Le due bici di Salvini e il solito boomerang social

Delizia e croce, i social hanno una memoria eterna. E se non ti ricordi quello che hai detto anni prima rischi che la frase ad effetto di oggi si trasformi in boomerang. Doloroso ma talvolta necessario. Come le bici per Salvini

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Per lui a questo punto servirebbe un tandem, cioè una bici con due manubri, due selle e quattro pedali. Ma a pensarci bene non basterebbe. Non sarebbe sufficiente perché per stare dietro all’ultima incongruenza di Matteo Salvini di bici non ne servirebbero due in una, ma una per ciascuna delle due versioni “e mezzo” che il ministro leghista ha dato sul tema.

Mettiamo due cardini due alla faccenda, tanto siamo già in tema bicefalo, bifido e bipolare, quindi la chiave di coppia non guasta.

Ripensarci è lecito

Matteo Salvini (Foto: Alexandros Michailidis © Imagoeconomica)

Che in politica si possa cambiare visione e sconfessare se stessi non è di per sé un peccato, anzi, tutt’altro. Statistiche mutate, visione differente, nuovi approcci e perfino ammissioni di torto sono tutta mercanzia benaccetta. Perfino le smentite e quel sottile refolo di imbarazzo che le accompagna da sempre.

Tuttavia il numero di volte, la frequenza e la sfacciata evidenza con cui il leader leghista negli anni ha saltato il fosso delle sue stesse posizioni per ritrovarsi esattamente dall’altra parte dello stesso a dire il contrario di ciò che diceva prima è inquietante anche a fare la tara agli aggiustamento ex post. E fa testo.

C’è un’attenuante: per colpa dei social che conservano tutto ciò che scriviamo siamo condannati, tutti, ad una coerenza ortodossa a cui non è sempre facile stare dietro. Non è umana la coerenza, è ora di dirselo, e ciascuno di noi oggi occupa una casella diametralmente opposta a quella che occupava nel suo passato. Perciò, a fare la tara alle sempreverdi spiegazioni sul cambio di prospettiva che male non fa mai, le persone intelligenti e con ruoli pubblici farebbero sempre bene a pesare le uscite social. Ed a farlo su temi rispetto ai quali poi le stesse, sovraesposte ormai per fisiologia, sono costrette a vedersi tornare un boomerang dritto sul setto nasale.

I tweet invecchiati male

Maradona ai tempi del Napoli

Di tweet invecchiati malissimo di Salvini in giro ce ne sono dozzine. Valga per tutti quello che forse fu il più “innocuo” politicamente. Fu su Maradona. Il 21 ottobre del 2013 scriveva indignato: “Maradona che prende in giro gli italiani, Fazio che lo abbraccia, sulla televisione pubblica, Italia Paese di m…”. Poi El Pibe muore e Salvini che punta a fare il Padre Nobile degli italiani twitta: “Un genio unico, assoluto e irripetibile del calcio mondiale. Una preghiera per Maradona“.

E l’abbiamo presa lasca volutamente perché sul caso di specie l’attuale vicepremier allora con fregole da premier tutto sommato poté invocare la doppia chiave di lettura, quella del genio e della sregolatezza dell’asso calcistico. E del colpo traverso per colpire soprattutto il cavallo di Viale Mazzini.

Una bici per Salvini

Ma con le bici Salvini ha fatto di meglio e di più: su tema unico ha detto due cose opposte e le ha dette a seconda della posizione politica da cui le diceva.

C’è un doveroso preambolo che però semmai incrementa il mood “casereccio” di certe faccende: sul quotidiano Libero Salvini ha poi smentito tutto e lo ha fatto quando ha visto che la sua incongruenza era stata “tanata”. Cioè, invece di dire che ha cambiato idea ha detto che lui non intendeva dire quello che ha detto.

Lo stato dell’arte del bipolarismo salviniano prende piede da un tweet del primo dicembre del 2015. A guidare il governo c’è Matteo Renzi ed a lanciare la camola è il parlamentare dem Marco Filippi. Per capire di quale camola si fosse trattato basta leggere come reagì sui social Salvini: “Intanto un senatore del Pd ha proposto di mettere targa, e di far pagare il bollo, anche a proprietari di bicicletta. Matti!“. Insomma, chi azzardava proposte del genere era un pazzo sciroccato e non c’era neanche bisogno di dimostrare il perché.

Flashback, dissolvenza e veniamo ai giorni nostri. Salvini stavolta non subisce la linea, la detta: e il tema è sempre quello delle due ruote. Rispondendo in Question Time e per garantire “più regole, più educazione e più sicurezza sulle strade italiane” si andrà a prevedere “casco, assicurazione, targa e freccia obbligatori per monopattini e biciclette, attraverso modifiche puntuali al codice della strada, insieme a una legge delega per la riforma organica dello stesso codice della strada che contiamo di portare a breve all’esame di queste Camere“.

Poche ore dopo il conducator leghista già messo alla berlina su molti media preciserà: “Targhe, frecce, assicurazioni, casco e limiti di velocità sono per i monopattini, non per le biciclette”.

Autogoal sulle bici

Matteo Salvini (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

In polpa di poker: il ministro di Trasporti ed Infrastrutture o si è dato del matto da solo, o ha riconosciuto che quel Filippi là tanto matto poi non era. Oppure si è scordato per l’ennesima volta che i social, maledetti, non perdonano. Oppure sa benissimo che non perdonano ma lui gioca a diventare claim anche a costo di passarci scientemente per una versione laica di Michele Misseri. Con lui è un po’ come nei “pacchi” di Rai 1: quale scegliere è maledettamente difficile ma sai che ognuno contiene la tua gloria o la tua dannazione.

La gloria di essere contro o pro e la dannazione di essere pro o contro, tutto assieme e in un arco temporale medio che va dalla prima poppata di un bimbo al suo ingresso in asilo nido. E in un mix nevrastenico che a dire il vero neanche fa più tanto notizia. Anche perché poi Salvini aggiusta il tiro e la cosa passa veloce come passano veloci tutte le cose che hanno cardine social.

Non la farebbe anzi se non fosse che da leader politico Salvini si fa magari auto-pernacchie clamorose e amen per chi lo vota. Ma da ministro Salvini tocca, e tocca due volte in antitesi presunta, temi cruciali dai quali dipendono economia e condotta della società. Ecco, in questo secondo caso non è difficile capire che magari non c’è solo la beffa circense dell’autocensura, ma il danno oggettivo di una linea che segue più gli umori che le necessità.

E che porta Salvini a viaggiare in tandem con se stesso e con uno dei due sellini mancanti nel fantozziano salto “alla bersagliera”: quello su cui deve sedersi la gente e nel farlo pedalare di brutto.

Soprattutto dietro a lui.