L’insopprimibile diritto di dire quello che pensiamo

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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La telefonata arriva nella notte: «Adesso basta! Sappi che ho stampato i tuoi ultimi venti articoli e ti querelo». Per cosa, onorevole? «Te la vedrai con il mio avvocato». Clic.

Il caso merita alcune rapide considerazioni.

Innanzitutto una premessa. Le querele, per un Giornalista sono medagliette che si affiggono al petto. Come vecchi colonnelli rotti a tutte le esperienze, tra Cronisti si guarda con invidia il medagliere dell’altro: questa ce l’ho, questo non mi ha querelato, come ti è andata a finire con quest’altro? Chi non le ha non ha mai pestato i piedi a nessuno. È per questo che vado orgoglioso delle mie 41 medagliette, ognuna conquistata sul campo.

Non è accettabile il principio in base al quale la stampa è buona solo quando scrive facendo ‘copia e incolla’ dei comunicati. Scritti oltretutto in maniera sempre più pedestre e sgrammaticata con il passare degli anni, da improbabili uffici stampa così impreparati come supponenti.

È altrettanto inaccettabile il principio secondo il quale la stampa è da querelare quando svolge la sua funzione di informare, fare domande, sollevare dubbi. E ora, con Alessioporcu.it, anche proporre analisi, chiavi di lettura, indiscrezioni ed anticipazioni.

Esistono limiti precisi. Ma è la Cassazione a dire cosa si può scrivere e con quali limiti. Non i politici. Il reato di ‘Lesa Maestà’ (cioè il reato che deriva dall’essersi rivolti contro la suprema dignità del monarca) è caduto in disuso. Da decenni.

Si può scrivere e si può criticare. Lo sancisce quella stessa Costituzione della Repubblica Italiana sulla quale un tempo non molto lontano i sindaci erano obbligati a giurare fedeltà, di fronte al prefetto. I Padri Costituenti di questo scalcinato Paese lo previdero nell’Articolo 21: è garantito il diritto di Cronaca. E anche quello di Critica.

Appartiene ad una mentalità provinciale il principio “Se non scrivi quello che mi piace significa che stai con il mio avversario”. Equivalere a dire «È’ un complotto».

Ma non bisogna meravigliarsi: larga parte della politica di questo territorio è provinciale. A dirlo sono le condizioni in cui versano le nostre strade, le file davanti ai Pronto Soccorso, i medici che non vogliono venire al lavorarci, le continue lamentele di una classe industriale che non si stanca di invocare più infrastrutture e meno burocrazia.

Se i politici che credono di avere ancora le tutele della lesa maestà non lo hanno capito, gli elettori se ne sono accorti e gli stanno già inviando messaggi chiari: con il loro voto.

E – a questo punto – non possiamo negare che facciano bene. Un esempio di inadeguatezza arriva pure dalla telefonata di questa notte: onorevole, non c’è alcun bisogno di stampare gli ultimi venti articoli per darli all’avvocato ma è sufficiente andare nella casella ‘Cerca’ e sono tutti lì. Compreso questo così facciamo ventuno.

Rispettiamo l’ambiente, risparmiamo un po’ di carta.

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