L’allarme da Cassino: «I Commercialisti spariranno: sostituiti da un software»

L'allarme dei Commercialisti. Gli algoritmi ed i software di intelligenza artificiale stanno cancellando la professione. Il ruolo 'umano' nei calcoli. Ciò che il contribuente rischia di perdere.

Antonio Renzi

Rerum cognoscere causas

La laurea, il praticantato e l’esame di stato. E poi i codici, l’iscrizione all’Albo e i continui corsi di aggiornamento. Magari anche qualche master, per approfondire in modo particolare una o più materie. C’è questo dietro il lavoro di ogni professionista. Vale per gli ingegneri come per i medici, per gli architetti come per i chimici. E vale anche per i dottori commercialisti. Che ora rischiano di sparire.

Gli uomini e le donne che per anni si sono occupati di tributi e materia fiscale ora hanno di fronte a loro un enorme punto interrogativo. Che rischia di condizionare il futuro di circa 120.000 professionisti in tutta l’Italia. Rischiano di sparire e di essere rimpiazzati da un algoritmo: un complicato codice che effettua da solo una serie di calcoli.

A sollevare la questione a livello nazionale è Danilo Picano, dottore commercialista di Cassino. Punta il dito contro il ‘sottobosco’ che sta crescendo sempre più rigoglioso intorno alle professione del dottore commercialista. Da cosa è costituito questo sottobosco? Da associazioni tributariste, da consulenti fiscali non qualificati, da fantomatici centri di elaborazione dati. Tutte realtà che si stanno occupando in maniera non professionale di ambiti che fino ad oggi sono stati competenza esclusiva dei Commercialisti.

«Basta leggere il nuovo “Codice della Crisi” è il testo che si pone come obiettivo quello di riformare la materia delle procedure concorsuali e della crisi da sovraindebitamento. Leggendolo si scopre che addirittura i Consulenti del Lavoro possono svolgere le nostre stesse funzioni su materie di cui non hanno mai avuto l’adeguata competenza».

Dove sta il problema? Per il dottor Danilo Picano «Sta nel fatto che non è possibile che le dichiarazioni fiscali, le contabilità semplificate e addirittura alcune contabilità ordinarie, possano essere redatte da patronati, sindacati ed abusivi non iscritti all’ordine. Affidando tutto ad un algoritmo ed un software che incasellano i dati in modo automatico e fanno i conti, senza tenere conto delle tante interpretazioni che possono essere date ai singoli casi».

Quindi avete paura che l’intelligenza artificiale vi rimpiazzi? «No. Il problema non è questo. Il problema non è il software che fa i conti: il problema è chi lo manovra. Tanto per fare un esempio: ogni dottore commercialista ogni giorno è ‘costretto’ a comprare almeno un quotidiano economico, ad esempio Il Sole 24 Ore, per essere aggiornato sulle interpretazioni più recenti, sulle modifiche introdotte, sulle sentenza che fanno giurisprudenza. Tutti elementi ‘umani’ che vanno a ponderare i numeri. Noi siamo l’elemento umano del software. E siamo fondamentali, con i nostri studi ed il nostro aggiornamento».

Il concetto è chiaro: i Commercialisti non sono contro l’innovazione. E nemmeno contro i software. Il timore è che l’uso estremo di queste tecnologie possa far nascere la tentazione di eliminare l’elemento umano: cioè proprio quello che trova le soluzioni più favorevoli per il contribuente, grazie a studi ed aggiornamento costanti.

Il tutto ha il sapore della beffa. «In questi anni noi Commercialisti abbiamo inserito i dati fiscali dei nostri clienti. L’Agenzia delle Entrate si è limitata ad acquisirli ed a creare il proprio database sulle spalle del lavoro di inserimento fatto da noi. All’atto pratico, la nostra professione in questi ultimi anni è stata utilizzata dallo Stato per formare gli archivi digitali dei contribuenti. Naturalmente tutti i costi ed i disagi sono stati sopportati da ogni singolo professionista senza alcun riconoscimento».

Il nodo è proprio questo. Si rischia di perdere il valore del professionista. Su questo Danilo Picano punta il dito in una direzione precisa. «Siamo stati talmente bistrattati che il singolo dottore commercialista non è percepito dal mercato come un valore aggiunto ma, anzi, come un costo. La politica sia ordinistica che partitica non ha fatto nulla per difendere la nostra dignità, al contrario di avvocati e notai che hanno saputo salvaguardare il loro futuro».

La dimostrazione? «Avete mai visto un pignoramento o un decreto ingiuntivo fatto da un semplice cittadino non abilitato come avvocato? Avete mai visto una compravendita fatta da una figura diversa dal notaio? Vi sembra possibile che nessuno tuteli il rapporto che abbiamo quotidianamente con l’agenzia delle Entrate ed il Tribunale».

Un attacco diretto che vuole sollevare la discussione sul problema in modo tale da trovare risposte che diano una nuova mission alla categoria con «l’obiettivo di rilanciare l’immagine del commercialista».  

Diversi i provvedimenti messi all’indice dove la categoria ha perso terreno e il Consiglio Nazionale – non l’attuale precisa ma quelli dei decenni precedenti – «non hanno preso palla con i Governi che si sono succeduti. Tra questi la digitalizzazione dove basterà un software per fare tutto».

«Oramai sta  entrando prepotentemente all’interno dei vari adempimenti fiscali, che un tempo ruotavano attorno al ruolo del commercialista. L’Agenzia delle entrate ha iniziato a chiedere ai vari interlocutori di comunicare direttamente le informazioni relative alle spese detraibili o deducibili (farmacia, spese veterinarie, ospedali ecc.) in modo da poterle inserire nel modello online da inviare ai contribuenti. Nel corso degli anni il progetto del precompilato si è affinato sempre di più. Sono state aggiunte detrazioni, spese e maggiori specifiche, in modo da poter fornire al contribuente un modello 730 “quasi perfetto” e nel breve tempo un modello Iva e  redditi scaricabile direttamente dall’imprenditore. Va da sé che con l’introduzione del precompilato la figura del commercialista per “fare la dichiarazione” sta diventando sempre più marginale».

Una battaglia non semplice. Per questo Danilo Picano chiama a raccolta tutto il mondo dei dottori Commercialisti.

«Capisco che i presidenti degli ordini territoriali hanno le mani legate e devono essere ringraziati a priori per il lavoro di volontariato che svolgono. Però se si riuscisse a coinvolgere la base, ed ancora i presidenti e gli iscritti dei circondari a noi vicini, potremmo avere un peso maggiore nelle stanze del potere a difesa della nostra professione. Provarci non costa nulla e qualora riuscissimo ad avanzare delle proposte elaborate da un gran numero di colleghi, penso che il primo ringraziamento arriverebbe dalle nuove leve che potranno forse vedere ancora l’orizzonte».