Il Lazio unisce la sinistra e divide la destra (di M. Bazzucchi)

Grasso apre all'alleanza col Pd nella regione e parla di "possibile svolta a sinistra". Dall'altra parte Pirozzi non molla, Meloni e Berlusconi contrari

di Mauro BAZZUCCHI

per HUFFINGTONPOST

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Il contatto c’è già stato, ed è avvenuto di buon mattino attraverso i reciproci più stretti collaboratori. È il primo passo del percorso (rapidissimo) che porterà all’accordo tra Pietro Grasso e Nicola Zingaretti sul sostegno dei Liberi e Uguali al governatore uscente per le prossime Regionali del Lazio.

Il presidente del Senato ha fatto pervenire al presidente del Lazio un foglio con una manciata di punti programmatici (otto, per la precisione), che costituiscono le condizioni imprescindibili per l’accordo politico tra le due parti, “il perimetro” per dare al governo del Lazio quella “svolta di sinistra” evocata nel tardo pomeriggio da Grasso in un’intervista televisiva. Zingaretti si è riservato di rispondere a stretto giro di posta, ma è apparso evidente sin da subito che la strada è in discesa, visto che il cahiers de doleance di Grasso è apparso al governatore Dem compatibile col suo programma, peraltro in via di definizione.

Si va dalla previsione di forme di sostegno al reddito per il reinserimento dei disoccupati nel mondo del lavoro alla progressiva riduzione dei ticket sulla diagnostica e sulla specialistica, passando per la soluzione rapida della questione del ciclo dei rifiuti, senza però costruire inceneritori nel Lazio.

Al di là dei punti programmatici, è evidente che la parte più delicata della trattativa riguarderà il peso che Leu dovrà ricoprire in seno al centrosinistra laziale, e in caso di vittoria quante e quali saranno le personalità della formazione di sinistra ad essere utilizzate per governare.

Questioni che cominceranno ad essere affrontate all’inizio della settimana prossima, quando Grasso e Zingaretti, come convenuto stamani, avranno già sciolto la riserva e annunciato ufficialmente l’accordo. Da definire ci saranno, infatti, anche i candidati della società civile che Leu vorrà segnalare al governatore per inserirli nella lista civica che porterà il suo nome, e che si aggiungeranno agli eletti direttamente nella lista Liberi e Uguali.

 

Come è noto, il listino del presidente è stato abolito nella recente riforma della legge elettorale regionale, quindi non sarà possibile blindare i candidati segnalati dai vari partiti della coalizione, ma eventualmente inserirli nella civica.

 

Resta ora da vedere, in casa LeU, come la chiusura dell’accordo con Zingaretti sarà accolta da Sinistra Italiana, i cui esponenti (primo fra tutti Stefano Fassina) anche oggi hanno manifestato il proprio malumore per questo esito. E lo hanno fatto a dispetto della vittoria incassata col niet a Gori in Lombardia, e del veto preventivo posto oggi da Grasso a Zingaretti sull’appoggio di liste “di destra o moderate”, con riferimento non casuale alla lista che porta il nome della ministra della Salute Beatrice Lorenzin.

 

In previsione di questo probabile fronte di attrito interno, Grasso ha insistito su quanto quelle di Gori e di Zingaretti siano “due storie completamente differenti“, mutuando gli argomenti di Sinistra italiana quando ha criticato il sindaco di Bergamo per aver “appoggiato il referendum di Maroni sull’autonomia” e per le sue politiche “incompatibili” con quelle di Leu.

 

Situazione decisamente ingarbugliata, per non dire caotica, sul fronte del centrodestra, dove la pervicacia del sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi nel portare avanti la propria candidatura sta paralizzando di fatto la situazione. Berlusconi ha parlato di una personalità prestigiosa di cui avrebbe già incassato la disponibilità a candidarsi, capace di riportare all’unità la varie anime della coalizione, ma ai più è parso uno stratagemma per prendere tempo, così come l’ipotesi di un ticket Pirozzi-Bertolaso è durato lo spazio di qualche ora.

 

In un quadro così ingarbugliato, l’unica certezza è che Giorgia Meloni, a Bologna per presiedere l’assemblea nazionale di Fratelli d’Italia e per presentare il nuovo simbolo del partito per le Politiche, è determinata a resistere a oltranza sul nome di Pirozzi, che è sostenuto dai “sovranisti” di destra Gasparri e Alemanno, assieme al leader leghista Matteo Salvini. E visto che tutti i dirigenti delle varie anime del centrodestra laziale convengono sulla necessità di presentare un candidato unico per non ripetere la debacle delle ultime elezioni al Campidoglio, dove la presenza di un candidato di Fdi e uno di Fi escluse il centrodestra dal ballottaggio, la strada verso la soluzione del rompicapo appare per il momento decisamente poco agibile.

 

Sempre la Meloni, non a caso, ha parlato di “due o tre giorni in più” per trovare la quadra che non guasterebbero. E chissà che la gaffe di Pirozzi, che ha detto in un’intervista che Benito Mussolini ha il merito di “aver fatto grandi cose” per quanto riguarda opere pubbliche e politiche sociali, non serva in qualche modo a smuovere le acque. Magari convincendo quanti ancora tra i moderati della coalizione nutrono una certa fascinazione per il sindaco di Amatrice, di quanto vanno dicendo da tempo a mezza bocca i suoi stessi compagni di partito, e cioè che si tratta di un personaggio “ormai totalmente fuori controllo”.

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