La lenta discesa all’inferno

Caro direttore,
ho letto con interesse la sua notizia della nuova acquisizione d’una azienda ciociara, conclusa da un gruppo estero. (Leggi qui Mamma li turchi). E’ l’occasione per alcune riflessioni.

Per le festività pasquali sono tornato a Supino dopo tanti anni e, attraversando il cosiddetto Asse attrezzato, in entrambi i sensi di marcia, ho avuto il senso della crisi che sta divorando la provincia di Frosinone. Moltissime le fabbriche e le aziende che non esistono più, altrettante quelle che sono in crisi, pochissime quelle che sopravvivono. Non ho contato più i capannoni industriali nei quali non si esercitano più attività industriali.

Ho avuto l’impressione di passare attraverso un cimitero industriale. Nel quale, però, il vero defunto non sono le imprese. Ad essersi estinta è quella politica che aveva saputo pianificare. Aveva creato le condizioni affinché si venisse ad investire qui. Immaginando con dieci anni d’anticipo lo sviluppo arrivato poi negli anni Settanta.

Quella classe politica è stata rimpiazzata da una molto più spregiudicata. Ma molto meno capace Una classe per la quale le opere non erano occasione di crescita ma soltanto appalti sui quali lucrare. Non sto negando che anche nel decennio precedente ciò avvenisse. Ma l’obiettivo principale era lo sviluppo, il lucro era non conseguenza fisiologica. Poi invece i rapporti si sono ribaltati.

Così, ci siamo ritrovati monumenti al nulla. Per anni si è parlato di aeroporto e di interporto: certa politica non è stata capace di realizzarli. E gli imprenditori seri poco impiegarono a comprendere come sarebbe andata a finire. Furono più lesti loro a togliere il disturbo evitando che la reputazione potesse essere in qualsiasi modo accomunata a quella di chi avrebbe dovuto realizzare l’opera.

Oggi non si è in grado nemmeno di realizzare una manutenzione stradale decente.

In mezzo a tutto ciò si erge l’ecomostro della discarica di via Le Lame: mi chiedo se davvero verrà mai bonificato. Mi chiedo se ci sarà mai una vera bonifica della Valle del Sacco e se, soprattutto, si riuscirà a risalire a chi e che cosa l’ha ridotta in questo stato. Ho toccato con mano, caro direttore, quello che lei scrive sul blog: i collegamenti internet sono lentissimi, altro che fibra ottica.

In questo scenario non possono che essere considerati ‘eroi’ quegli imprenditori che hanno ancora il “coraggio sacro” di mantenere la loro attività in Ciociaria, quando altrove potrebbero avere sgravi fiscali.

Mi chiedo, caro direttore, cosa aspettino i politici e i presidenti delle associazioni di categoria a varare perlomeno un grande piano di riconversione industriale. La nostra provincia ha 120.000 iscritti ai Centri per l’impiego, centinaia di famiglie che hanno perduto ogni forma di ammortizzatore sociale, migliaia di persone che si rivolgono ai Centri della Caritas. Una situazione grave: ma un conto è leggerla, un altro conto vederla di persona.

Ho fermato la macchina di fronte a quei capannoni. Ho guardato alle mie spalle e poi davanti a me. Così ho percepito in modo ancora più chiaro la situazione di questo territorio. La differenza tra passato e futuro. Io mi sono dovuto preoccupare soltanto di mettere mio figlio nelle condizioni di studiare per costruirsi un futuro. Lui invece, per i suoi figli, dovrà preoccuparsi di farli studiare cercando di sopravvivere egli stesso. Dovrà metterli nelle condizioni di andare all’estero e costruirsi altrove un futuro.

Non mi consola il fatto che sia in buona compagnia. Non cambia la mia percezione, sapere che i politici di una volta creavano capannoni e posti di lavoro. Mentre quelli di oggi non riescono a creare un posto per i loro figli: per riuscirci devono ricorrere a scambi di favori incrociati, tu assumi il mio e io assumo il tuo. Ai miei tempi era una pratica meschina alla quale ricorrevano gli uscieri (allego alla presente una serie di nomi famosi, con collocazione lavorativa e relativa assunzione in contropartita). Non parliamo poi di quelli che mendicano un assessorato per sbarcare il lunario: non già per lucrare sugli appalti ma per campare con l’indennità.

Capisce direttore, è questo il punto di rottura del sistema. La provincia di Frosinone fa parte delle aree del Paese più degradate e disagiate, ma non ha neppure i benefici che altrove ci sono.

Ho smesso da anni di interessarmi di politica e non mi piace fare del populismo facile. Però caro direttore, chi dovrebbe preoccuparsi di fare qualcosa per cercare di risollevare la provincia di Frosinone? Come seleziona, questo territorio, la sua classe dirigente? E non mi riferisco solo alla politica.

Altro che decrescita felice, questa è una discesa all’inferno.

 

Lettera firmata (il nome, caro direttore, lo tenga per sé: non le ho scritto per essere citato)

 

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