche, Competenze

Enrico Coppotelli, segretario generale della Cisl Lazio
Segretario, cosa emerge dall’agenda Cisl? Come deve essere la Regione del futuro?

«È un’agenda venuta fuori dai territori del Lazio, dalle province oltre che da Roma Capitale, sia dal settore pubblico che da quello privato, in tutti gli ambiti lavorativi. È questa l’impostazione che abbiamo voluto dare come termine di partecipazione. Crediamo che un’organizzazione sindacale riesca a migliorare le condizioni attuali del mondo del lavoro, attraverso la partecipazione. Altrettanto sarà richiesto alla Regione Lazio che si verrà a costituire dopo il 13 febbraio».

Volete un ruolo sociale delle banche. Questo è il territorio in cui la Banca Popolare del Cassinate è riuscita a registrare una crescita del 66%, confermandosi la più solida tra le Popolari a livello nazionale. Ma poi ci sono anche gli ottocento sportelli chiusi negli altri istituti…

«Sono mesi che sollecitiamo la Regione ormai uscente a creare un Osservatorio regionale sul credito. In questa fase, dove non mancano di certo le risorse visto che il Pnrr ne investe di importantissime, avere un sistema creditizio più aperto può generare un effetto moltiplicatore. Può migliorare la qualità delle imprese che vogliono investire sul territorio, ma anche di chi vuole accedere al credito per qualsiasi tipo di esigenza. Il ruolo sociale delle banche deve diventare fondamentale come lo è già in altri contesti regionali. Aiutano a comprendere l’andamento».

La Cisl ha deciso di non parlare del lavoro precario. Perché?

«Noi stiamo cercando di non raccontare il lavoro povero, mal pagato, “non qualificato”, perché pensiamo che sia un effetto di una formazione che non funziona. Se si pensa e dice che un lavoratore può essere sostituito, si parla di bassa professionalità. Noi crediamo invece che è proprio attraverso la qualificazione dei lavoratori che si può creare anche quella forza anche dal punto di vista lavorativo sulla propria figura professionale».

La Regione Lazio che verrà

Il Palazzo della Pisana, sede della Regione Lazio
Cosa vi aspettate dalla Regione Lazio che verrà?

«Noi ci aspettiamo che il nuovo Presidente possa intraprendere un percorso di confronto costante e continuo con le organizzazioni sindacali. Nel momento in cui c’è il confronto, soprattutto la possibilità di essere protagonisti nel mondo del lavoro, sicuramente anche la gestione della cosa pubblica diventa più agevole e consapevole. Credo in questa regione di tutto si abbia bisogno tranne che continuare a commettere errori. Penso che il confronto possa essere il lievito di un nuovo corso».

Quale sarebbe l’errore più grande commesso sinora nel Lazio?

«Si sono sempre subiti i processi, invece in questa fase bisogna anticiparli e fare pianificazioni a trecentosessanta gradi. L’Osservatorio delle Camere di commercio del Lazio ci dice che c’è un disallineamento dal punto di vista formativo. Si è arrivati al punto di sentire dalle imprese che manca il personale e dall’altra parte che non si trova lavoro. Sembrano due rette parallele che rischiano di non incontrarsi mai. Gioco forza, possono invertire la rotta le imprese che vogliono investire nella formazione o lo hanno già fatto. Dove non si riesce con le proprie risorse, però, un’apertura di credito è sicuramente molto importante».

Luigi Sbarra, leader nazionale della Cisl, ha apprezzato l’impegno del Governo Meloni a modificare la Legge di bilancio 2023 con le vostre proposte emendative: incremento dell’indicizzazione delle pensioni, estensione dell’ulteriore punto sul cuneo fiscale e innalzamento dell’esonero contributivo per stabilizzazione e assunzioni di giovani e donne. Che ne pensa lei della legge di bilancio? 

«Non può essere promossa a pieni voti, ma neanche bocciata completamente. Sicuramente ci sono state misure corrette e migliorative. Il grande apporto della Cisl si è concretizzato anche nel non scioperare ma continuare a stare al tavolo e fare proposte. Il 12 gennaio ci sarà un tavolo aperto su Salute e Sicurezza, il giovedì seguente si inizierà a ragionare sulle pensioni. È chiaro che un Governo in carica da poche settimane non potesse fare riforme strutturali e risolvere problemi atavici del nostro Paese».

Dall’Italia al Basso Lazio

Il Governo Meloni al Quirinale
Quali sono le principali criticità della manovra finanziaria?

«Una legge di bilancio in Italia non può che restare bloccata dai venti miliardi impegnati esclusivamente nella sterilizzazione dei costi energetici. Il comportamento responsabile sulla manovra, inoltre, ha creato anche delle frizioni con gli altri Sindacati. Si può procedere soltanto attraverso il dialogo, anche il rispetto delle proposte degli altri».

Ecco, il dialogo. Il segretario Sbarra ha detto di volere «un grande cantiere nazionale di corresponsabilità». Come vuole che sia il cantiere regionale?

«Pensiamo che la strada giusta sia la partecipazione. Soltanto la Cisl del Lazio rappresenta oltre trecentomila lavoratori, credo che abbia contezza delle potenziali proposte ma soprattutto di un eventuale rischio. I dati socioeconomici non ci dicono che il 2023 sarà sicuramente un anno migliore dell’anno precedente. Non vorremmo che si acuiscano ancora di più le distanze con chi ha avuto già grosse difficoltà nel 2021 e nel 2022».

Come vede, invece, la situazione nel Basso Lazio?

«Anche i territori di Frosinone e Latina stanno iniziando a ragionare fortunatamente insieme in tantissime situazioni. I dati del Basso Lazio, però, ci dicono che sta andando più verso i numeri del Mezzogiorno che quelli del Centro Italia. Se si ragiona sempre di più da Basso Lazio, non più da Province distinte, è sicuramente un dato da rilevare con forte interesse».    

Catalent e i suoi fratelli

Catalent di Anagni
Il suo personalissimo punto di vista sul Caso Catalent? Come evitare un altro mancato investimento di cento milioni di euro per eccesso di burocrazia? Come vorrebbe che fosse la nuova industria del Lazio?

«Abbiamo bisogno di una Pubblica amministrazione che dia certezze e trasparenza. Sui tempi, sulle regole, sulle iniziative imprenditoriali. Quello accaduto alla Catalent di Anagni è il caso più eclatante di investimento saltato ma purtroppo ce ne sono tantissimi altri. Se c’è chi vuole investire su questo territorio, non possono esserci resistenze di tipo burocratico dall’altra parte. Crea anche un effetto scoraggiamento a livello imprenditoriale e lavorativo. Abbiamo visto che nella Valle del Sacco le imprese devono bloccare continuamente le produzioni per mancato rispetto dei requisiti. Bisogna comprendere il limite tra il rispetto dell’ambiente e dell’industria».

A rimetterci immediatamente sono i lavoratori, che finiscono in cassa integrazione se non vengono addirittura licenziati. Cosa deve cambiare nel Sin della Valle del Sacco?

«Il Sito di interesse nazionale deve diventare un’opportunità per disinquinare, ma senza trincerarsi dietro al fatto che non si possa fare nulla per via delle perimetrazioni o altro. Se si chiede a gran voce l’economia circolare, si deve anche chiudere il ciclo dei rifiuti. La soluzione non è sicuramente quella trovata finora. Chi vuole investire non deve trovare una burocrazia ostile e dall’altro lato è fondamentale avere un’idea di sviluppo completamente diversa».

Unindustria Frosinone lamenta un forte clima antindustriale e difende l’industria sana. In Ciociaria, per il principio di precauzione, c’è chi dice No a biodigestori e altri impianti di trasformazione dei rifiuti in energia. Che ne pensa?

«Negli anni abbiamo pagato la presenza dei “Professionisti del No”. Sono quelli che hanno detto No al gas, alla termovalorizzazione, al nucleare. Purtroppo questi No, soprattutto dopo l’invasione della Russia in Ucraina, hanno portato a far venir fuori la nostra dipendenza dal gas dell’Est Europa come da quello del Nord Africa. Tutto questo ha bloccato un processo che non ha potuto consentire neanche un miglior condizione nella nostra regione».

La cattiva reputazione

Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri
Spiccano pure i No al programmato termovalorizzatore di Roma…

«Questo fa capire quanto si sia ancora indietro, malgrado la Capitale soffra un alto tasso di indifferenziata. Significa non comprendere che la gestione dei rifiuti non può essere fatta ancora in un certo modo. È anche una Bad reputation e una cattiva reputazione non fa bene a nessun territorio. Il problema è ormai semplice da risolvere, non serve arrivare nel Nord Europa, basta menzionare l’Emilia-Romagna e il Trentino Alto Adige, la regione più ambientalista che ci sia. All’ingresso di Bolzano, la città più green d’Italia, c’è un termovalorizzatore. I No sono fortemente limitanti rispetto allo sviluppo del Lazio».

Cosa si sente di dire ai Comitati del No?

«Innanzitutto vorrei far presente che spesso sono più o meno come un condominio di un piccolo centro urbano. Il senso del protagonismo sociale deve essere anche misurato in funzione di quanto si rappresenta. Se il No a una qualsivoglia opera arriva da due o tre persone, diventa più un interesse individuale che collettivo. L’impegno della Cisl è proprio quello di porre gli interessi individuali nel contesto collettivo. È un danno grave quello di continuare a dire sempre No senza avere nessuna soluzione alternativa».

Qualche altro esempio emblematico di “No boomerang”?

«In pochi sanno, ad esempio, che Latina è uno di quei territori in cui ai tempi di Mattei nacque una centrale nucleare. Pensiamo ora a quanto avrebbe potuto far crescere il territorio. Non è che si è scelto di non decidere, si è deciso di andare proprio da tutt’altra parte, anche lasciando proliferare il malaffare della criminalità organizzata». (Leggi qui: La centrale nucleare che fece la città).

Un’altra crisi di Stellantis

Stellantis Cassino
Spostandoci invece a Cassino, la grave situazione lavorativa di Stellantis è sotto gli occhi di tutti. Oggi i lavoratori sono meno di tremila. Pensa che la svolta storica possa essere segnata dal Cluster della mobilità sostenibile, al servizio da Vallelunga, e dalla Giga factory cassinate di Power4Future?

«Oggi a Cassino non ci sono prospettive di crescita e sviluppo. È una fase in cui è molto bello pensare alla mobilità sostenibile, ma dobbiamo cercare anche e soprattutto le professionalità dei dipendenti. Davanti a una mobilità sostenibile, che potrebbe ridurre il numero delle vetture e ridimensionare lo stabilimento di Piedimonte San Germano, il rischio più serio e concreto è che si assottigli ancor di più il numero dei dipendenti. Noi possiamo intervenire con la nostra Federazione dei metalmeccanici nel momento in cui c’è un piano industriale che dica chiaramente dove allocare i modelli, quali motorizzazioni realizzare e dove investire. Altrimenti resta una “guerra tra poveri” con Melfi e Pomigliano».

Eletto segretario provinciale della Cisl Frosinone ad appena 35 anni, poi promosso e confermato al regionale. Cosa si porta dietro?

«Per me ogni giorno è una nuova sfida. Dietro ci deve essere sempre profondo studio e impegno, ma soprattutto un largo confronto. In tutte le esperienze fatte a livello territoriale è stato sempre fondamentale il confronto con le altre persone: dal lavoratore all’imprenditore fino ad arrivare all’amministratore pubblico e al politico. C’è sempre la possibilità di crescere, ma quella crescita va sempre riversata nei confronti delle persone che ce la fanno meno degli altri».

C’è un’esperienza che l’ha segnata?

«Non ce n’è una in particolare, ma voglio riportare la speranza trasmessa principalmente da tre categorie. È la speranza che ti chiedono e danno i giovani che non hanno un’occupazione e non possono cogliere le sfumature del loro futuro. Rispondiamo con i campi scuola in cui incontriamo ragazzi, provenienti da tutte le parti del Lazio e tutti i contesti sociali, alla ricerca di un’opportunità. I decisori devono occuparsi non solo di chi cerca occupazione ma di chi vuole migliorare la propria occupazione, come i laureati che fanno lavori non propri del loro skill professionale».

Giovani, pensionati, esodati

Foto Riccardo Squillantini © Imagoeconomica
A quali altre categorie pensa?

«Poi ci sono i pensionati, che oggi ci chiedono più opportunità di svago, cura e assistenza. Un pensionato che scende per strada a Roma trova un mezzo pubblico che lo porta dove vuole, ma in nessuna parte della provincia di Frosinone si può dire lo stesso. Si assiste ancora ai viaggi della speranza per andarsi a curare in altre parti d’Italia. Dobbiamo dare la possibilità a tutti di avere un’opportunità, anche a chi è rimasto senza lavoro ed è di fatto tagliato fuori».

Siamo lo Stato dell’assistenzialismo. Cosa propone invece la Cisl?

«L’ammortizzatore sociale, come nel noto caso dell’ex Videocon di Frosinone, è sempre stata l’unica possibilità per continuare a sopravvivere. Anche in quel caso, però, la Cisl aveva elaborato politiche attive per ricollocare le persone rimaste senza lavoro. L’ammortizzatore di tipo risarcitorio crea drammi sociali sotto tantissimi punti di vista. Ci si sente inutili, non si riesce a dare risposte alle proprie famiglie, genera un caos sociale incredibile».

Quale politica attiva del lavoro avevate proposto?

«La ricollocazione in alcune industrie del territorio con tanto di maggiorazione rispetto al sussidio che percepivano. Purtroppo non abbiamo incontrato tanta disponibilità in tal senso da parte della Regione Lazio, con tutta probabilità perché ci si è avviluppati nelle classiche pastoie burocratiche. Io credo che una persona riesca a trovare cittadinanza nel momento in cui percepisce un reddito ma legato a un’attività lavorativa».

Politiche attive del non lavoro

Foto © Imagoeconomica, Vince Paolo Gerace
Non crede che il reddito di cittadinanza, oltre che un sussidio per i poveri assoluti, possa diventare per davvero una politica attiva del lavoro?

«Dare un Reddito soltanto perché si è cittadini di un Paese può generare una serie di storture, a partire dalla mancanza di opportunità per i percettori di potersi riallocare. Secondo noi ci dovrebbe essere più connessione tra collocatore pubblico e collocatore privato, tra Centro per l’impiego e Agenzia per il lavoro. C’è un abisso rispetto alle persone collocate dalle agenzie interinali. Significa che non è che non ci sia il lavoro, è che i Centri per l’impiego sono stati svuotati di una serie di prerogative e formati da dipendenti senza un’adeguata formazione e una possibilità di azione anche per loro nel mondo del lavoro».

Cosa c’è scritto tra le righe dell’Agenda Cisl 2023 per il Lazio?

«Che, dove c’è bisogno di solidarietà, la Cisl dovrà continuare a esserci e ci sarà. Stanno continuando ad aumentare il numero dei nostri iscritti ed è indicativo, riconoscono alla Cisl di saper intercettare i loro bisogni ma non solo: anche risolvere i loro problemi. Questo resta il focus principale».

Fino a quando ci sarà bisogno del Sindacato?

«Dico sempre che un bambino che nasce in una provincia del Lazio deve avere le stesse opportunità di un bambino che nasce a Roma. Quando colmeremo questo gap, avremo fatto il nostro lavoro».