di CARLO ALBERTO GUDERIAN
Inizia piano, come se cercasse il passo giusto: il tono della voce appare a tratti dimesso. Ma è solo l’impressione dei primi minuti. Perché occorre poco a Francesco De Angelis per tornare nel suo personaggio. E ritrovarsi ancora una volta nei panni con cui si muove più a suo agio: quelli del leader che tante volte ha preso per mano il Partito e lo ha trascinato nelle campagne elettorali. Dalle Comunali di paese fino alle Europee, spalancando le porte di Bruxelles e Strasburgo. Il vecchio leone è tornato ad arringare i colonnelli della sua componente, riuniti nella saletta da Memmina. Questa volta li deve organizzare e preparare per un’altra battaglia politica: quella con la quale condizionerà il prossimo congresso provinciale del partito Democratico di Frosinone. Se non designerà lui il nuovo segretario comunque inciderà in modo decisivo.
Il discorso è costruito come vuole la migliore tradizione della politica studiata nei banchi del Pci. Si comincia con preliminari di poco conto: le regole, quelle del congresso e del tesseramento. E giusto per mettere le cose in chiaro, alza il tono della voce mentre ricorda a tutti: «La nostra è la componente più forte nel Partito, ma il tutto va ovviamente puntellato. Anche puntando alle nuove adesioni. Che peseranno per le candidature future».
Accordo con la componente del senatore Francesco Scalia e candidatura unitaria? O niente accordi e viene confermato l’asse con il segretario uscente Simone Costanzo? Oppure, soluzione di compromesso ed il nome verrà scelto allora in un altro modo? Francesco De Angelis dice: «Dobbiamo aprire una fase politica nuova, in cui le diverse sensibilità siano una ricchezza in un però reciproco riconoscimento e spirito unitario». E’ il segnale che l’ascia di guerra con Scalia è sepolta: bisogna riconoscersi e legittimarsi in maniera reciproca. Mai più, insomma, spaccature dolorose come quella che ha portato a due candidature contrapposte quando è stato il momento di scegliere il presidente della Provincia, i presidenti di Asi e Cosilam, facendo ogni volta un piacere a Mario Abbruzzese e dando un ruolo a Forza Italia.
Insomma: come verranno schierate le truppe? L’ex assessore regionale ed ex deputato europeo esclude subito una pista: «É esclusa categoricamente l’ipotesi della mia candidatura a Segretario provinciale del partito Democratico. Non é realistica e non c’é la mia disponibilità». Poi passa in rassegna i nomi di tutti i possibili candidati apparsi sulle indiscrezioni di stampa. Per ognuno indica pregi e difetti. Quelli politici, mai della persona.
Il dado viene lanciato quando De Angelis dice: «Occorre un’intesa che unisca tutto il Partito, non si può sostituire un vecchio conflitto con un nuovo conflitto». E’ chiaro che si andrà alla candidatura unitaria. E la componente non ha ancora avanzato il suo nome al tavolo delle trattative: «Noi non abbiamo messo in campo nessun candidato per ora pur avendo il 70% dei voti» Questa é già una notizia. «Al tavolo unitario noi non metteremo veti».
Omologazione e appiattimento su Renzi? Ci si svende sull’altare di un accordo? Nemmeno a parlarne. Il pragmatismo del Pci è evidente nel momento in cui De Angelis rivendica la posizione politica della componente: «Come collocazione nel Partito noi stiamo col segretario nazionale. Per riferimento istituzionale stiamo con Zingaretti!»
Inizia il dibattito.
Intervengono Maurizio Cerroni, Sarah Grieco e Marco Caracci: nulla da segnalare. Poi Achille Bellucci: «Finora sono prevalsi i personalismi…» Tra i colonnelli c’è chi mormora «Si, tipo quelli che ha fatto lui per tenersi la presidenza della Comunità Montana e poi ottenere il grande risultato registrato ad Acuto alle Comunali». Poi però si tocca tema del lavoro e Bellucci ricorda come, durante le sue giornate di lavoro svolto al Centro per l’Impiego sia «una tragedia quello che siamo costretti a vedere… é bene che ora ci rimettiamo nelle mani di De Angelis…».
Prende la parola Mauro Buschini. I due anni in Regione lo hanno trasformato: appare più solido, strutturato. Appare sempre più il delfino di De Angelis nel momento in cui lancia il monito che ti saresti aspettato da Francesco se fosse stato al governo regionale: «La gente tra due anni ci giudicherà per quello che avremo fatto, non per quello che avremmo voluto fare».
In aula non c’è Maria Spilabotte. E il popolo mormora. «E’ al Senato» assicura qualcuno. «C’era una commissione, arriverà più tardi» giura qualcun altro. «Impossibile che non arrivi» è il giudizio di molti. Intanto prende la parola Lucio Migliorelli.
Con il passare del tempo appare sempre più chiaro che Francesco non dovesse fare nessun annuncio storico. E che la riunione non servisse per proclamare che “Un’ora segnata dal Destino batte nel cielo della nostra componente in questo Partito Democratico”. Doveva essere il banco di prova con il quale contarsi, verificare chi, tra i grandi elettori, i detentori ed i controllori dei pacchetti di voti, avesse risposto alla chiamata alle armi. Chi sta con chi. E su chi potrà contare.
A cosa serviva tutto questo? Per legittimare la prossima mossa di Francesco De Angelis: ora avanzerà la sua proposta sul tavolo delle trattative. E potrà farla con la forza dei numeri portati oggi.