L’amarezza di Saxa Gres per avere vinto al Tar

La sentenza che assegna in maniera definitiva la vittoria a Saxa Gres sulle associazioni ambientaliste. Ma l'azienda non gioisce. Esprime amarezza: "Ricorso inutile, ha esasperato senza motivo il clima”

A colpire non è la sentenza dei magistrati. È la risposta indignata arrivata dallo stabilimento Saxa Gres che oggi ha visto condannare dal Tribunale Amministrativo Regionale le associazioni che le avevano fatto causa. Non solo è stato respinto il ricorso proposto dal Comitato Residenti Colleferro, dall’Associazione Anagni Viva, dall’Associazione Retuvasa Onlus: i giudici della I sezione quater le hanno anche condannate a pagare le spese di lite.

Colpisce la risposta dell’azienda. Non festeggia, non infierisce. Nemmeno ostenta la magnanimità del vincitore che snobba i vinti. Dagli uffici del presidente Francesco Borgomeo fanno sapere solo che è amareggiato «perché è stata intentata una causa palesemente infondata, del tutto inutile, che ha confuso i cittadini, esasperato senza motivo un clima fino a quel momento assolutamente sereno e collaborativo tra azienda e territorio».

C’è una prova a convalidare le parole dell’uomo che ha rilevato la Marazzi Sud dal fallimento e l’ha trasformata in un successo industriale, salvando tutti i posti di lavoro. La prova la forniscono i sindacati: ci hanno messo la faccia. La Uil è andata in pieno Consiglio comunale ad Anagni smentendo le associazioni ed i comitati, accusandoli di non avere la più pallida idea delle accuse che sollevavano. La Cgil ha sempre parlato di un fenomeno positivo. (Leggi qui Il metano si, la discarica no: la mossa di Natalia. Leggi qui C’è un’industria che ha sconfitto il Covid. Ma non basta).

La sentenza del Tar

Le associazioni avevano chiesto di annullare le autorizzazioni rilasciate dalla Regione alla Saxa Gres. Il Tar aveva respinto il ricorso. Gli ambientalisti lo avevano impugnato al Consiglio di Stato. Che aveva accolto una contestazione: non erano stati sentiti gli autori del ricorso e quindi aveva annullato tutto e l’aveva rispedito al Tar.

Il Tar oggi ha ribadito la decisione di respingere il ricorso “per carenza di interesse. Perché anche l’eventuale accoglimento non potrebbe determinare il venir meno degli effetti del successivo provvedimento divenuto ormai inoppugnabile”.

In pratica: l’iter delle autorizzazioni è andato avanti ed è definitivo. E – dice il Tar – se anche se il cavillo di procedura impugnato dagli ambientalisti, fosse fondato, nulla cambierebbe.

L’azienda mette in evidenza un aspetto: quel ricorso era assolutamente inutile, nessun effetto pratico avrebbe potuto determinare, non metteva in discussione né il ciclo di lavorazione né l’uso di materiali riciclati nella realizzazione dei prodotti Saxa Gres. Attaccava soltanto un passaggio procedurale, superato poi dai fatti e dai passaggi successivi.

L’amarezza

Una linea della Saxa Gres

Perché, invece di festeggiare, sono amareggiati? “Non temevamo che potesse esserci altro tipo di pronunciamento. Non possiamo fare a meno di esprimere la nostra amarezza di fronte a ricorsi pretestuosi. Che nulla fanno a vantaggio del territorio, dei lavoratori, della crescita dell’economia locale nel suo insieme. Questo tipo di ricorsi ha il solo risultato di ingenerare confusione nella popolazione, alimentando un clima di scontro assolutamente inutile e non necessario. Soprattutto in questo momento in cui i costi dell’energia e delle materie prime stanno mettendo seriamente a rischio la produzione industriale in tutto il Paese”.

Sono due i passaggi chiave. Il primo: per l’azienda quel ricorso era solo un pretesto. Per far perdere tempo? Per ottenere visibilità e consenso? Per costruire un percorso politico verso le prossime elezioni? Saxa Gres non si infila in questo ragionamento e se ne tiene bene alla larga. Limitandosi a dire che – sentenza alla mano – non c’era alcun interesse delle associazioni a fare il ricorso.

Il secondo: il sistema industriale italiano sta andando incontro ad una crisi di sistema gravissima. Perché i costi dell’energia sono insistenibili. Paghiamo per smaltire i rifiuti e paghiamo per comprare l’energia. Mentre la Francia si costuisce le centrali nucleari e la Svezia fa camminare il 90% delle sue auto con gas ricavato dalla fermentazione dei rifiuti.

Il diritto al biodigestore

Un biodigestore

Un altro punto chiave è quello sul biodigestore: un silos nel quale mettere avanzi di cucina ed erba tagliata dalle cunette, ricavandone quel gas come in Svezia, come in Nord Italia, come dappertutto nel mondo civile. Non è un caso che proprio ad Anagni le stesse associazioni che hanno detto No al biodigestore abbiano presentato l’idea di farne uno loro appena il sindaco ha ritirato il suo parere favorevole al progetto Saxa – Saf – A2A. (Leggi qui Colpo di scena: il biodigestore lo propongono quelli che dicevano no).

Perchè a Saxa Gres interessa il biodigestore? Per avere il gas a prezzo più basso, per poter essere competitiva sui mercati mondiali, per non dover chiudere lo stabilimento e trasferire la produzione in Turchia a causa dei costi.

Oggi l’azienda ha ricordato che il diritto a quell’impianto le spetta. Per legge. E perché il Pnrr colloca miliardi di euro sulla creazione di impianti per dare energia all’Italia.

La narrazione fantasiosa

Il professor Romano Prodi con il presidente Francesco Borgomeo

Sostiene l’azienda: “Anche sul biodigestore, ci troviamo nella stessa situazione: una narrazione fantasiosa, condita da elementi talmente assurdi da sfidare le più elementari basi sul funzionamento di un impianto di compostaggio e biogas”.

A cosa si riferisce? C’è gente secondo la quale il biodigestore brucia i rifiuti: al contrario gli serve che non brucino ma rimangano lì senza fare nulla, il gas si genera da solo. Altri dicono che puzzerà: falso perché il gas deve essere tutto incanalato, lasciarlo uscire significa perderlo e con lui tutti i soldi del suo valore.

Ricorda Saxa Gres: “Il nostro progetto è fermo da 5 anni nonostante la legge preveda un iter di 180 giorni. Viene raccontato strumentalmente male ai cittadini e disegnato come un mostro, quando invece non è altro che un impianto che digerisce sfalci del verde e scarti di cucina. Ma soprattutto produce gas bio, col quale tenere in piedi le fabbriche che oggi rischiano di doversi fermare per la speculazione sulle materie prime, nonostante il raddoppio degli ordini anno su anno”.

Il fatto è che nei Comuni attorno ad Anagni ci sono progetti analoghi: a Ferentino, a Valmontone: ma nessuno dice una parola. È questa stranezza a preoccupare ed amareggiare l’azienda. Perché il suo progetto è talmente regolare che la Asl non ha sollevato obiezioni.

A preoccupare è la frase conclusiva. “Purtroppo si cerca di lucrare sulla pelle delle aziende e dei lavoratori. Quando non ci saranno più sapremo chi ringraziare”.