La sfida tra cardinali all’ombra di Bonaccini e Borgonzoni

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La sfida dietro la sfida. Oltre alla corsa tra Bonaccini e Borgonzoni per le Regionali in Emilia Romagna c'è il confronto tra i due modelli di chiesa. Quello dei cardinali Ruini e Zuppi. Sganciato dalle elezioni. Ma ugualmente collegato.

Ascanio Anicio

Esperto di tutti i mondi che stanno a Destra

Non c’è solo la sfida Bonaccini – Borgonzoni. In Emilia è in corso anche il confronto tra i cardinali Camillo Ruini e Matteo Maria Zuppi. E le elezioni non c’entrano: ma solo in apparenza. In realtà c’entrano e molto: per le conseguenze che determineranno sullo scenario politico nazionale.

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi © Imagoeconomica / Stefano Carofei

A confrontarsi, in parallelo ai candidati alla guida della Regione Emilia Romagna, sono i modelli di Chiesa proposti dai due eminentissimi cardinali. Molto diversi: Matteo Maria Zuppi è per un cattolicesimo ed una Chiesa di ampio respiro, che tenga conto della pastorale dell’accoglienza targata Jorge Mario Bergoglio e di tutte le svolte apportate da questo pontificato; Camillo Ruini – lo ha fatto capire con l’intervista rilasciata al Corriere della Sera – è per una Chiesa ed un cattolicesimo “ratzingeriani“, cioè centrati sulla tutela dei valori non negoziabili. E magari per lo più disinteressata ai fatti della politica.

L’incrocio curioso

L’incrocio, che è curioso perché anche territoriale, fa sì che la Chiesa “zuppiana” possa essere accostata con facilità al centrosinistra. La Chiesa “ruiniana” ha domandato con spirito palese di tenere aperto un canale con la Lega di Matteo Salvini.

Il “ruinismo” ha fatto scuola nel ventennio passato. E il centrodestra, in specie ai tempi dei governi Berlusconi, ha sempre applaudito. Lo “zuppismo” è appena nato. Nel caso in cui davvero Papa Francesco volesse affidare la presidenza della Cei all’arcivescovo di Bologna (negli ambienti se ne parla, soprattutto per via dell’età dell’attuale presidente, il cardinal Gualtiero Bassetti), la nascita sarebbe condita da un trionfo.

Il Cardinale Camillo Ruini © Imagoeconomica / Alessandro Paris

Quando il cardinal Camillo Ruini ha svelato al Corriere di immaginare una Chiesa in grado di costruire ponti con il salvinismo, il leader del Carroccio si è detto commosso. Poco dopo quella fase, è emersa una notizia inaspettata: il neo cardinale Matteo Maria Zuppi, che è originario di Trastevere e che si è formato nella Comunità di Sant’Egidio, ha chiesto ed ottenuto d’incontrare l’ex ministro dell’Interno. Qualcuno ci ha letto una mossa precisa: il porporato ha voluto evitare che Ruini fosse l’unica sponda di Salvini nelle istituzioni cattoliche, ma tra lo “zuppismo” e il “salvinismo” persiste una distanza siderale. E gli elettori emiliano-romagnoli lo sanno bene.

L’incrocio territoriale

Incrocio territoriale, dicevamo. Matteo Maria Zuppi è romano, ma Bologna è la sua patria adottiva: Papa Francesco lo ha incaricato in quella diocesi nel 2015, dopo l’addio per limiti anagrafici raggiunti del cardinal Carlo Caffarra, un notissimo conservatore, ora deceduto, che aveva anche firmato i dubia su Amoris Laetitia assieme ad altri suoi tre “colleghi” tradizionalisti.

Quella bolognese è una realtà particolare: Caffarra era il successore di Giacomo Biffi, un altro che non ha mai difettato per conservatorismo. Pare, stando ad un racconto pubblicato su Il Resto del Carlino da Francesco Grana, che Benedetto XVI, nel corso del Conclave in cui è stato eletto pontefice, avesse votato con continuità per Biffi.

Biffi, Caffarra e Zuppi: la nomina di Bergoglio ha spezzato una certa continuità dottrinale, regalando alla diocesi un afflato progressista. Camillo Ruini, d’altro canto, è originario di Sassuolo, nel modenese, ma ha fatto di Roma il suo quartier generale. L’Urbe è la città da cui Ruini ha gestito lo spinoso “caso Englaro“, che per l’ala cattolica del centrodestra rimane un capolavoro di cooperazione tra forze politiche e soggetti curiali.

Chi guarda chi

Stefano Bonaccini © Imagoeconomica / Alessia Mastropietro

Non sappiamo se Zuppi guardi a Bonaccini, ma è abbastanza semplice constatare come Stefano Bonaccini non possa guardare con troppo favore il “ruinismo” e viceversa. La medesima considerazione, ma capovolta, vale per Lucia Borgonzoni, che deve confidare nelle forze guelfe per staccare un biglietto per la presidenza della Regione. La Lega in Emilia è chiamata a fare quello che le sta riuscendo bene: attrarre i voti dei moderati. E il ponte costruito da Ruini con quanto dichiarato a Il Corriere può rappresentare una scorciatoia niente male.

Zuppi in questi mesi è stato tutt’altro che fermo: prima l’arcivescovo ha scritto un libro contro l’odio – “Odierai il prossimo tuo come te stesso“, che è edito da Piemme, che è stato condiviso con il giornalista Lorenzo Fazzini e che si inserisce a pieno titolo nella narrativa anti-populista. Poi ha avallato il documento dell’episcopato della regione interessata dall’appuntamento elettorale di domenica.

Un testo – quello dei vescovi emiliano-romagnoli – che sembra fungere da barricata nei confronti di una vittoria leghista. In gergo si chiama “nota pastorale“, ma dentro si può leggere quanto segue: “Desideriamo sottolineare – scrivono e firmano i presuli – che è solamente il principio di fraternità che riesce a far stare assieme libertà e uguaglianza. In una società bensì giusta, ma non fraterna, la democrazia, prima o poi, cede il passo alle tante forme, oggi ritornate di moda, di sovranismi e populismi. Non possiamo tollerare che ciò abbia a realizzarsi nella nostra Emilia-Romagna“.

Pastorale e politica

Ci sarà la pastorale, ma c’è anche parecchia politica in senso alto. Salvini non ha reagito male, ma non leggere nel documento citato un’indicazione elettorale esclusivista è abbastanza complesso.

Matteo Salvini © Imagoeconomica, Marco Cremonesi

Quella tra Zuppi e Ruini, considerati tutti questi aspetti, come può non essere una sfida nella sfida? Un bolognese di Roma ed un romano di Modena assisteranno con attenzione allo spoglio. Poi sarà la volta delle analisi stratigrafiche sul voto dei cattolici: pure quelle sono attesissime. Pure perché Salvini, poco dopo l’uscita dal canape della “nota pastorale”, si è esibito così: “Con la consapevolezza che i cattolici voteranno per me, condivido totalmente l’appello dei vescovi della regione per una campagna elettorale positiva e costruttiva, che è quella che sto facendo io, a differenza di quella della sinistra“.

Se la maggior parte dei cattolici dovesse davvero votare per la Borgonzoni e per il centrodestra, allora il “ruinismo”, che con Bergoglio ha una valenza quantomeno ridotta, diventerebbe autore di un colpo di coda. Se, al contrario, i cattolici dovessero optare per Bonaccini, allora lo “zuppismo” proseguirebbe nella sua marcia a vele spiegate. E questo prescindendo dalle velleità elettorali di entrambe, che non sono note e che non lo saranno.

La Chiesa di domani

Che tipo di Chiesa cattolica sarà quella italiana da qui ai prossimi anni? Sembra assurdo dirlo, ma può dipendere anche da questo confronto.

Papa Francesco © Gristian Gennari / Imagoeconomica

Zuppi, per osare con gli schematismi, guida metaforicamente i normalisti, quelli che pensano che le aperture di questi ultimi sette anni e mezzo, la pastorale sui migranti e la lotta al clericalismo di Francesco abbiano solo ragioni ottimali per esistere. Ruini, sempre metaforicamente, coordina una frangia più ristretta, che in Emilia Romagna è ben riassunta dalle posizioni conservatrici di un ex arcivescovo, monsignor Luigi Negri, che il Papa non ha confermato alla guida di Ferrara-Comacchio, sostituendolo con monsignor Perego, anche detto “vescovo dei migranti”. Sarà stato un caso? Chissà.

Di certo in questa storia c’è poco. Tra le certezze c’è questa: agli “zuppisti” il sovranismo non piace. Ai “ruiniani” piace eccome.

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