Il segretario dei Democrat ha convocato il conclave per il 13 e 14 gennaio a Contigliano, nel reatino. Incontrando Di Maio a Palazzo Chigi ha messo in luce la sconfitta politica dei Cinque Stelle. Ora punta tutto sull’Emilia Romagna: se Bonaccini vince, allora Mazinga si prende tutto. E i pentastellati potranno solo abbozzare.
Nicola Zingaretti come Romano Prodi ai tempi d’oro, quelli dell’Ulivo: convoca gli stati generali del Pd in convento. Per battere sul tempo i Cinque Stelle nell’agenda di governo. Ma le notizie vere sono due: l’incontro con Luigi Di Maio è pura “fuffa”, importante solo per il capo dei Cinque Stelle per provare a uscire dall’angolo. La realtà è che il vertice di maggioranza, annunciato per gennaio, slitterà almeno a febbraio, comunque dopo le elezioni regionali dell’Emilia Romagna e della Calabria.
La lettura politica dell’Huffington Post è perfetta, come al solito: “Chi si aspettava un’accelerazione della verifica di governo rimarrà deluso. Il focus della politica al momento non è certo il confronto nella maggioranza, che chissà quando realmente si farà e certamente sarà condizionata enormemente dal voto in Emilia Romagna e in Calabria del 26 gennaio.
L’incontro a sorpresa, sul finire delle feste natalizie e dopo diversi mesi, tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti – quest’ultimo appena uscito dal Vaticano per l’udienza con Papa Francesco – appare qualcosa di surreale. A cominciare dal luogo in cui si è svolto, a Palazzo Chigi, senza il padrone di casa. Esclusa la presenza al tavolo del premier Giuseppe Conte che in quei 45 minuti di colloquio non si trovava a Palazzo.
Il segretario del Pd non è un vicepremier, il capo politico M5s lo è stato, ma ora non lo è più. E a molti sia nei 5 stelle sia tra i dem è sembrata strana la scelta, presa per la volontà di optare per un luogo neutrale. Quarantacinque minuti sono serviti per una ricognizione su cosa bisognerà fare nel mese di gennaio e per rimarcare in un’inedita nota congiunta il “clima molto positivo e costruttivo” della riunione.
Il faccia a faccia serviva più che altro a Luigi Di Maio per rinsaldare il suo ruolo di capo politico e capo della delegazione grillina dentro il Governo in un momento in cui il Movimento 5 Stelle si sgretola giorno dopo giorno tra espulsioni, addii, distinguo e minacce di scissione. Gestisco io la situazione e le trattative, ribadisce Di Maio, la linea è quella di proseguire con il Governo.
La realtà dei fatto è però che la verifica di Governo, cioè il programma da stilare per i prossimi due anni e mezzo, è in mano al premier Conte che non solo l’ha rivendicata per sé, ma ha anche deciso di rimandare tutto a dopo il voto in Emilia Romagna e in Calabria. Perché è la stessa Emilia Romagna la vera e propria verifica. Una sconfitta del centrosinistra non sarebbe indolore, bisognerebbe fare i conti con la debacle”.
In realtà Nicola Zingaretti, con questa mossa, ha fatto vedere urbi et orbi che le carte le sta dando lui e che Di Maio, se vuole restare al Governo (e quindi in vita politicamente) non può che adeguarsi.
Infatti Zingaretti ha convocato il Pd per il 13 e 14 gennaio in un’Abbazia a Contigliano, nel reatino, per discutere di “una nuova agenda di Governo” e provare a rafforzare la propria centralità nello schema di governo. Ci saranno tutti, i componenti dell’esecutivo, i parlamentari di Camera e Senato, del Parlamento europeo, la segreteria Nazionale, i sindaci, i presidenti di Regione, i segretari regionali, i responsabili regionali donne.
Sempre l’Huffington: “È qui che i dem metteranno sul tavolo le loro proposte, battendo sul tempo il Movimento 5 Stelle. Non è un caso che Zingaretti abbia già incontrato il premier Conte, e nei prossimi giorni prevede di confrontarsi anche con i rappresentanti di Leu e lo stesso Matteo Renzi”.
Zingaretti proverà a far cambiare idea ai Cinque Stelle sulla prescrizione, scavalcando Di Maio e dando tutti i dossier di Governo nelle mani del premier Conte: Autostrade, Ilva, Alitalia, Ilva, giustizia, legge elettorale, autonomie, solo per citarne alcuni.
La verifica politica sarà rappresentata dalle elezioni in Emilia Romagna. Se vince Stefano Bonaccini, il Governo regge e si rilancia. E Nicola Zingaretti diventa il nuovo Romano Prodi. Se Bonaccini perde, crolla tutto: Governo e maggioranza. Ma in entrambi i casi, che vinca o che perda Bonaccini, i Cinque Stelle di Luigi Di Maio hanno già perso sul piano politico.
Perciò l’Abate Nicola Zingaretti ha convocato il conclave del Pd in convento.