L’abisso a Shianghai

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

L’orlo dell’abisso si spalancò dopo un sorso di sakè, alla fine della cena su una terrazza illuminata dalle luci di Shanghai.

Si arrese per un solo istante alla tentazione: cercò il suo sguardo. Anche lei lo guardava. Rimasero lì sul bordo del precipizio, cercando di fare un passo indietro. Come avevano fatto decine di volte, in altri posti, con altre persone. Ma non quella sera.

Chiusero gli occhi, praticamente nello stesso istante. E le vite che avevano vissuto fino a quel momento passarono sullo sfondo, divennero sbiadite. Solo loro erano a colori. All’alba dell’indomani due aerei li portavano in direzioni opposte.

Si rividero tre mesi più tardi. Sotto l’Orologio del Tempo a Berlino Est. Si riconobbero subito ma ognuno fece finta di non ricordarsi. Passeggiarono su Alexanderplatz, chiacchierando di libri, lasciando le loro impronte sulla neve , fingendo di non sapere che le stavano lasciando pure nel cuore. L’aereo questa volta partiva la stessa sera.

Non si stupì quando tre mesi dopo lei lo chiamò: è sempre la donna che decide. Finse di sbagliare numero. Chiamava da Damasco. Il giorno dopo lui era lì, inviato dal suo giornale. Ad intervistare lei che presentava il nuovo libro. L’intervista fu una formalità. Le ore volarono mentre parlavano, si ritrovarono a dover correre con lo stesso taxi verso l’aeroporto: prima che le file per il check in li dividessero, lei per la prima volta gli prese le mani e disse ‘La passione più forte è quella che ti prende la testa e non solo il cuore”.

Roma. Era quasi sera quando in ufficio entrò un fattorino con una busta Dhl. Mentre lei apriva squillò il telefono. Fu lui a dire ‘Fanno un ottimo sushi a Tokio’ e riagganciare, mentre lei estraeva dal plico il biglietto per l’indomani all’alba. Cenarono davanti ad una tagliata di tonno arrivato apposta per loro dalla barca di un vecchio pescatore. Sussurrò ‘Sei nella mia testa da Shangai’. Ma qualcosa si sovrappose alle sue parole.

Le voci ora sembravano arrivare da lontano. Era qualcuno che si salutava. Il mondo intorno a loro smise di essere sbiadito e ora tutto aveva un colore. Lei era sotto braccio al marito, lui con la moglie accanto, su una una terrazza illuminata dalle luci di Shanghai, davanti all’orlo dell’abisso, incapaci di fare di fare un passo indietro. L’aereo partiva l’indomani.

“Ricordo male o fra un paio di mesi lei sarà ospite di un congresso a Berlino?”