L’industria meccanica si ferma: meno ordini da Italia ed estero

I dati di Federmeccanica: l'industria arretra dopo tre trimestri di stagnazione. In calo la domanda interna e dall'estero.

Tre mesi di stagnazione e poi l’arretramento: non lascia spazio a dubbi l’indagine congiunturale di Federmeccanica. I numeri dicono che i primi tre trimestri del 2018 sono stati di stagnazione per le industrie metalmeccaniche e l’ultima parte dell’anno si è chiusa con una contrazione dell’1%.

Cosa lo ha determinato: il ridimensionamento delle esportazioni ed il calo della della domanda interna. Anche le attese per l’inizio del 2019 denotano una debole congiuntura settoriale.

I dati nel Lazio

Nel Lazio la situazione è stata migliore. I risultati dell’indagine svolta da Unindustria su un campione di imprese che applicano il contratto nazionale di lavoro Metalmeccanico indicano per l’ultimo trimestre 2018 un andamento più favorevole. Sia rispetto ai mesi precedenti sia rispetto alla media nazionale.

Il 47% delle imprese usate come campione ha registrato un aumento della produzione. Il 39% ha avuto un aumento del fatturato. Merito soprattutto degli ordini arrivati dall’estero. Sono diminuite le imprese che registravano un calo dei volumi di lavoro e dei guadagni: giù del 18% in entrambi i casi. Nel comparto manifatturiero del Lazio emerge tuttavia una tendenza alla crescita delle scorte di materie prime e di prodotti finiti (29% delle risposte).

Aspettative un po’ così

Meno positivo il quadro delle aspettative per la prima parte del 2019. Su questo aspetto c’è coincidenza tra Lazio e resto d’Italia: le prospettive per la produzione e il fatturato appaiono meno brillanti.

C’è meno ottimismo: prima c’erano più aspettative di aumento, ora invece aumentano le ipotesi di stazionarietà.

Anche in questo caso la componente estera ha il suo peso: viene data per stabile nel 61% dei casi ed in flessione nel 14%.

Occupazione, previsioni solide

Restano invece solide le previsioni per l’occupazione: il 45% delle imprese è convinto di mantenere gli attuali organici anche nel 2019. C’è chi addirittura prevede un aumento dei dipendenti o dei collaboratori (35%).

Lo scenario del Lazio è più promettente della media nazionale: nel resto d’Italia solo il 18% delle imprese con contratto metalmeccanico prevede una crescita dell’occupazione.

Quota 100

In occasione dell’indagine, è stato formulato alle imprese un quesito relativo agli effetti della ”Quota 100”, le previsioni parlano di un aumento dei pensionati. Le imprese sono disposte a rimpiazzare quei lavoratori in uscita? Nel complesso del campione prevale l’ipotesi di una sostituzione parziale (51%), seguita dalla sostituzione integrale (29%) e dall’eventualità di non effettuare sostituzioni (20%).

L’indagine mostra comunque che la propensione a sostituire – integralmente o parzialmente – i lavoratori in uscita tenda a crescere all’aumentare delle dimensioni aziendali: l’ipotesi di non effettuare alcuna sostituzione è esclusa nelle grandi imprese e sale fino al 27% nelle piccole. 

Ricambio generazionale

Per Fabio Mazzenga, Presidente della Sezione Meccanici di Unindustria – «in modo particolare nelle aziende più strutturate, potranno avviarsi percorsi di ricambio generazionale. C’è la possibilità di inserire giovani risorse in possesso di nuove competenze in ambito tecnico e di difficile reperimento sul mercato».

Nel triennio 2019-21 si prevede di inserire nel settore manifatturiero oltre 193mila tecnici. C’è un problema: 1 su 3 è di difficile reperimento, come emerge dai dati di Confindustria del 22 gennaio scorso. hanno qualifiche che i nostri disoccupati ed i nostri giovani non posseggono.

Nell’ambito dell’indagine è stata anche chiesta l’opinione delle imprese riguardo alla diminuzione delle ore di alternanza scuola-lavoro per gli studenti delle Scuole. Lo ha previsto la Legge di Bilancio 2019.

La maggior parte delle aziende sostiene che la riduzione del numero di ore vada ad incidere sulla buona riuscita del percorso: in termini di acquisizione delle competenze previste nel progetto. In particolare, più della metà delle imprese dichiara di non conoscere lo strumento dell’Its, Istituto Tecnico Superiore, ovvero il percorso di specializzazione tecnica post-diploma, sviluppato per quelle aree tecnologiche definite come prioritarie a livello nazionale per lo sviluppo della competitività delle imprese e del territorio.

Invece – prosegue il presidente Mazzenga – diventa fondamentale favorire l’attivazione di un legame stabile tra sistema formativo, territorio e imprese, dal momento che in Italia quella dell’Its è ancora una realtà di nicchia, se ci paragoniamo alla Germania».

Tra i pochi esempi che Unindustria ha potuto portare c’è quello di Frosinone che il 13 febbraio scorso ha promosso la costituzione di una Fondazione Its con cui formare nuovi profili in ambito meccanico e meccatronico. (leggi qui)