Le ipocrisie perbene del Lazio Pride a Frosinone (Il caffè di Monia)

Foto: © Alessandro Congiu

Tutti pronti a dirsi tolleranti. E aperti alle diversità. Come per il Lazio Pride a Frosinone. Ma guai se, anche solo per battuta, si insinua che il loro cane è 'diverso'. Il fatto è che siamo così... ci arriviamo un po' dopo

Monia Lauroni

Scrivere per descrivere

Diciamoci la verità, noi meridionali alle cose ci arriviamo sempre un po’ tardi. E pur ripensando con emozione allo splendido gay pride di qualche anno fa in terra brasiliana quando una città intera si è fermata e scesa in strada a festeggiare una sfilata bellissima ricca di gioia e di musica, non c’è niente da fare, qua “quelli un po’ così” sono e rimangono “quelli un po’ così”.

Tanto per intenderci qua nessuno è omofobo, ma come ebbe a dirmi la mia amica cosmopolita, noi ciociari abbiamo una grave carenza di cultura omosessuale.

Frosinone, una città letteralmente spaccata tra chi sostiene il Lazio Pride in programma il prossimo 22 giugno e chi critica senza mezzi termini la manifestazione per l’orgoglio omosessuale. I favorevoli, al netto degli opportunisti da campagna elettorale precoce, guardano alla manifestazione, esasperando il concetto di libertà. I contrari, dal loro canto, forti della vittoria elettorale appena finita, intimoriti da una libertà sfrontatamente ostentata, esasperano il risultato di una libertà collettiva.

Storicamente veniamo da una tradizione antichissima di integrazione delle identità di genere, senza scomodare la tragedia greca e la nascita del mito, la tolleranza e la molteplicità dei romani, la persistenza dei riti pagani nel sincretismo delle feste paleocristiane e poi cattoliche…

Ma noi, ciociari, alle cose ci arriviamo sempre in ritardo. Avete voglia di spiegarci che in alcuni settori è ormai affermata la famigerata lobby gay, che ci sono bambini che vivono felicemente con due mamme o due papà, che si è scritto sui moduli Genitore1 e Genitore 2: per noi l’omosessuale è sempre il cugino Ricuccio “il deviato” che bazzicava all’oratorio, la vecchia Annarella “la masculona” che da piccole la mamma non ci mandava a giocare perché è meglio di no, Robertino l’avvocato che con tanto di moglie e figli ha consumato una vita all’Alibi capitolino, Veronica “la mezza bambola” che faceva girare la testa a tutto il quartiere.

Perché la gente perbene ha voglia di retwettare di gay pride e famiglie arcobaleno, di firmare per i diritti delle coppie lgtb, di indignarsi per i pestaggi e i suicidi, ma se vagamente si sentono sfiorati all’idea che si stia larvatamente insinuando, seppur con una battuta ironica, che non loro, ma addirittura il di loro cane, possa aver minimamente qualcosa a che fare con l’omosessualità, ecco che all’improvviso viene fuori il maschilista, il reazionario, l’omofobo.

Noi la libertà, la civiltà, i diritti e il progresso li viviamo diversamente. Noi mamme ciociare tappiamo gli occhi ai nostri figli se due donne si baciano in strada, ma quando arriva l’8 Marzo molte di noi non abbiamo remore nel farci strusciare da uno spogliarellista semianalfabeta, guaire con attrezzi di plastica in mano, tirar fuori un linguaggio da muratori polacchi. Quella sì che è emancipazione.

Come non si fa fatica a promuovere manifestazioni che hanno l’indubbio pregio di riunire sotto una stessa bandiera (quella anti-abortista/divorzista) movimenti cattolici, politici e gente “per bene”. E processioni in contrasto al gay pride perchè se a questi non ci pensano i medici a curarli allora ci pensa Dio. Magari in una sorta di Sodoma che per colpa loro incenerirà anche noi, quelli normali

Ma quelli che scodinzolano con code di pavone, allegri e festanti proprio no. E le lancette del progresso umano si spostano di nuovo di peso al secolo scorso.

E allora cari omosessuali, dateci un po’ di tempo ancora, sopportate ancora un po’ la nostra ignoranza, insegnateci a non aver paura di provare desideri che scombussolano e soprattutto venite a Frosinone a godervi la nostra ruvidezza, invadeteci; fatelo per tutti noi, per i nostri figli e anche per Ricuccio, Annarella e Robertino.

Noi non siamo omofobi, non siamo cattivi; è che sulle cose ci dormiamo un po’ troppo sù. Magari sognando Torquemada.