La vendetta della natura: Sabaudia crolla in attesa del Tar

Come in una vendetta per le polemiche dell'estate: il maltempo s'è portato via il lungomare di Sabaudia. Quello sul quale il tar dovrà pronunciarsi nei prossimi giorni: per la polemica sugli accessi rivendicati dai vip

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Il maltempo ha detto basta. Consumando la sua vendetta. Contro le polemiche e contro i vip. In poche ore a Sabaudia s’è portato via una stagione intera, rendendo fotogrammi sbiaditi il sole e la sabbia arroventata. Trascinando via non solo i ricordi ma anche il lungomare. Che quest’estate a Sabaudia è stato conteso a colpi di sentenze. Una nottata ed una mattinata di piogge intense sono bastati: hanno gonfiato il lago di Caprolace, le sue acque sono uscite dalle sponde ed hanno iniziato a cancellare la strada lungo i quindici chilometri di spiagge adorate dai romani.

Come una vendetta contro il ratto di Sabaudia: i vip romani si sono fatti padroni. Il 19 ottobre il Tar deciderà. Il fatto è noto: il Comune di Sabaudia ha chiesto ai vip (il caso passato alle cronache è stato quello del direttore Clemente J. Mimun) di aprire i cancelli della loro “proprietà” per consentire a tutti di andare al mare. Naturalmente loro hanno difeso i propri diritti davanti al Tar.

Il rischio del dio maggiore

Il rischio è di passare per i soliti romani figli di un “dio maggiore”. Quelli che Sabaudia è un posto bellissimo se non fosse per i coloni che vogliono farsi il bagno nel medesimo mare. Il rischio è di passare come gli inglesi in Australia: che si prendevano tutto tanto gli aborigeni non erano manco umani.

Sui giornali naturalmente Sabaudia è provincia di Roma e la Pontina un fastidio terribile: una strada con il fastidio intorno di burini, coloni e cafoni.

C’è un grande poeta lepino Cesare Chiominto che raccontava di Piuccio Faciolone richiamato alla guerra, la prima quella grande, con la spiegazione che gli austriaci erano padroni a casa loro ma volevano pure Trento e Trieste che erano italiane

(…) ma accome, le te è lo te e lo me puro? Piuccio non era omo de lite, ma pe lo giusto se faceva accide. Tocca n’guera (ma come, il tuo è tuo ed il mio pure? Piuccio non era uomo litigioso ma per un diritto si sarebbe fatto uccidere. Tocca andare in guerra)

E andò a riprendersi il suo scoprendo la tragedia della guerra.

Come se fossimo assenti

Il piano stradale ceduto

Ma il giusto resta l’anima della nostra gente usata dalla storia come fosse assente. Qui hanno fatto una bonifica senza dirci nulla, si sono presi il mare senza manco ringraziare, il lago senza pensare a chi da secoli ci riusciva a vivere senza cacciare mai chi ci voleva andare. 

Ma gli “intelligenti” si sentono più degli “stolti“. E cosi prendi un lago oggi, aggiungi una duna domani, ti troverai padrone del mare fin dove l’occhio può guardare.

Fortuna che il Codacons ha dato manforte al comune. Deciderà il tribunale, in camera di consiglio, il 19 ottobre prossimo in base a leggi, cavilli e leggine. Eppure è così evidente: che la duna è della duna, il lago sta sotto il sole e chi dice “e’ solo mio” si qualifica da sola.

Quando Dio creò la bellezza non osò dare l’esclusiva perché quella è brutta anche da pronunciare.

Rivendichiamo lago e duna “con annesso mare”, ma non per noi che ci siamo nati e cresciuti ma per chiunque voglia venirci a trovare. Siamo fatti così “pe lo giusto ci facemo accide”

A adesso che me lo ricordo alla domanda, era il 1840, cosa è la proprietà? Pierre-Joseph Proudhon rispose secco “è un furto“. Ora ricordo