Le primarie e la vittoria dei paradossi

La vittoria di Damiano Coletta è la sintesi dei tanti paradossi che accompagnano la storia politica di Latina in epoca recente. Ecco quali.

Andrea Apruzzese

Inter sidera versor

Come la si voglia guardare, quella di Damiano Coletta alle Primarie di coalizione del campo progressista per la scelta del candidato sindaco di Latina è la vittoria dei paradossi. (Leggi qui: Il triplete di Coletta).

Da un lato c’è chi le Primarie non le avrebbe volute e pur non volendole le ha stravinte: Lbc e Coletta. Dall’altro, chi le primarie le ha sempre volute, fanno parte del suo DNA, e le ha perse malamente: il Pd e Daniela Fiore, con voti quasi doppiati da quelli di un Coletta in piena corsa.

Il Pd ci ha creduto, il Pd è stato unito nel sostenere Daniela Fiore ma qualcosa evidentemente non ha funzionato. Già dalla mattina: quando diversi, nei Dem e nello staff della Fiore, osservando le code in fila ai seggi delle primarie, sussurravano «Non sono volti nostri, non li conosciamo. Sono di Coletta». Il Partito dunque è stato unito, ma il suo popolo forse lo è stato meno. Ed è stato invece il popolo dell’ex sindaco ad accorrere, ed è accorso per lui.

I NUMERI

Lui vince: ha vinto una volta su Nicola Calandrini, due volte su Vincenzo Zaccheo e ora una volta su Daniela Fiore. La sua persona vince e convince, non è questo il punto. Il punto è che intorno a Pelé o a Maradona serve comunque una squadra.

E il problema sono i numeri. È un problema qualitativo e quantitativo rispetto a liste di Partiti, più avvezze a “fare massa” nel raccogliere voti. Coletta non deve puntare a vincere, deve puntare a governare e per fare questo gli servono numeri in Consiglio.

Ma quello delle liste è stato, nel 2016 come nel 2021 il suo tallone d’Achille. Vediamo i numeri: nel 2016, Coletta aveva tre liste: Lbc, Lbc Giovani e Lbc Latina rinasce; insieme, al primo turno, ottennero un totale di 11.641 voti, pari al 17,34%. Nicola Calandrini, il suo sfidante al ballottaggio, aveva cinque liste che ottennero al primo turno 16.972 voti, pari al 25,28%. Enrico Forte, il candidato del Pd che finì terzo e quindi fuori dal ballottaggio, aveva tre liste, che presero 15.259 voti, pari al 22,73%.

L’insieme delle liste di Coletta, dunque, nel 2016 era terzo, dietro quelli di Calandrini prima e Forte poi. Lo stesso Coletta, al ballottaggio, ci arrivò da secondo, un soffio dietro Nicola Calandrini (appena 45 preferenze di meno). Ma, con la vittoria al ballottaggio, per Coletta si spalancarono le porte del premio di maggioranza: squadra che fu bulgara, per gli anni dal 2016 al 2021.

DUE SFIDE DIFFERENTI

Coletta e Zaccheo

Nel 2016, vinse con il tema della legalità, dei conti in ordine, della trasparenza. Che, in politica e in amministrazione dovrebbero essere ovvi e il minimo, ma che in un certo periodo, non lo furono, come evidenziato dalle indagini della magistratura.

Nel 2021 si rivota. È Coletta contro Vincenzo Zaccheo. Coletta ha quattro liste (cui poi, in fase di ballottaggio, si aggiungerà il M5S con l’apparentamento), che ottengono al primo turno 19.572 voti, pari al 32,86%. Zaccheo ha la bellezza di sette liste, che direttamente al primo turno sfondano il tetto del 50%: ottengono direttamente 31.652 preferenze totali, pari al 53,15% e hanno subito il premio di maggioranza. Ma il candidato sindaco non ce la fa: è costretto al 48,30%, si ferma un attimo prima della vittoria al primo turno, è obbligato al ballottaggio, di nuovo (per il centrodestra) contro Coletta che è sindaco uscente.

Coletta, nonostante l’apparente svantaggio di avere già un Consiglio comunale “contro” (tema che il centrodestra sfrutterà nei 15 giorni di campagna elettorale per il ballottaggio, un’assise già definita), batterà Zaccheo al ballottaggio. Ma sconterà i numeri contro, ovvero l'”anatra zoppa” in Consiglio, fino alle dimissioni finali dei consiglieri di centrodestra che manderanno a casa l’amministrazione.

L’ERRORE STRATEGICO

Vincenzo Zaccheo esce dal notaio dopo le dimissioni

Dimissioni che, viste con la prospettiva del centrodestra, potrebbero essere state un errore strategico, rispetto a quelle che mandarono a casa Zaccheo il 15 aprile 2010: Zaccheo aveva infatti superato la prima consiliatura e metà della seconda consecutiva, con l’impossibilità di ricandidarsi immediatamente; Coletta no.

Al candidato progressista serve ora quindi una vittoria non solo personale, ma di lista; lui deve essere leader, e non può limitarsi ad essere attrattore di voti solo per la sua persona, ma sarà la coalizione ad essere chiamata a un risultato superiore rispetto a 2016 e 2021.

Matilde Celentano, candidata sindaco del centrodestra, è già a cinque liste, ovvero a 160 candidati consiglieri comunali che correranno per essere eletti in assise e per portare voti alla coalizione. Coletta avrà come liste sicure Lbc, Per Latina 2032, Pd; si vedrà come si organizzeranno anche PSI, Europa Verde, M5S.

IL PARADOSSO DEL POLITICO

Damiano Coletta (Foto: Valerio Portelli © Imagoeconomica)

Ma è soprattutto un altro il paradosso. È quello di una persona quasi “condannata”, dal suo continuo vincere, anzi, dalla sua impossibilità di perdere, a essere ciò che egli non avrebbe mai voluto: un politico di professione.

Premesso che ha da tempo ripreso la sua professione di medico, subito dopo il 28 settembre, e che anche questa campagna elettorale delle primarie l’ha svolta dopo gli impegni tra ambulatori e sale operatorie, Coletta corre forse il rischio di trasformarsi in un politico di professione.