L’irresistibile bisogno di respirare che ci ha preso Daniele (di L. Grassucci)

*[EROI MODERNI]* Cosa spinge un giovane di successo come l'alpinista di Sezze Daniele Nardi a cercare i picchi estremi... Il bisogno di sentirsi vivo, di non restare in una scatola... A costo di restare intrappolato per sempre sui picchi a ridosso del tetto del mondo

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Leggo di Daniele Nardi, della speranza, della paura, della delusione per l’alpinista di Sezze del quale non si hanno notizie ormai da una settimana, disperso tra i picchi del Pakistan che compongono il Nanga Parbat e quella misteriosa ed affascinante vetta che intendeva scalare. La fidanzata del collega inglese che era con lui, Tom Ballard, denuncia disperazione.

Ma perché è andato lì, qui la vita è comoda. Perché lì. Ci ho pensato tanto, cercavo di capire, di sentire una ragione che certo non è ordinaria, ma straordinaria. Poi ho pensato al posto da cui veniamo, che ci fa, inevitabilmente, quel che siamo. E ho visto il mio gatto, bullo, bello di una bellezza che sconcerta, pieno di crocchette, carne in scatola eppure… eppure se è satollo ma passa il topo: lui uccide, senza pensarci, veloce come il vento. Si fa accarezzare ma va via se non vuole, uccide anche se non ha fame. Per natura, per vita, perché lui è un gatto.

Mi alzo ogni mattina ed ho un bisogno incredibile di aria, non respiro: piove, gela o c’è afa io debbo aprire la finestra guardare il cielo, debbo sentirmi l’intorno in faccia.

Ci hanno messo, come i gatti, in uffici inanimati, in fabbriche alienanti, ma noi siamo di quella aria che ci sbatte in faccia, anche se è aria malata, anche se ci ruba la vita. Siamo che dobbiamo sentire gli spazi, siamo che dobbiamo andare più in là, fino al mare e anche oltre, fino al cielo e più in la.

Direte, ma si rischia. Ma qui siamo nati con il rischio, ovunque è vita respirare qui ti ammali di aria. Qui il caldo ti entra nelle ossa, e il gelo entra liquido nelle vene poi… fera e resta dentro per sempre.

Qui, dobbiamo andare. Un ragazzo di Norma mi disse: qui siamo come falchi, ogni mattina dobbiamo volare sulla piana, prendere qualcosa e portarlo ai pulcini che stanno a becco aperto. E non siamo sicuri di tornare.

Ho cercato, come ho potuto e posso, quella necessità di andare a toccare con un dito il cielo di Daniele Nardi, non è stata una scelta di ragione, ma la ragione che ci porta ad aprire la finestra e guardare il cielo, a volare come falchi sul piano. Una idea che possono capire gli uomini di qui, i gatti con cui dividiamo il formaggio, le volpi con cui non vorremmo dividere le galline e… i cavalli.

Ma noi torniamo.