L’addio di Memmo, l’ultimatum di Fabrizio, il menefreghismo del Pd

Domenico Marzi che annuncia le dimissioni da consigliere comunale e Fabrizio Cristofari che lancia un ultimatum al centrosinistra, al Pd e anche al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. (leggi qui l’ultimatum di Cristofari) Sulla nomina dei primari provvisori, il presidente dell’ordine dei medici non può rimetterci la faccia. Dunque starà dalla parte dei colleghi fino in fondo, anche a costo di litigare con Zingaretti e con l’assessore regionale Mauro Buschini.

In ogni caso Cristofari non si farà “rosolare”. “Cercatevi un altro candidato a sindaco”: il senso del messaggio è questo. Qualora sulle nomine dei primari dovessero prevalere le logiche burocratiche e barocche, nemiche del buon senso prima che della meritocrazia.
I dubbi di Norberto Venturi, gli attacchi di Michele Marini, i silenzi dei big e adesso la questione dei primari: sembra quasi che la candidatura a sindaco debba andare avanti “nonostante il Pd”.

Nelle stesse ore Domenico Marzi annunciava il ritiro. Sindaco per due volte consecutive, capace di battere nel capoluogo un centrodestra largamente maggioritario nel capoluogo, che esprimeva senatori e deputati, assessori regionali. (leggi qui l’ultimo intervento di Marzi) Addirittura venne a candidarsi l’allora presidente della Regione Lazio, Francesco Storace. Tempi diversi certamente. Ma se un insegnamento politico Cristofari può trarre dall’esperienza di Marzi è il decisionismo. L’allora sindaco decideva lui, i Partiti non toccavano palla. Chi ci voleva stare doveva accodarsi.

Questo però non esime il Pd da una riflessione forte: in tutti questi anni le ragioni della sconfitta del 2012 non sono mai state neppure sfiorate.

La “traversata nel deserto” (fondamentale per rafforzare ogni leadership) non è iniziata. Domenico Marzi e Michele Marini si odiano politicamente, non si salutano, si evitano. Questo è il più grande fallimento del Pd a Frosinone.

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