L’altra faccia della guerra dei rifiuti: Ciociaria sacrificata e umiliata

Virginia Raggi non ha individuato una discarica per la Capitale in cinque anni. Ora prova ancora a scaricare sulla Regione, che però risponde con Massimiliano Valeriani. Ma in tutto questo il perfetto sistema della raccolta e smaltimento della provincia di Frosinone è saltato. E nessuno ha chiesto scusa.

L’emergenza, vera e drammatica, è rappresentata dalle condizioni di Roma: rifiuti per strada e situazione insostenibile. Poi c’è lo scontro politico tra la Regione Lazio e il Comune. Ma in questa “guerra” ci sono anche altre situazioni. Una su tutte: il perfetto sistema di smaltimento dell’immondizia della provincia di Frosinone è saltato.

La teoria del complotto con i rifiuti

Katia Ziantoni, assessore ai Rifiuti di Roma (Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Intanto però l’attenzione è altrove. Ieri pomeriggio l’assessore all’Ambiente del Comune capitolino Katia Ziantoni ha scritto sui social: “Hanno paura che Virginia Raggi vinca di nuovo. E per questo stanno volutamente lasciando i rifiuti in strada, tenendo in ostaggio Roma e i suoi cittadini”. Una versione complottista in piena regola.

Virginia Raggi vuole riaprire la discarica di Albano Laziale. La Regione però ha scelto la strada dell’ordinanza per prorogare di dieci giorni il conferimento a Viterbo. E Massimiliano Valeriani, assessore regionale al ciclo dei rifiuti, ha affermato: “Ennesimo segnale della drammatica confusione e approssimazione che regna in Campidoglio. In questi anni la  Regione Lazio ha aiutato Roma in tutti i modi, ma soprattutto in questi mesi ha tentato di evitare l’emergenza rifiuti nella Capitale e si è fatta carico, con le altre province laziali, di accogliere e gestire i rifiuti romani. Questo perché l’Amministrazione comunale in questi 5 anni non ha compiuto alcuna scelta che servisse a risolvere davvero la questione rifiuti, rifiutandosi di adempiere alle proprie competenze stabilite per legge”. (Leggi qui Rifiuti, per l’emergenza si va ad Albano).

L’atto d’accusa non lascia margini. “Il risultato è una città piena di rifiuti e una tassa, che pesa sulle tasche dei romani, tra le più alte in Italia a causa della necessità di conferire i rifiuti altrove, visto che Roma, la capitale d’Italia, non è autosufficiente. Senza contare la raccolta differenziata ferma da anni al 45%. Anche questa volta la Regione Lazio si assumerà le sue responsabilità accogliendo la richiesta unanime dei partecipanti alla riunione istituzionale di prorogare l’ordinanza che prevede il conferimento dei rifiuti romani nella discarica di Viterbo. Ora la Raggi dimostri di essere sindaco e individui i siti sul territorio comunale dove realizzare gli impianti necessari alla chiusura del ciclo dei rifiuti”. 

In effetti in cinque anni la questione dell’individuazione di una discarica non è stata risolta. Neppure affrontata.

Pensavano di usare Roccasecca

Gli impianti Mad

C’è un dettaglio chiave che emerge sempre di più in tutta la sua chiarezza: tutto è nato dall’esaurimento del quarto bacino della discarica di Roccasecca. Con quattro anni di anticipo rispetto alla scadenza prevista (2026) proprio perché in questi anni Frosinone ha contribuito a ricevere i rifiuti di Roma. Tutto è collassato quando il gestore (la Mad) ha detto basta e non ha portato avanti il progetto che la autorizzava a realizzare un 5° invaso nel quale interrare i rifiuti a Roccasecca ancora per anni.

La Ciociaria aveva un sistema da fiore all’occhiello. Aveva la discarica (quella di Roccasecca, della Mad), ha la Saf, società pubblica composta dai Comuni che tratta i rifiuti nel sito di Colfelice. Ha il termovalorizzatore (San Vittore). I tre elementi consentono di essere autonomi nella gestione dei rifiuti: il sacchetto dell’immondizia viene raccolto, fatto decantare nelle stazioni di trasferenza, portato a Colfelice quando ormai è inerte e viene lavorato per recuperare il possibile e trasformare il resto in combustibile per termovaloizzatore; brucia a San Vittore producendo energia elettrica.

Il presidente sordo alla piazza

FRANCESCO SCALIA. (FOTO: SARA MINELLI / IMAGOECONOMICA)

E quando tanti anni fa Francesco Scalia, allora presidente della Provincia, ebbe l’intuizione della Saf e chiuse le centinaia di discariche sparse sul territorio, in pochissimi capirono che la provincia di Frosinone non avrebbe conosciuto per anni l’emergenza rifiuti. C’erano le manifestazioni in piazza: davanti al palazzo della Provincia venne impiccato un manichino che rappresentava il presidente Scalia.

In questi anni di tranquillità, nei quali Roma e Napoli invece hanno vissuto il caos, nessuno si è reso conto che anche noi saremmo finiti con l’immondizia in strada se non ci fosse stato il coraggio di Scalia e la sua capacità di rimanere sordo di fronte alle urla della piazza.

Adesso è saltato tutto per vari motivi. E addirittura si parla di requisire alcuni terreni della discarica di Roccasecca per ultimare il quinto invaso. A servizio però dei rifiuti di Roma. Non di quelli della provincia di Frosinone. Non è solo un paradosso. È un’assurdità. Il fatto è uno solo: il Comune di Roma in cinque anni non ha neppure affrontato il tema di una discarica propria.