La trappola grillina dell’anti sistema che può portare il Pd nella palude

Foto: © Imagoeconomica, Benvegnu' Guaitoli

Mentre il neo segretario Dem ipotizza una ulteriore fase di cambiamento del partito, il taglio dei parlamentari e la nuova legge elettorale avranno l’effetto di rafforzare la Casta, chiudendo la porta agli amministratori locali. Intanto però Matteo Salvini si rivolge al popolo con il referendum e Matteo Renzi è già diventato il signore della palude.

Nicola Zingaretti ha fiutato il pericolo letale per il Partito Democratico. Nel suo lungo articolo-manifesto sull’Huffington Post disegna il Pd del prossimo futuro.

Scrive: “Le diseguaglianze globali, la questione ambientale e climatica, il governo delle trasformazioni tecnologiche. Una nuova fase storica che ci chiama ad una grande responsabilità. Viviamo un’epoca in cui le fasi politiche si alternano e si susseguono con una velocità impressionante.

Quello che è accaduto nell’ultimo mese sarebbe stato imprevedibile fino a poche settimane fa. Abbiamo tenuto fermo l’ago della nostra bussola: prima di tutto il bene del nostro Paese e della nostra Europa. Abbiamo accettato la sfida del governo per amore dell’Italia.

E ora ci troviamo davanti a una grande occasione per cambiare davvero, partendo dai temi che più ci stanno a cuore: ambiente, lavoro e sviluppo sostenibile, formazione, lotta alle diseguaglianze, solidarietà e diritti.

E’ moltissimo, ma non basta”. 

Ma poi aggiunge:

“All’orizzonte rischiamo una vecchia trappola: la nostra funzione non si può esaurire nel governo e il Partito Democratico, da nord a sud del Paese, non può limitarsi a tifare l’esecutivo.

Non c’è  buon governo senza radicamento nella società e connessione con i bisogni, le ambizioni, le idee delle persone.

La sfida per il cambiamento e la contesa con le destre si gioca territorio per territorio, Comune per Comune. Per riportare la speranza e la solidarietà dove oggi imperano l’odio e la rabbia.

Possiamo dirlo con coraggio e con fierezza: non si vincerà questa sfida senza un grande Partito Democratico unito, aperto, plurale e veramente rinnovato. Ecco perché per noi è arrivato il momento di accettare a tutto campo la sfida dell’innovazione.

“Unità e cambiamento” è il messaggio che abbiamo ricevuto dal voto alle primarie. Abbiamo avuto la fiducia e l’attenzione di oltre un milione e mezzo di cittadini. Dobbiamo, anzitutto, continuare a cambiare noi stessi. Su questa strada continuiamo, per questa strada ora acceleriamo”. 

Poi l’appello:

“Apriamo le porte del nostro Partito, considerando anche modalità innovative per coinvolgere associazioni e gruppi informali. Apriamo, anche fisicamente, le porte dei nostri Circoli e dei Forum. Trasformiamoli in spazi sociali, aperti e utili al territorio.

Inauguriamo la stagione di un Partito Democratico che viva pienamente anche nel mondo digitale: creiamo un ecosistema online dove i nostri iscritti possano partecipare attivamente alle grandi decisioni e alle imprese che abbiamo dinnanzi.

Non ci serve un Partito delle degenerazioni correntizie, ma un Partito capace di farsi marea nella società. Promuoveremo una radicale riforma del partito.

Organizziamo un grande momento nazionale dedicato a questi temi, perché non possiamo più aspettare. Valorizziamo il merito perché, per costruire la classe dirigente, le competenze, l’entusiasmo e la passione siano più importanti della fedeltà! Diamo spazio a nuovi protagonisti a tutti i livelli, perché il Pd diventi il partito del protagonismo giovanile e femminile!

Diamo spazio ai territori della nostra Italia! Quante esperienze amministrative straordinarie ci sono nei piccoli e grandi Comuni? Quante esperienze civiche, sociali e associative potrebbero aiutarci a svoltare veramente?”. 

Nicola Zingaretti © Imagoeconomia, V.P. Gerace

Ma il Pd lo farà davvero? Perché non c’è dubbio che l’apertura agli amministratori, ai giovani, alle donne e a tutto il resto è l’unica strada. Ma alla fine tutte le crisi politiche degli ultimi anni sono finite allo stesso modo: il Pd al governo senza il passaggio elettorale, i leader succedutisi (Pierluigi Bersani, Enrico Letta, Matteo Renzi, Nicola Zingaretti) costretti a mediare e ad appoggiarsi alle varie correnti. Dominate da esponenti come Dario Franceschini, Graziano Delrio, Lorenzo Guerini, Andrea Orlando e via di questo passo.

Adesso l’alleanza con i Cinque Stelle, pericolosa per il Pd. Il taglio di 345 parlamentari proposto dai pentastellati va nella direzione di indebolire il Parlamento. Una sforbiciata numerica può avere un effetto mediatico, ma in realtà produrrà l’effetto di far venir meno tutto un complesso sistema di pesi e contrappesi costruiti dai padri costituzionali.

Se a questo aggiungiamo la riforma della legge elettorale (l’ennesima), avremo un sistema nel quale essere eletti sarà difficilissimo. E con 345 parlamentari in meno, chi pagherà il conto? I territori. Altro che apertura agli amministratori.

Foto: © Imagoeconomica, Stefano Carofei

All’orizzonte di profila l’ennesima Casta. In questo scenario Matteo Salvini prepara il referendum sulla legge elettorale. Rivolgendosi ancora una volta al popolo e non al Palazzo. Alla piazza e non al sistema. Nicola Zingaretti farebbe bene a non sottovalutare questo aspetto. Perché seguire i Cinque Stelle sul loro terreno porterà il Pd a impantanarsi nella palude dei governicchi senza visione. Con Matteo Renzi che in questo tipo di palude si muove con maggiore facilità.

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