Le catene di Calenda le spezza Cateno, anzi no

La situazione di Calenda e Renzi. Come Arminio e Maroboduo. Ma a differenza dei teutoni ursini qui c'è una partita più complessa. Ed i ritorno a Roma può essere contemplato

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Arminio e Maroboduo erano due capi dei Germani che prima erano amiconi e poi iniziarono a vedersi l’uno con l’altro come la scabbia. Il primo aveva picchiato duro le legioni di Augusto con la terribile sconfitta di Teutoburgo, il secondo gli aveva dato una mano ma poi non gli piacque che Arminio comandasse da solo e brigasse con un’altra tribù, perciò diventò la sua croce. A rimetterci furono le due tribù, i Cherusci ed i Marcomanni, che prima erano affratellate e poi dovettero riscrivere (a parole, lì ci si stringeva la mano) il patto di unità.

Dove prima si cacciava in due si tornò a cacciare ognun per sé e se i drappelli dei due popoli si incontravano a volte erano mazzate. Roma stette a guardare e fissò il nuovo confine dell’Impero sul Reno, tenendo fuori quei tipi litigiosi e problematici.

Renzi e Calenda come Teutoni ursini

Raffaella Paita (Foto: Marco Ponzianelli © Imagoeconomica)

Ora, a contare che Matteo Renzi e Carlo Calenda tutto sono meno che Teutoni ursini con l’ascia appesa sopra la pelle su cui dormono, le analogie non mancano. Neanche in punto di storia spiccia. Il garante del patto fra le due tribù infatti un giorno si incazzò e convocò entrambe le fazioni per decidere cosa far. Se andare insieme o se piantarla per sempre. Ecco, per i gruppi unitari di Italia Viva e di Azione al Senato la data è quella di domani.

E sarà la senatrice renziana Raffaella Paita a presiedere il chiarimento, lo ha deciso ed ha convocato i senatori di Azione e Italia Viva. Ma cosa c’è da chiarire? Molto, forse talmente troppo che alla fine non si chiarirà nulla. Dopo l’aborto del Partito unico i due leader si stanno scornando come gallinacci da settimane ma mentre Renzi in Senato ha i numeri per fare un gruppo autonomo grazie al “soccorso rosso ma non troppo” di Enrico Borghi che porta i suoi senatori a sei, Calenda di senatori ne ha solo quattro.

Il destino dell’ex ministro pare quindi segnato: finirà in calderone di Gruppo Misto assieme a Verdi e Sinistra, non proprio gente che con Calenda ha “affinità elettive”. Insomma, è un casino tutto democristiano a cui può fare da contraltare solo una cosa, roba che a livello di corrente la vecchia Balena Bianca aveva portato allo stato dell’arte. Urge “siore e siòr” una campagna acquisti.

Urge campagna acquisti

Cateno De Luca (Foto: Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

E qui scatta il problema due, perché nel caso di Calenda ci sono due letture. Una giornalistica smentita ed una fattuale che ad Azione assegna già bottega.

I rumors di più di una testata sono quelli per cui a passare nelle file di Azione ci sarebbe stata benissimo Dafne Musolino. Direbbe don Abbondio nel manzoniano Fermo e Lucia: chi è costei? È un’inquilina di Palazzo Madama eletta nella file di Sud chiama Nord, il Partito meridionalista ortodosso fondato dal già sindaco di Messina Cateno De Luca.

Il sugo è: Calenda fa la sirena con un paio di senatori, si porta i suoi a sei, evita il trappolone di andare sui banchi assieme ai “talebani” della sinistra. E libero dalle catene di una relegazione parlamentare coatta spara una pernacchia talmente grossa a Renzi che Eduardo de Filippo dall’al di là gli fa l’applauso.

Ma pare che non sia affatto così perché qualcuno si è affrettato a smentire tutto. Chi? La diretta interessata Musolino? No, il capo in persona, Cateno De Luca. Che ha detto: “Leggo che Calenda sarebbe alla ricerca di senatori per fare il suo gruppo al Senato e starebbe corteggiando la nostra senatrice Dafne Musolino”. E che fai, a uno del sud gli tocchi l’orgoglio di bandiera e vuoi che non te le canti? “Voglio essere molto chiaro: non siamo dei ‘tappabuchi’. Come ho detto già in passato stiamo lavorando come Sud chiama Nord alle prossime elezioni Europee e dialoghiamo solo con chi ha in mente progetti politici seri che ci consentano di valorizzare il nostro brand”.

Dove sta la verità

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Azione poi ci aveva messo del suo, perché una nota del Partito (ma non di Calenda, e di questi tempi il distinguo conta) aveva precisato di smentire “le ricostruzioni giornalistiche apparse su alcune agenzie di stampa a proposito dell’eventuale ingresso in Azione della senatrice Dafne Musolino perché destituite di ogni fondamento“.

Dove sta la verità? Di certo nel fatto che a Calenda servono donne e uomini per evitare di incatenarsi al Gruppo Misto. Ancor più nel fatto che pescare non è peccato se sei nelle sue condizioni. Ma nessuno lo ammette.

Perché quando due ex amici si ritrovano a prendere ognuno la sua strada con il seguito che non sa più che cacchio fare questo succede. Che finisce come tra Arminio e Maroboduo buonanime loro. Cioè con il secondo sconfitto per credito di truppe e fuggitivo a Ravenna, da cui chiese asilo politico.

A Roma. Che lo (ri)accolse tra le sue braccia grandi.