L’inizio della fine per il Partito Democratico (di F. Ducato)

Le dimissioni del Segretario e del Presidente cittadino del Pd di Anagni pongono una serie di questioni. Impossibile ignorarle se si vuole far partire un serio dibattito politico anziché trasformare il 'dopo' in una guerra tra correnti. Ecco dove è iniziata la fine del Partito

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

Quando ha cominciato a perdere il Pd ad Anagni? Da dove nasce Il terremoto politico successivo al primo turno delle comunali? Le dimissioni di Maurizio Bondatti e Francesco Sordo rispettivamente presidente e segretario del Partito in città, arrivate dopo il clamoroso (in negativo) 8,86% del Partito Democratico cittadino sono certamente un atto dovuto; ma, altrettanto certamente, non possono risolvere il problema di un Partito in crisi di voti, di consenso, di presenza in città.

Non è soltanto una questione di percentuali (anche se, rispetto al 2014, c’è un 3% in meno che è comunque significativo), ma di capacità di intervenire nel dibattito politico e nelle scelte della realtà concreta locale.

In questo senso, le analisi proposte da Bondatti e Sordo sono parziali. (leggi qui Terremoto Pd: dopo il ko si dimettono Sordo e Bondatti). Tutte e due tendono (più quella del segretario che quella del presidente) a dare spazio alla realtà nazionale. Riconoscendo (e meno male!) qualche errore. Ma dando corpo all’ipotesi di un “vento” di destra che avrebbe spazzato via le realtà della sinistra senza rimedio. Una lettura in parte assolutoria e consolatoria. Perché consente di evitare quello che una classe dirigente vera avrebbe dovuto fare subito; una analisi concreta delle cause di quello che è accaduto.

E non a caso, al netto del rispetto che si deve a chi si è dimesso, è criticabile il fatto che non c’è stato finora un direttivo, una assemblea, una riunione, insomma un momento in cui i responsabili del Partito ad Anagni si siano riuniti per capire cosa fosse successo. Ad una settimana (o quasi) dal voto, non è più una questione di prudenza, ma una vera e propria rimozione dell’accaduto.

 

E dunque. Dove ha iniziato a perdere il Pd?

1- Il Pd ha iniziato a perdere quando, da quasi subito, non è stato in grado di gestire il rapporto con l’altro gruppo fondatore della maggioranza che aveva portato alla vittoria Bassetta.

Da subito il rapporto con Progetto Anagni si è dimostrato per quello che era; una convivenza forzata di due realtà lontane, unite più dalla gestione del potere che da una reale consonanza politica.

Colpa anche di Progetto Anagni? Certo. Ma l’errore del Pd in quel caso è stato quello di creare una coalizione sfrangiata e (in prospettiva) non governabile.

 

2- Un errore che ha fatalmente portato su di sé il resto. Il Pd si è assunto il compito, certamente meritorio ma non ben visto, di rimettere a posto i disastri (sì, disastri), delle gestioni del centrodestra. Un medico efficiente, ma spietato e senza altra prospettiva che quella della cura perenne.

Così è stato spesso visto il Pd. Se politica è anche (e soprattutto) consenso, allora devi essere in grado di crearlo e di mantenerlo. Altrimenti ne paghi le conseguenze.

 

3- Il Pd ha continuato a perdere per la mancanza di una visione complessiva della realtà cittadina.

Due esempi su tutto. Il balletto sul destino della ex polveriera. Il Partito si è assunto l’onere di risolvere una grana creata dalla precedente amministrazione. E questo va benissimo. Poi però è fatale che sulle spalle del Partito siano caduti gli effetti di un tentativo di affidamento finito nel vuoto. Con una evidente sensazione di mancanza di chiarezza complessiva.

Oppure, il caso dell’ex ospedale. Anche in quella circostanza, il Pd locale è stato visto come il terminale ultimo di una strategia regionale di smantellamento che i livelli locali del partito non hanno saputo spiegare ed illustrare.

 

4- Il Pd ha perso nella gestione delle dimissioni a tempo del sindaco Bassetta. Forse la forza politica principale avrebbe dovuto interpretare meglio il momento. Una caduta in quella circostanza avrebbe consentito di avere più tempo per creare un’altra proposta. Si è scelto invece di posticipare un crollo certo. Con l’unica conseguenza di arrivare all’inevitabile senza più tempo per rimediare.

 

5- I fatti adesso dicono che il Pd, infine, ha perso nella gestione del caso Tagliaboschi. L’allontanamento dell’assessore al Bilancio avrebbe potuto dare il via ad una rielaborazione della giunta. È stato visto come un’offesa personale. Da lavare col sangue dell’uscita dalla maggioranza. Rendendo, tra l’altro, quasi obbligatoria per il Partito, la designazione di Sandra Tagliaboschi. Una specie di risarcimento tardivo. I cui risultati si sono visti tutti.

Quos Deus perdere vult, dementat prius” ( “Dio fa impazzire quelli che vuole rovinare”) dicevano i latini.

Forse avevano ragione.

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