La soluzione spagnola e quella di Laura

Continua il totonomi per Quirinale e presidenza del consiglio. La prima mossa però spetta al Pd ed Enrico Letta deve evitare una frattura con una parte di parlamentari indicati da Renzi e una nutrita schiera di esponenti della direzione che rispondono a Zingaretti. I messaggi dalla Spagna. La rott di Laura Boldrini

Due segnali: uno dall’Europa ed uno dall’Italia. Entrambi riguardano Silvio Berlusconi e la sua scalata al Quirinale. Il segnale europeo lo ha lanciato in mattinata il deputato spagnolo del Partito Popolare Europeo Antonio Lopez. Lo ha fatto con un’intervista al quotidiano di famiglia del Cav. Dichiarando tra le altre cose: “Non fatevi intimidire dagli atteggiamenti della sinistra. Con il Cavaliere al Quirinale e Draghi al governo il vostro Paese incrementerebbe la leadership internazionale”. L’accoppiata Berlusconi presidente e Draghi premier per il parlamentare spagnolo renderebbe l’Italia “imbattibile” e “la promuoverebbe ancora di più” facendola diventare “Paese leader”.

Evviva Espana

Antonio Tajani con Silvio Berlusconi Foto © Daina Le Lardic / Imagoeconomica

Tanto basta per alimentare il dibattito interno. L’intervista viene usata dai referenti forzisti che per l’intera mattinata la rilanciano elogiandola come esempio di saggezza e lungimiranza.

Ad aprire il coro è il senatore Maurizio Gasparri, componente del Comitato di Presidenza di Forza Italia. Sostiene che “Le belle e realistiche parole del segretario del Ppe Lopez dimostrano come il nostro leader abbia una caratura internazionale fondamentale per l’Italia in questo momento”. A stretto giro arriva la voce della deputata azzurra Erica Mazzetti che elogia la “qualità innata di Silvio Berlusconi nel coltivare le relazioni, soprattutto con i grandi attori globali. Una qualità che si fonda sulla competenza ma anche sull’umiltà e l’ascolto”. Dai microfoni di SkyTg24 arriva il giudizio del sottosegretario alla Giustizia e deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto. Per lui “Berlusconi è un leader unico, capace di dettare le regole della politica forte dell’enorme consenso ricevuto. Lui al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi formerebbero una coppia perfetta, fatta di due goleador di razza“.

Silvio Berlusconi ringrazia magnanimo con una nota d’agenzia. Alla quale fa seguito da Viterbo il senatore Francesco Battistoni. “Sono estremamente realistiche le parole del segretario del Ppe Antonio Lopez, che auspica l’elezione di Silvio Berlusconi alla presidenza della Repubblica“. Più convinto Raffaele Nevi, vice presidente dei deputati di Forza Italia. A suo giudizio le parole di Antonio Lopez “troncano definitivamente le bugie che descrivono uno scenario di caduta di credibilità internazionale in caso di elezione di Berlusconi a presidente della Repubblica. Tutti sanno che tutto ciò viene fatto circolare ad arte da una parte della sinistra”.

La rotta di Laura

Laura Boldrini. Foto: Livio Anticoli © Imagoeconomica

Un segnale dal centrosinistra arriva dalla pagina Facebook dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini. Chiede al parlamento di eleggere un Presidente della Repubblica nel solco dell’eperienza di Sergio Mattarella.

Scrive Laura Boldrini che “Nel 2013 il M5s decise di non votare Prodi, nonostante il suo nome fosse uscito nelle ‘quirinarie’, per continuare il suo splendido isolamento e la campagna anti-casta. Si assunsero una grossa responsabilità perché, insieme a settori consistenti del Pd che voltarono le spalle a Prodi, impedirono quel cambiamento tanto richiesto nel Paese“.

Il giorno in cui Napolitano venne rieletto, per me resta indimenticabile l’immagine di Montecitorio circondato da persone che gridavano ”Rodotà, Rodotà” e impedivano alla mia macchina e a quella di Piero Grasso di raggiungere il Quirinale.Urlavano anche ”Vergogna, vergogna!” in modo minaccioso. Io, giunta nell’istituzione parlamentare da appena un mese, non mi ero mai sentita tanto a disagio. Furono giorni assai complicati, dentro e fuori l’aula di Montecitorio”.

Nel 2015 l’elezione di Mattarella avvenne invece senza forti tensioni, Matteo Renzi, allora presidente del consiglio e segretario del Pd, gestì l’operazione rompendo il patto del Nazareno ma questo non causò reazioni fuori del Palazzo. Fu un’elezione dove nel banco della presidenza c’erano solo donne: io, Valeria Fedeli, presidente vicaria del Senato poiché Piero Grasso era Presidente supplente della Repubblica, la segretaria generale della Camera Lucia Pagano e la segretaria generale del Senato Elisabetta Serafin“.

E anche questa fu una prima volta. Dopo la votazione, chiamai al telefono Sergio Mattarella per comunicargli l’esito e di seguito andai a raggiungerlo alla Corte costituzionale. Lui di fronte ai giornalisti disse poche parole e poi chiosò: ”Può bastare”. Nel pomeriggio andò a deporre una corona alle Fosse Ardeatine. Fu il miglior omaggio alla nostra Costituzione e un gesto coerente con il suo settennato. Mi auguro che nei prossimi giorni riusciremo a non allontanarci da questo tracciato”, conclude Boldrini.

L’attesa di Draghi

Mario Draghi

Domani Mario Draghi parlerà agli italiani per spiegare li misure adottate per fronteggiare l’emergenza Covid in questa fase. Probabilmente si capirà anche se intende restare a Palazzo Chigi proprio per questo motivo. O se invece cercherà la scalata al Colle. Nel frattempo però i partiti sono attivissimi per cercare di capire i successivi scenari.

Nell’ipotesi che Mario Draghi venga eletto presidente della Repubblica, per il ruolo di premier sta avanzando la soluzione di Paolo Gentiloni. Scrive il quotidiano La Stampa: “C’è un grande convitato di pietra al tavolo delle trattative sul Quirinale che si chiama Europa. Ed è anche in funzione di questo protagonista indiscusso della vita politica italiana che, all’interno della maggioranza, e a Palazzo Chigi, chiunque azzardi un’ipotesi su chi potrebbe prendere il posto di Mario Draghi lo fa sapendo che il profilo del probabile premier dovrà rispondere a un doppio impegno con Bruxelles e con i partner europei: sugli investimenti del Next Generation Eu e sui negoziati per cambiare il Patto di Stabilità”.

Il nome per un Governo senza più Draghi e senza più la Lega di Matteo Salvini è quello del commissario europeo Paolo Gentiloni.

Costretti‘ a votare

Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica

Ma è l’analisi del Corriere della Sera a far capire come in realtà i leader politici potrebbero essere “costretti” a votare per Draghi al Quirinale. Analizza il Corriere: “In politica, è noto, le settimane della Verità sono fatte per essere posticipate, ma quelle che entrano sono comunque giornate nelle quali si cominciano davvero a scaldare i motori per la corsa al Colle. 

Martedì il Pd riunisce la segreteria e giovedì la direzione con i gruppi parlamentari. Probabilmente venerdì tocca al tavolo del centrodestra, che ha come prima portata (piatto unico per ora) il tema della candidatura di Silvio Berlusconi. E potrebbe esserci l’assemblea di Coraggio Italia di Luigi Brugnaro, che deve capire se fidarsi e imbarcarsi sulla nave pirata di Italia viva, in riunione permanente, almeno nella mente e nelle mosse di Matteo Renzi che ha stemperato il suo no a Mario Draghi al Colle.

Ancora: prima il gruppo della Camera, e poi l’imprevedibile appuntamento congiunto dei deputati e senatori dei Cinque Stelle, sempre in bilico tra l’essere irrilevanti o determinanti, dato il numero pur sempre prevalente dei loro grandi elettori. E ancora la materia oscura del gruppo Misto, magmatica e quindi mai immobile e dai percorsi quantistici: impossibile sapere insieme, per il principio di indeterminazione di Heisenberg, dove sono ora e a quale velocità si spostano. Ma le grandi manovre sono cominciate, e i nomi ci sono, anche se nessuno li dice ad alta voce, per la paura di restare con il cerino in mano”.

Una galassia talmente frastagliata che rischia di implodere. E poi chi sarebbe a raccogliere i cocci, ammesso che restino almeno i cocci.

Rischio di frattura Dem

Enrico Letta (Foto: Andrea Giannetti / Imagoeconomica)

Ma il Corriere va oltre: “Al Pd tocca in qualche modo la prima mossa. Non ha i voti di altre occasioni, ma ha il compito non scritto di dare le carte per primo, almeno fino a quando il centrodestra continua ad annaspare nelle sabbie mobili del padre nobile. Non è un mistero che la prima scelta del segretario Enrico Letta sia Mario Draghi. Ma non sarà su un nome che chiederà il via libera al suo partito, piuttosto su un percorso che punti ad eleggere un capo dello Stato con una larghissima maggioranza, possibilmente già alle prime votazioni, anche, seppure non solo, per scongiurare gli agguati della variante Omicron.

La scommessa è quella di evitare la frattura tra una direzione figlia della segreteria di Nicola Zingarettie parlamentari scelti dall’allora leader Matteo Renzi. E di contenere appetiti personali di difficile soddisfazione. Al Nazareno sono convinti che l’opportunità Draghi sia unica e irripetibile. Se per disgrazia non si dovesse riuscire a portarlo sul Colle bisognerebbe scongiurare l’ipotesi che rifiuti di restare a Palazzo Chigi.

Deriva certa, si ragiona, se la scelta non cadesse su un candidato di alto livello. Primo tra tutti Sergio Mattarella, che però ha cerchiato di rosso, più volte, il suo no. Giuliano Amato è guardato con rispetto, non scalda i cuori, ma sarebbe difficile vergare un niet se dal centrodestra venisse un endorsement. Poi c’è sempre il rapporto con i Cinque Stelle, con i quali ormai vige il principio della doppia telefonata: la prima con Giuseppe Conte, per non offenderlo, la seconda con Luigi Di Maio, per sapere come stanno le cose”.

E infine: “Silvio Berlusconi non arretra, e con uno che ha fatto Milano 2, Canale 5, un tg alla pari con il Tg1, che ha sconfitto Occhetto e più che pareggiato con Romano Prodi c’è poco da scherzare”. 

In realtà l’unica certezza è che non ci sono certezze.