L’anno vecchio è finito Quello nuovo? Passerà (di C. Trento)

Il 2018 è stato di grandi trasformazioni. ma ha creato le condizioni per cambiamenti ancora più grandi nel 2019. Le tasse aumenteranno (lo ha certificato l'Authority). E nessuna nuova idea per lo Sviluppo è stata portata. Ci considereranno: ma solo per avere il voto alle Europee

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

L’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va. Il premier Giuseppe Conte ha intonato “L’anno che verrà”di Lucio Dalla ai microfoni di Radio Rock. Aggiungendo ironicamente: «La dedico agli italiani, che non accetteranno questa stonatura». Riferendosi naturalmente alla voce.

In realtà verificheremo nelle prossime mesi se gli italiani accetteranno ben altre stonature. Perché la prima manovra economica del governo gialloverde ha più incognite che certezze. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio (Authority indipendente, che effettua verifiche e analisi sulle previsioni economiche dell’esecutivo) la pressione fiscale salirà dal 42% del 2018 al 42,4% del 2019, fino al 42,8% del 2020. Per poi arrivare al 42,5% del 2021. Numeri che naturalmente andranno verificati sul campo, ma in ogni caso previsioni per nulla incoraggianti. E comunque distinte e distanti da quel “cambiamento epocale” annunciato per mesi da Movimento Cinque Stelle e Lega.

Previsioni distinte e distanti dalla flat tax Irpef al 15% per 30 milioni di contribuenti. Sempre secondo le previsioni, in tre anni le imprese subiranno un peso aggiuntivo di 2,4 miliardi di euro. Insomma, un conto salato che potrebbero pagare non soltanto le banche, le assicurazioni e il settore del gioco d’azzardo. Ma pure i consumatori.

L’Ufficio Studi del Consiglio dei commercialisti ha stimato in 600 milioni in tre anni gli aumenti della tassazione sui tabacchi. Poi c’è l’ecotassa, che pende come una spada di Damocle sull’industria dell’auto. Però soprattutto c’è una leva che potrebbe far salire di molto la pressione fiscale per tutti i cittadini. Perché, dopo tre anni di blocco, la manovra non proroga il congelamento delle imposte locali, vale a dire Imu, Tasi, Irap. Oltre alle addizionali regionali e comunali sull’Irpef. Vedremo quello che succederà. D’altronde… l’anno che sta arrivando tra un anno passerà.

Ok la proroga della mobilità. Ma lo sviluppo?

Definito l’accordo per la proroga della mobilità in deroga. Il provvedimento riguarda circa mille disoccupati della provincia di Frosinone. Una boccata di ossigeno arrivata come al solito sul filo di lana. Era importante raggiungere l’obiettivo, per non aggiungere difficoltà a difficoltà.

Ma in Ciociaria resta la totale assenza di politiche di sviluppo. Di progetti in grado di creare occupazione, di rendere attrattivo il territorio. Dovrebbe essere questa la sfida vera, non soltanto del prossimo anno. Invece nulla.

La rivoluzione del 4 marzo mai analizzata

In questo periodo dell’anno dominano i bilanci. Il 2018 verrà ricordato sul piano politico come quello che ha cambiato equilibri, fisionomia e rapporti di forza.

Anche in Ciociaria hanno vinto il Movimento Cinque Stelle e la Lega, quest’ultima però nell’ambito del centrodestra. Ma si è trattato, come spesso accade in Italia, di un voto “contro”, di protesta. Dovuto soprattutto ad una situazione economica che non è migliorata. Con le famiglie che hanno avuto la sensazione (giusta) di essere prese in giro da chi per anni non ha fatto altro che ripetere che il peggio era alle spalle. Senza capire che un conto sono le cifre macroeconomiche, altro discorso è il reddito reale a disposizione delle famiglie.

I Cinque Stelle hanno eletto tre parlamentari su questo territorio. Però nelle dinamiche locali faticano non soltanto ad incidere, ma perfino ad entrare. L’impostazione politica del Movimento è parametrata sul voto di opinione, quindi sul livello nazionale. Ma le istanze del territorio esistono e vanno tenute in considerazione. Non è questione di abolizione o meno del vincolo di mandato del parlamentare. Il fatto è che dietro ogni storia ci sono delle persone, delle esigenze, dei problemi, delle priorità. E a chi dovrebbe chiedere rappresentanza la gente normale se non agli eletti?

Anche la Lega esprime tre parlamentari (due eletti in Ciociaria e uno fuori provincia). Il Carroccio sta crescendo molto sul piano dei gruppi consiliari, andando a “pescare”nel centrodestra. Quando però c’è una crescita rapida, il problema è rappresentato dalla struttura. In questo caso della classe dirigente sul territorio.

La sfida della Lega in Ciociaria per il 2019 è questa. Per nulla semplice.

Il grande intreccio tra europee e comunali

Inutile girarci intorno. In vista delle elezioni europee si rischia un combinato disposto dal sapore della beffa. Intanto perché tutti i big, nazionali e locali, vorranno fare bella figura. Le danze sono già cominciate, ma nei prossimi mesi diventeranno vorticose: con un pressing incessante su sindaci, consiglieri e assessori comunali.

Nessuno si stupirà nel caso di cambi di casacca e di avvicendamenti a livello di esecutivi locali. Ma il fatto è che difficilmente questo territorio esprimerà candidati in grado di essere eletti al Parlamento di Strasburgo. È la solita storia: veniamo considerati un granaio di voti. E perfino alle scorse politiche non sono mancati paracadutati e posizioni “blindate”.

La lezione però non è stata capita. Quindi le amministrative in 38 Comuni, dove a farla da padrone saranno le liste civiche. La logica è completamente capovolta rispetto alle europee: pochissimo voto di opinione, tanto lavoro porta a porta.

Infine, Forza Italia: ieri tutti a pranzo con Antonio Tajani, il quale naturalmente è concentrato sulla conferma alle europee. A livello locale l’orizzonte è quello dei congressi. Possono rappresentare un momento importante. A patto però che vengano superati metodi vecchi, come quelli di parametrare i rapporti di forza sulle tessere.

Buon anno.

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