L’affare d’oro delle cause Acea: 215mila euro per perdere

CESIDIO VANO per LA PROVINCIA QUOTIDIANO

 

Prendete la vicenda dei 75 milioni di euro di conguaglio ad Acea. Una battaglia legale che l’Ato5 di Frosinone ha perso su tutta la linea: in primo e secondo grado davanti alla giustizia amministrativa.

Sapete quanto è costata quella causa? Oltre 215.000 euro di parcelle tra avvocati e consulenti nominati nei vari gradi di giudizio. Gli ultimi 90 mila euro circa sono stati liquidati nei giorni scorsi.

La cosa bella è che per due volte si è chiesta la sospensiva del provvedimento che consentiva ad Acea di incassare i 75 milioni di euro e per due volte si è poi rinunciato ad averla, lasciando mano libera al gestore idrico di iniziare a riscuotere tramite le bollette il conguaglio milionario, benché i procedimenti di opposizione fossero ancora pendenti.

Se volete, si è fatto anche di peggio: non coltivando la trattativa pure intavolata con Acea affinché quei 75 milioni di euro (qualora fosse andata male, come poi è andata) non li avrebbero pagati i cittadini, ma i Comuni medesimi, rinunciando ad una fetta dei canoni concessori non necessari a pagare i mutui per gli impianti idrici e fognari già realizzati.

Le battaglie legali contro Acea sono una vera e propria manna dal cielo per gli avvocati. I pochi e fortunati che vengono scelti direttamente dall’Ato5 senza alcuna forma di selezione pubblica. Basta scorrere l’albo online dell’Ambito territoriale per vedere che le parcelle legali saldate negli ultimi giorni si aggirano mediamente sui 40 mila euro l’una.

Nella causa contro il maxiconguaglio sono stati affidati in primo grado (l’Ato5 era guidato allora dal commissario Giuseppe Patrizi) due incarichi: uno da 80.000 euro per l’assistenza le gale e successivamente uno da 40.000 euro per la consulenza tecnica. Totale: 120.000 oltre spese e oneri vari e una sentenza che, nel confermare i 75 milioni di conguaglio, bacchetta di brutto sindaci e Ambito per le loro inadempienze.

In secondo grado (con l’Ato5 guidato dal presidente Antonio Pompeo) è stato affidato un incarico legale da 91 mila euro più spese oneri. E siamo a oltre 215.000 euro in totale, per avere una sentenza che definitivamente conferma quanto già stabilito in primo grado.

E non ci voleva nemmeno la zingara per prevedere che la battaglia davanti alla giustizia amministrativa su quei 75 milioni sarebbe stata presto o tardi persa, perché era stata la stessa giustizia amministrativa a riconoscere i presupposti per quel maxi conguaglio con una sentenza che dichiarava inadempiente l’assemblea dei sindaci dell’Ato5 in materia di tariffe.

Cosa si pensava potessero rispondere il Tar e il Consiglio di Stato alle lagnanze dei primi cittadini contro chi aveva fatto il lavoro che loro si erano ostinatamente rifiutati di fare?

E se qualcuno avesse avuto dubbi, sarebbe bastato leggersi – ma chissà quanti primi cittadini lo avranno fatto – le motivazioni della prima sentenza di rigetto del ricorso da parte del Tribunale amministartivo per capire che sarebbe finita male.

In sostanza, i sindaci dal 2009 al 2012 non hanno voluto fissare le tariffe dell’acqua. Diffidati non se ne sono curati. Sono stati commissariati dal Tar. Il commissario ha fatto tutti i calcoli e aggiornato le tariffe, stabilendo che Acea doveva recuperare per quegli anni, in cui l’acqua era stata fatta pagare sì ma con al tariffa del 2005, qualcosa come 75.180.000 euro.

Fatto il danno, si è provato a rimediare, ma ormai era tardi. Troppo tardi.

 

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