La statura di Draghi e la lezione magistrale

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Molti vorrebbero l’ex Governatore della Bce a Palazzo Chigi, ma in pochi hanno il coraggio di proporlo. E così il premier e i Cinque Stelle fanno scattare il veto. Ma l’analisi del frusinate Dario Di Vico sul Corsera svela cosa c’è davvero in ballo.

L’unica che ha criticato il discorso di Mario Draghi è stata Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. Puntando l’indice contro l’europeismo acritico e quello che ha definito “un passaggio inquietante”, cioè la creazione di un Ministero del Tesoro europeo. Per il resto nessuno ha alzato la manina per dire qualcosa di negativo. Anzi, tutti hanno apprezzato il discorso dell’ex Governatore della Bce. Tranne naturalmente il premier Giuseppe Conte e i Cinque Stelle. Il leader Dem Nicola Zingaretti ha definito quello di Draghi “un bel discorso”.

Mario Draghi non ha ambizioni politiche, ma proprio per questo in molti lo vorrebbero in politica. Ed è sempre per questo che ogni volta che parla, Conte vede le streghe.

La lezione di Dario

Dario Di Vico è uno dei principali e più autorevoli editorialisti del Corriere della Sera. È di Frosinone e da queste parti lo ricordano tutti.

Proprio Di Vico ha scritto: “Dicono i politologi che la forza di una leadership si misura dalla capacità di generare lessico. E c’è da scommetterci che dopo il famosissimo «whatever it takes» del 2012 anche l’abbinata (polemica) coniata ieri da Mario Draghi sul «debito buono» contrapposto al «debito cattivo» avrà fortuna. La sentiremo ripetere tante volte nei commenti degli osservatori, nelle dichiarazioni dei politici e persino nei concitati talk show della sera.

Ma al di là della capacità di produrre innovazione nel discorso pubblico, Draghi ieri ha fatto centro direttamente in politica. Arrivato al Palacongressi osservando minuziosamente tutti i protocolli di sicurezza, l’ex presidente della Bce ha fatto una scelta precisa.

La lezione di Draghi

Avrebbe potuto tenere una fredda lectio magistralis sui mutamenti dell’economia mondiale post Covid e sulle tendenze di aggiustamento della globalizzazione e invece ha preferito parlare dell’Italia di quest’agosto 2020. Un’Italia attanagliata dall’incertezza e quindi non in grado di far partire una vera ripresa degli investimenti e dei consumi.

Quello che aumenta è solo il risparmio delle famiglie: hanno paura e mettono da parte, nella zona euro in un anno è salito dal 13 al 17%. Per ridurre l’incertezza ci vogliono diverse cose e Draghi le ha ricordate una dietro l’altra: un programma che non sia legato all’emergenza, una visione etica di lungo periodo, una proposta di società che includa i giovani e, non ultima, una leadership capace di cucinare tutto ciò”.

La paura di un banchiere

La capacità di creare lessico fa rima con quella necessità di avere “parole chiave” e riconoscibili,  tema che Alessioporcu.it ha affrontato nei giorni scorsi. (leggi qui Al Pd manca la… parola).

L’Italia a settembre, dopo le elezioni, dovrà affrontare temi economici in grado di far tremare i polsi. Nessuno lo dice apertamente, ma in tanti vorrebbero Mario Draghi a Palazzo Chigi. Solo che a tutti manca il coraggio della proposta bipartisan. A fare paura sono le precedenti esperienze fatte con i banchieri al Governo: la purga imposta da Mario Monti ne è la dimostrazione, perché un premier politico cerca le soluzioni che possano essere condivise da più gente possibile, il premier banchiere guarda ai conti, poi preleva e taglia.

E in questo eterno limbo il fuoco di sbarramento dei Cinque Stelle e di Giuseppe Conte ha la meglio. Con l’Italia che resta sospesa sull’orlo del baratro.