Premessa. Chi parla non è mai stato un fervente sostenitore né di Paolo Tuffi né di Galliano Vecchi. Nel primo caso poi, il fatto di essere diventato cittadino di Anagni a partire dal 2001, quando cioè la carriera politica di Tuffi era ormai di fatto terminata, per dare spazio a quella di artista, non mi ha permesso di conoscere a fondo la sua figura. Su Galliano Vecchi invece posso dire qualcosa di più, essendo stato Galliano un esponente della prima ora della ruggente stagione del primo centro destra anagnino, quello di Franco Fiorito prima e di Carlo Noto poi.

Quella stagione, come molti ricorderanno, iniziata all’alba del 2001, quando un giovane esponente di Alleanza nazionale arrivò quasi di sorpresa nelle stanze del palazzo comunale, entrando in stanze che erano sempre state, fino a quel momento, feudi repubblicani o comunisti. Con presenze notevoli anche per quanto riguarda i democristiani ( vedi appunto il caso di Tuffi). (Leggi qui Paolo Tuffi, l’uomo che fermò gli orologi per approvare la Legge).
E con Vecchi ho avuto, come tutti sanno, trascorsi non proprio idilliaci; all’epoca della sua presenza in giunta come assessore all’Istruzione avemmo una discussione molto accesa, in seguito alla quale decise di togliermi il saluto. Onestamente non ricordo più chi avesse ragione o torto. E forse non è neppure importate saperlo adesso.
L’eredità di Tuffi e Vecchi
Quello che è importate però è un’altra cosa. Con Tuffi e Vecchi termina una stagione politica discutibile finché si vuole, ma nella quale, ad Anagni, c’era una classe dirigente riconoscibile e caratterizzante. Nel bene nel male quegli uomini hanno segnato una (lunga) stagione della città dei papi.

In queste ore, ad esempio, circolano in rete le storiche immagini dell’arrivo ad Anagni di Karol Wojtyla. Giovanni Paolo II venne in visita nella città dei papi il 31 agosto del 1986. E tra gli uomini che vennero a salutarlo in un’affollatissima Piazza Cavour c’era anche Paolo Tuffi. Geni dell’architettura come Massimiliano Fuksas spendevano il loro talento per disegnare il Palasport di Anagni: glielo aveva chiesto Tuffi. Una star di prima grandezza mondiale come Sofia Loren veniva a sottolineare lo spessore di quei personaggi nella festa di chiusura della campagna elettorale. Anche in questo caso, è stata un’iniziativa di Tuffi.
Tutto in mano all’improvvisazione
Memorie di un passato irripetibile. Nel quale i politici avevano idee, ideali, ed una visione chiara. Oggi, in molti casi, tutto questo non c’è più. Oggi, tranne poche eccezioni, la politica locale è la fiera dell’improvvisazione; un mondo in cui conta solo (o quasi) l’accettazione supina di quanto viene dall’alto. E nel quale, da una pare e dall’altra, non sembrano esserci né visione né programmazione.
James Freeman Clarke (anche se spesso la frase viene attribuita ad Acide De Gasperi) diceva che “ Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo Partito; lo statista a quello del suo Paese”.
Lo si potrebbe dire anche dei politici che ci hanno lasciato. Su quelli che restano, meglio non dire nulla.
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