La Suburra non sta da queste parti

La levata di scudi del Partito Democratico. Che respinge le illazioni. Da Astorre a Fantini, da Buschini a Martini. Il Pd di oggi non è quello della suburra

Il confine tra le macerie della Suburra ed i tempi moderni sta nel percorso compiuto ogni giorno per le strade di Roma da un ragazzino in sella ad uno scooter e quelle girate fuori dall’Urbe da un senatore al volante della sua auto.

La Suburra era la parte sub urbana della Roma antica, con il tempo quell’espressione ha indicato la parte meno visibile della città: quella degli affari condotti nell’ombra, dei patti inconfessabili, delle connivenze indicibili. Una sorta di ‘mondo di mezzo‘ come ebbe a dire in un’intercettazione chi della materia s’intendeva: alla luce il mondo presentabile e per bene, al buio quello dei compromessi; in mezzo chi faceva da tramite.

C’è stato un tempo in cui si è generato un cortocircuito. Nel quale lecito ed illecito si sono mescolati. Il potere si è ubriacato di onnipotenza, la sua manovalanza ha iniziato a prendere il controllo. Non c’è etichetta politica, non ce n’è una sola: ci sono tutte. Le intercettazioni del ‘mondo di mezzo‘ le frasi catturate a Buzzi e Carminati fanno poche e rare eccezioni. Dentro quel sistema di gestione ci sono tutti perché altrimenti si è fuori dal sistema.

La fine della Suburra

Fabrizio Barca. Foto © Alessia Mastropietro / Imagoeconomica

Un’inchiesta della magistratura romana tagliò i fili dell’alimentazione. Fine del cortocircuito. Rimasero solo macerie. Al netto delle sentenze, la Suburra era meno vasta di quanto le cronache dei giornali raccontassero. Ma l’imbarazzo era sufficiente per imporre di azzerare tutto.

Nel 2015 il Commissario del Pd di Roma Matteo Orfini incarica l’ex ministro Fabrizio Barca di mettere a punto una relazione sullo stato delle Sezioni cittadine. Il report che ne deriva è impietoso: “una sezione su quattro è infetta“, alcune esistono solo sulla carta, le tessere si comprano a pacchetti; il Partito ha smesso di essere il terminale degli sfoghi e del malcontento della gente. Ora “lavora per gli eletti anziché per i cittadini e subisce inane le scorribande dei capibastone“. 

In quel periodo inizia la ricostruzione. Il ragazzino in sella allo scooter si chiama Andrea Casu ed è il Segretario cittadino del Partito. Lo ha eletto un Congresso appena depurato da capibastone e mammasantissima. Eredita una montagna di macerie e di debiti. Non ha una sezione a disposizione e allora gira la città con lo scooter, incontra la gente nei cortili e negli androni dei palazzi, tessera solo quelli che conosce personalmente. Nei territori delle province quello stesso giro lo fa il senatore Bruno Astorre: per lui è molto più semplice: la Suburra è un fenomeno essenzialmente romano. Ma la candeggina va passata dovunque.

Il dopocena movimentato

Albino Ruberti (Foto: Paolo Cerroni / Imagoeconomica)

È per questo che appena chiusa la partita delle candidature, il senatore Bruno Astorre ha deciso di dire basta. Di tracciare una linea precisa. Che parte dal movimentato dopocena di due mesi fa a Frosinone dove l’allora capo di gabinetto del sindaco di Roma perde le staffe ed inizia a sbraitare di notte per strada. Urla che lui non si fa comprare, pretende delle scuse e che gliele porgano in ginocchio altrimenti ammazza chi lo ha offeso. Il fatto è che a tavola tutti conoscono l’indole vulcanica di Albino Ruberti e nessuno lo prende sul serio: non si spaventano, si imbarazzano per quella piazzata. Glielo dice Francesco De Angelis che era alla cena.

L’indomani tutto è chiarito. Smaltiti i fumi della cena, ci ridono sopra: Ruberti non ammazza nessuno, non manda sicari. Anche perché non ne ha. Ma il video di quella serata, ripreso da una finestra, inizia a circolare. Innescando un sospetto più che legittimo: sono le frasi di Ruberti ad autorizzare i dubbi che qualcuno gli abbia chiesto qualcosa di indicibile, al punto che minaccia di rivelarlo subito scrivendo.

Sta qui la differenza con il passato: un minuto dopo avere letto la Rassegna Stampa il Partito indica la via della porta a Ruberti e l’angoletto per De Angelis anche se non ha strillato con nessuno. Aspetteranno lì che la magistratura stabilisca ogni dettaglio ed elimino ogni ombra. Non è un atteggiamento da Suburra.

La Suburra non è qui

Bruno Astorre

Il senatore Bruno Astorre, il Segretario Regionale che ha percorso in lungo ed in largo il Lazio per candeggiare il Partito lo mette in evidenza. «Il Pd Lazio nei territori si è profondamente rinnovato. Penso ad esempio al rinnovamento, sempre fatto all’unanimità, di 5 Federazioni. Soprattutto con piacere penso alle giovani donne Segretarie provinciali elette di Viterbo e Rieti, capaci e fortemente radicate sul territorio. Penso alla scuola di formazione politica “CambiaMenti” che ha coinvolto centinaia di studenti. Solo due piccoli esempi del lavoro sempre unitario fatto in questi anni».

La candeggina è stata passata anche sul Pd di Roma. Bruno Astorre potrebbe evitare di evidenziarlo. Quella è competenza di Casu. Ma il Pd è uno e collegiale. Per questo il Segretario Regionale dice «In Assemblea Capitolina più della metà dei 18 Consiglieri del PD sono alla prima esperienza. Nei 14 Municipi di Roma che governiamo, su un totale di 15, l’età media dei Presidenti è sui 35 anni. Insomma al PD Capitolino, a partire dal Segretario Andrea Casu, va riconosciuto il merito incontrovertibile, non solo di aver vinto a Roma, ma anche di aver portato nelle Istitizioni donne e uomini, a partire da Roberto Gualtieri, nuove capaci credibili e spendibili».

Le impronte digitali

Andrea Casu

Cui prodest: a chi è convenuto? Albino Ruberti era il braccio operativo del sindaco di Roma Roberto Gualtieri che fa parte della parrocchia Pd di Claudio Mancini. Francesco De Angelis e gli altri commensali di quella cena stanno con Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini. Così qualcuno ha cominciato a scrivere sui quotidiani che ad avvantaggiarsene è stata proprio l’area di Astorre. E che il video circolava sugli smartphone in Regione già da qualche settimana.

«C’è un punto però che proprio non posso accettare, un’accusa, neanche troppo velata, che respingo con forza al mittente. Da Segretario Regionale ho l’obbligo di difendere una comunità sana e viva prendendo le distanze da ricostruzioni che ho letto in questi giorni. Qualcuno ha provato a dare un’idea del Pd di Roma e del Lazio che non corrisponde alla realtà».

Smentiscono con fermezza il presidente del Consiglio regionale del Lazio Marco Vincenzi e la capogruppo del Partito Democratico Marta Leonori. “Personalmente non ci risulta che nelle settimane precedenti alla pubblicazione ci sia stata alcuna diffusione in Consiglio regionale di video riguardanti Albino Ruberti e Francesco De Angelis. Se ne fossimo stati a conoscenza avremmo denunciato subito il fatto agli organi competenti“.

Anche perché le impronte digitali su quel video ci sono. È stato offerto al candidato sindaco di Frosinone del centrodestra Riccardo Mastrangeli che nemmeno lo ha voluto vedere.

La Suburra qui non c’è mai stata

Luca Fantini

Più profondo ancora è il solco che viene scavato in provincia di Frosinone. Il Pd ciociaro è notoriamente la provincia ribelle. Non a caso in quel video Ruberti sbotta dicendo “Io stavolta Frosinone non la reggo più”.

«Non permetteremo a un singolo episodio per quanto deprecabile, avvenuto a Frosinone dopo una cena privata, di trasformarsi in un giudizio politico sulla nostra grande comunità politica» mettono in chiaro il segretario provinciale del Partito democratico di Frosinone Luca Fantini e la presidente provinciale del Pd Stefania Martini. «Nulla di questa vicenda ha a che fare con il percorso del Partito democratico in Provincia di Frosinone e respingiamo al mittente qualsiasi tipo di speculazione in atto per la campagna elettorale. Dalla destra – concludono – non accettiamo alcun tipo di lezione».

Il campo dei sospetti lo sgombra Mauro Buschini. «Leggo in queste giornate commenti e prese di posizione che nulla hanno a che vedere con la reale situazione del nostro Partito. In un territorio in cui soprattutto negli ultimi passaggi siamo e siamo stati uniti, nei momenti dei successi come in quelli delle sconfitte. Il Pd non è il luogo dei “veleni”, del “tutti contro tutti”, neppure nella vicenda di questi giorni, per la quale mi sento vicino umanamente alle persone coinvolte e che sono certo si chiarirà sotto ogni punto di vista».

Non è una dichiarazione di circostanza. Il Pd di Frosinone aveva chiesto all’unanimità la designazione di Francesco De Angelis come suo candidato: l’aveva chiesto l’ala maggioritaria, aveva firmato la minoranza di Base Riformista. È un Segretario di Area Dem, proprio Astorre, ad individuare con De Angelis la posizione in lista su Roma che gli avrebbe dato maggiori possibilità.

Ecco perché nessuno crede alla storia del fuoco amico.

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright