L’isola che non c’è

[dfads params=’groups=105&limit=1&orderby=random&return_javascript=1′]

 

Smettiamola di far finta che è tutto immutabile. La Ciociaria non è più l’isola felice della quale molti si riempivano la bocca moltissimi anni fa, quando Giulio Andreotti era il nume tutelare di questo territorio.

Non è più un’isola felice perché negli ultimi due anni gli episodi di microcriminalità si sono moltiplicati e furti e rapine sono in aumento. Nelle case, nelle ville, nelle banche, alle poste. Dappertutto. La sicurezza è diventata una priorità anche da queste parti.

Non è più un’isola felice perché il sistema di sviluppo si è inceppato da almeno venti anni: il popolo dei metalmezzadri (quelli che la mattina lavoravano in fabbrica e il pomeriggio nei campi) appartiene alla leggenda di questa terra. Semplicemente perché le fabbriche non ci sono quasi più: resistono in pochissime, le multinazionali sono scappate con la stessa velocità di Usain Bolt, le piccole e medie imprese non possono obiettivamente reggere la concorrenza di altre zone, sia italiane che europee.

Da quanto tempo non si taglia il nastro di una nuova azienda? Negli anni Novanta ci fu il periodo dei centri commerciali, ma anche quello è finito. Da quanti anni non si realizza un’opera pubblica degna di questo nome? La fortuna della provincia di Frosinone, nei decenni passati, è stata determinata dall’autostrada. Poi ci sono voluti decenni per ultimare la Frosinone-Sora e perfino quando è stata aperta al traffico la Frosinone-Terracina si è capito che quella progettazione era “vecchia”, non all’altezza di sostenere i volumi di traffico.

Nessun investimento neppure sulla linea ferroviaria, la stessa di quaranta anni fa. Con gli stessi tempi di percorrenza e i medesimi disagi.

Chi può, se ne va. Anzi, è già andato via. D’altronde, per quale motivo dovrebbe rimanere?

Poi c’è la questione dell’inquinamento. Per quanto riguarda le polveri sottili siamo primi in classifica in Italia. Ma non scherziamo neppure per l’inquinamento della Valle del Sacco, che oltre ad “avvelenare” il territorio rende impossibile prevedere nuovi investimenti.

L’unico lampo nel buio degli ultimi venti anni è stato rappresentato dal Frosinone calcio, capace di guadagnare due promozioni in serie B e una in serie A. Un’impresa monumentale, che finirà sui libri di storia calcistica. Non soltanto perché Frosinone è un piccolo capoluogo (meno di 50.000 abitanti), ma perché obiettivamente fare impresa da queste parti è come scalare l’Everest senza bombole di ossigeno.

Non è per caso che Maurizio Stirpe è stato nominato vicepresidente di Confindustria nazionale.

Il populismo non aiuta, serve soltanto a scaldare gli animi. Però una curiosità andrebbe soddisfatta: cosa pensa di fare la classe politica ciociara per questo territorio? Serve qualcosa che si “veda”.

La sindrome di Peter Pan (il non voler mai crescere per non assumersi responsabilità e continuare a fuggire dal mondo reale) è sicuramente confortante. Ma nemmeno Peter Pan potrebbe oggi approdare all’isola che non c’è. Non da queste parti comunque.