I fatti di questi giorni mettono in evidenza che a Michele Marini venne bruciata la carriera politica. Per un fatto che non aveva commesso. E che anche le decisioni prese da chi venne dopo di lui hanno segnato il presente. Come i milioni di euro dei contenziosi che sono stati aperti per la Monti Lepini
Turbativa d’asta e corruzione, furono i reati contestati nel 2012 all’ex sindaco di Frosinone Michele Marini. Li ipotizzarono nei suoi confronti e quelli di altri amministratori, tecnici ed imprenditori. Tutti indagati in relazione ai lavori di rifacimento ed ampliamento della Monti Lepini, la strada ormai del tutto obsoleta che collega Frosinone a Latina.
L’accusa era tra quelle più classiche: aver favorito un imprenditore nella gara d’appalto vinta dalla Delta Lavori di Sora. Venne ipotizzato il pagamento di una tangente: pari al 4% dell’intero valore dell’appalto. Che era di quasi 10 milioni di euro.
Tanto rumore per nulla
Dal processo però non è emerso che quella tangente sia stata né chiesta né pagata. Se è esistita, il sindaco Michele Marini non ne ha mai ricevuto nemmeno un centesimo. Gli hanno controllato ogni cosa: a lui, ai familiari stretti, a quelli alla lontana. Nulla. Michele Marini non ha preso tangenti: né per la Monti Lepini né per altro. Le indagini hanno appurato che dopo cinque anni da sindaco di Frosinone era più povero di quando ha cominciato e viaggiava su una macchina ancora più scassata.
L’inchiesta ebbe grande risonanza mediatica all’indomani del ballottaggio per l’elezione del sindaco di Frosinone nel 2012: i carabinieri e la guardia di finanza effettuarono una perquisizione negli uffici comunali. Le indagini proseguirono con una serie di accertamenti bancari, finché nell’ottobre del 2014 venne recapitato agli indagati, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Il 3 luglio dell’anno seguente venne fissata l’udienza preliminare, mentre l’apertura del giudizio di fronte al Tribunale venne disposta l’11 novembre 2015.
Il 5 ottobre del 2021 il Tribunale di Frosinone ha stabilito la prescrizione per l’ex Sindaco di Frosinone Michele Marini e per tutti gli altri imputati. Di fatto, nel corso del dibattimento non è stata provata la tangente, la sua dazione, nemmeno un euro illegale è stato rinvenuto nella disponibilità di Marini.
Sul piano giuridico, non fa una piega: in una civiltà evoluta come la nostra le indagini si aprono proprio per verificare, i processi si celebrano per giudicare. Non sono una farsa in cui condannare chi è stato raggiunto dal solo sospetto. Che poi quegli elementi d’indagine si trasformino in micidiali munizioni per le macchine del fango è altra storia. Che con la magistratura non ha a che vedere.
Le conseguenze per Marini
È una questione di civiltà anche quanto sta emergendo ora a distanza di anni. E riguarda due aspetti. Il primo: le conseguenze politiche per Michele Marini; il secondo: le conseguenze economiche per il Comune di Frosinone. A partire dal contenzioso per circa 8 milioni di euro intrapreso dall’amministrazione cittadina. È la conseguenza della decisione assunta dall’Amministrazione dell’allora sindaco Nicola Ottaviani: fu lui a vincere le elezioni. Al ballottaggio. Quell’inchiesta fu la tomba politica per Michele Marini: colpa anche di un Pd che non fece quadrato, alimentando così l’idea che qualcosa da sospettare ci fosse. Ottaviani risolse il contratto originario con la Delta Lavori. E decise di bandire una nuova gara.
Michele Marini, all’epoca dei fatti, fu sottoposto, ingiustamente (visto quanto accaduto in seguito) ad un processo mediatico prima ancora che giudiziario. Contro di lui si registrò un vero e proprio fuoco di sbarramento, al quale partecipò anche parte di una certa sinistra. In pratica, era stato già condannato all’eliminazione politica, prima ancora che si concludessero le indagini preliminari. Un fuoco “amico”, che più nemico non poteva essere.
Su tutti, quello del tutto improprio dell’allora Consigliere regionale Vincenzo Maruccio, segretario regionale dell’Italia dei Valori di Antonio di Pietro: lo stesso Maruccio finito a sua volta sotto inchiesta per i fondi della Regione Lazio.
Le conseguenze per il centrosinistra di Frosinone
Quello che è emerso nel corso dei successivi dieci anni di politica a Frosinone è che quella vicenda giudiziaria è stata il sepolcro non solo per Michele Marini ma anche per buona parte di quelli che nel sepolcro ce lo hanno calato. Con l’effetto collaterale di consegnare per ben tre consiliature l’amministrazione capoluogo al centrodestra.
La frattura, prima personale e poi politica, tra Michele Marini ed il suo predecessore Domenico Marzi del quale era stato vice per due mandati, ha avuto una parvenza di ricomposizione solo lo scorso anno. Cioè quando Marini ha composto una sua civica per sostenere la candidatura di Marzi, chiamato disperatamente al capezzale di un centrosinistra privo di prospettiva.
Quella lacerazione ha avuto un peso enorme durante le 3 ultime campagne elettorali. perché con Marini e Marzi è finita anche un’intera stagione politica.
Ma non è tutto.
La stagione dei contenziosi
La stagione dei contenziosi “ad alto rischio” instaurata dal Comune di Frosinone con la rescissione del contratto per i lavori sulla Monti Lepini, rischia di rivelarsi un boomerang dagli effetti finanziari difficilmente prevedibili e gestibili, per le casse comunali. Vedasi come esempio l’ulteriore contenzioso con la Cialone Tour per la gestione dell’ascensore inclinato.
Ed ancora, sempre a proposito di contenziosi, uno recente che già ha registrato una sconfitta del Comune dal punto di vista legale è quella con il gruppo Zeppieri per la gestione delle strisce blu e del Multipiano di viale Mazzini. Una prima sentenza ha già condannato il comune a riconoscere 150mila euro ai privati per i primi due anni ma considerando la restante gestione si superano i 3 milioni di euro.
A queste due importanti cause si aggiungono poi altri diversi contenziosi tra privati e amministrazione, tra cui spiccano gli 800mila euro richiesti dalla Sangalli srl (la società che gestiva i rifiuti nel capoluogo prima dell’arrivo della De Vizia) per il mancato e tardivo pagamento di diverse fatture; i 479 mila euro richiesti dalla Geaf (ex gestore del trasporto pubblico locale), ed altri debiti di circa 500 mila euro a favore di altre società.
Non a caso, ed anche in previsione della prossima discussione in aula del Bilancio, l’ex sindaco di Frosinone (oggi consigliere Comunale di opposizione) l’avvocato Domenico Marzi, insieme al suo gruppo consiliare, in queste ore hanno accusato la Giunta Ottaviani prima, e la Giunta Mastrangeli poi, di non essere state, sufficientemente caute ed attente, nella gestione del contenzioso, con la Delta Lavori.
La nota della Corte dei Conti
La Lista Marzi ha sottolineato alcuni passaggi, riportati in una nota della Corte dei Conti trasmessa al Comune il 23 febbraio scorso. C’è scritto che “il Comune non ha comprovato il titolo dei residui attivi che assume a copertura del pagamento del contenzioso verso la Delta Lavori. Non ha comprovato che lo stesso debito possa essere trattato come residuo passivo già iscritto in bilancio. Non ha provato di disporre di risorse di cassa, non ha prodotto delibere di riconoscimento del debito per le sentenze relative alla Delta Lavori”. Tradotto dal linguaggio tecnico: il Comune non ha dimostrato di avere somme che potrà esigere per coprire quel debito, nemmeno ha dimostrato di avere soldi in cassa. Non solo: non ha riconosciuto quel debito e quindi non lo ha ancora messo in bilancio con l’obbligo di pareggiare il conto.
Al di la del confronto sul documento contabile di programmazione finanziaria del Comune, è facilmente ipotizzabile che nel prossimo consiglio Comunale la discussione vera ed accesa tra maggioranza ed opposizione si avrà sulla delicata questione dei debiti fuori bilancio e sulla responsabilità di chi li ha generati. Era necessario andare al contenzioso? Col senno del poi: c’erano soluzioni alternative?
Ai cittadini, la questione interesserà nel momento in cui per pareggiare i conti dovessero mettere le mani nelle loro tasche: aumentando le tasse Comunali o tagliando una parte dei servizi. Cosa si potrà fare, con quali soldi e quali cose invece no.
Nel frattempo, a pagare il conto, è stato solo Michele Marini. Un conto politico pagato a prescindere, hanno detto i fatti. Tutto il resto è noia, cantava Franco Califano.