L’endorsement scomodo di Bettini

Imagoeconomica / Leonardo Puccini

Loda Letta, insiste su Conte e lancia Zingaretti. Ma siamo sicuri che le “benedizioni” del Cardinale non siano adesso un abbraccio mortale? Nel Pd tra Enrico Letta e Dario Franceschini si sta saldando l’asse democristiano. E il rapporto con i Cinque Stelle è destinato a cambiare

Rieccolo. Goffredo Bettini torna sulla scena politica del Partito Democratico con una lunga intervista al Corriere della Sera. Lo fa annunciando il varo di una nuova piattaforma politica a partire dal prossimo 14 aprile. Lo fa dicendo di volersi mettere a disposizione del segretario Enrico Letta, da lui definito “in frase di decollo”.

Lo fa spiegando che Nicola Zingaretti è il candidato più forte per le elezioni comunali di Roma. Lo fa ribadendo il giudizio politico su Giuseppe Conte. Ma il punto è: quello di Bettini resta un endorsement forte oppure è diventato un abbraccio politicamente mortale. (Leggi anche Smeriglio: “Buschini, Erdogan ed il Pd smarrito”).

Qualcuno ha fatto cadere Conte

Giuseppe Conte

Bettini per anni è stato lo stratega vincente del Pd laziale e romano, consigliere autorevole e ascoltato di Zingaretti, Veltroni, Rutelli. Ultimamente però le cose sono cambiate e lo schianto del Governo Conte due ha lasciato il segno. Portando anche alle dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario.

Bettini dice:  «C’è stata con Conte una collaborazione nei mesi passati che non ho la minima intenzione di cancellare. Il suo governo ha fatto bene all’Italia. Non è caduto. È stato fatto cadere. Le ragioni debbono essere ancora indagate meglio. Ancora oggi Conte ha un rapporto molto saldo con l’opinione pubblica italiana. Non è un peso morto. Ma una risorsa».

«Il rammarico è non aver voluto utilizzare la sua forza da parte di tutti. Gli è stato detto no per la candidatura nel collegio di Siena, e poi come federatore. Alla fine ha scelto di guidare il Movimento di Grillo. Con l’intenzione di rifondarlo. Potrà essere un bene per tutti. Il Pd avrà un interlocutore pacato, ragionevole, amichevole e di valore. Con la speranza, ripeto, che egli possa arare territori sociali e politici nei quali la sinistra da decenni arriva più difficilmente».

Il punto però è che Enrico Letta pochi giorni fa ha detto che la leadership verrà decisa dagli elettori. Con i voti, sul campo. Vuol dire che per Letta i Cinque Stelle di Conte sono un interlocutore importante ma non privilegiato. E che soprattutto il Pd non intende andare a traino dei pentastellati. E’ un cambio di strategia notevole.

Bettini e l’abbraccio a Zingaretti

Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini (Foto: Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica)

Quindi Goffredo Bettini ha aggiunto: «Zingaretti sarebbe, a mio avviso, la candidatura più forte. Per ovvie ragioni. Anche sulla vaccinazione nel Lazio, sta dimostrando di essere un fuoriclasse sul piano amministrativo. Ha ripetuto, tuttavia, che non vuole candidarsi a Roma. Deve concludere la sua complessa esperienza alla Regione, svolge un ruolo di governo locale da più di quindici anni, dovrà nelle prossime settimane «per forza di legge» commissariare il comune di Roma se non indicherà un sito per i rifiuti del suo territorio».

«Letta sta seguendo da vicino la vicenda. La risolverà al meglio. Aggiungo, per completezza, che occorre far presto per non logorare le altre candidature in campo. Di donne e di uomini. A partire da quella di Gualtieri, che si è detto disponibile a concorre alle primarie e rappresenta una carta di enorme valore per Roma. E garantisce un rapporto con il governo nazionale e l’Europa. Il tema di Calenda è diverso. Non mi pare che egli accetti il percorso dell’alleanza del centrosinistra romano. Nulla di male. Se vorrà, giocherà la sua partita in piena libertà. Spero senza inasprire toni e conflitti con il Pd. Perché, a mio avviso, rimane il leader più significativo e vivo di quell’area liberale e modernizzatrice, indispensabile al campo democratico per vincere in Italia contro la destra».

Ragionamento, quest’ultimo, che non fa una grinza. Ma lo fa Goffredo Bettini, che negli ultimi tempi non è più il punto di riferimento sul piano delle strategie politiche. Nel Pd Enrico Letta sta crescendo, mentre Dario Franceschini è sempre più forte. Si sta rafforzando l’asse democristiano.