Lo schiaffone di Zingaretti per lanciare il Pd e Marzi

La parte politica della visita di Zingaretti in provincia di Frosinone. Lo schiaffone dato al Partito Democratico. Doloroso ma necessario. Le polemiche messe da parte. Cosa farà dopo gli anni da amministratore. Il viatico per Domenico Marzi. Ed il segnale per Vicano.

Ha rivendicato con orgoglio le sue scelte. Quella di dimettersi, quella di dare uno schiaffone al suo Partito, quella di creare lo shock «che ci ha portato oggi ad essere il primo Partito politico italiano e garante democratico di questo Paese». Nicola Zingaretti sveste i panni da governatore del Lazio ed indossa quelli del leader politico per lanciare la candidatura di Domenico Marzi a sindaco di Frosinone.

Lo fa dal Dream Cinema di Frosinone al termine di una giornata trascorsa in Ciociaria. Nel pomeriggio ha lasciato parlare lo Zingaretti – Governatore, spiegando i progetti finanziati dal Pnrr e sfoderando il coraggio di dire che non si deve finanziare tutto ma solo poche opere capaci di cambiare le cose. In serata invece ha parlato lo Zingaretti politico: quello che era Segretario e si è dimesso accusando il suo Partito di pensare solo alle poltrone. (Leggi qui Quei segnali di Zingaretti lanciati da Frosinone).

L’orgoglio di scuotere

Conferma quella scelta. Fatta perché non era giusto che «all’avvio della stagione del nuovo Governo Draghi il Pd arrivasse involuto in una nuova polemica interna».

Gli è costata molto quella decisione. «È ovvio: quella denuncia ha prodotto in me un dolore immenso, perché il mio cuore è, era, rimarrà qui nel Pd. È stato un atto che non voleva assomigliare al piccone con cui distruggere, ma alla pala con cui scavare per costruire. Forze anche ad uno schiaffone. Ma doveva permettere ad una comunità di capire che si era superato il limite e che bisognava aprire una stagione nuova».

I fatti successivi dicono che quello schiaffone serviva. Ne è certo, Zingaretti. «Per fortuna quella stagione nuova l’abbiamo realizzata. Con un eccellente Segretario nazionale, Enrico Letta. In un anno di duro lavoro questa forza politica, anche perché ha messo da parte polemiche e veleni, oggi è il primo Partito politico italiano e garante democratico di questo Paese».

Muoversi o non, fa la differenza

Nicola Zingaretti e Francesco De Angelis

Cosa farà Nicola Zingaretti una volta finita la lunga parentesi da amministratore? Si prepara a lasciarsi alle spalle una stagione lunghissima, durante la quale ha governato prima la Provincia di Roma e poi la Regione Lazio per ben due volte di fila (cosa mai successa ad altri).

Di continuare a fare l’amministratore nemmeno a parlarne. Vuole tornare ad occuparsi di politica. «A questa comunità ora bisogna guardare. Come ho sempre fatto da quando ero piccolo, darò una mano: farò sentire le mie idee, mi metterò al servizio di una missione che rimetterà al centro questo territorio, insieme al Pd, questa nostra comunità».

C’è una sola certezza, chiara come una stella polare: «Se lo facciamo o non lo facciamo fa la differenza». È la trasposizione di Gramsci che nelle lettere dal carcere scriveva di odiare gli indifferenti. Nicola Zingaretti lo dice in modo diverso. E lo argomenta leggendo la storia recente. «Perché fa la differenza muoversi in un certo modo. Quando abbiamo iniziato 9 anni fa c’era il governo Monti, poi il Governo Letta, poi il Governo Renzi , poi il Governo Gentiloni, poi il Governo Conte 1 ed il Conte 2 e infine il Governo Draghi. Sette governi e noi abbiamo garantito la stabilità per 9 anni».

«E se guardiamo al livello del governo locale, per capirne la complessità, quando noi abbiamo cominciato, a Roma c’era il sindaco Gianni Alemanno , poi il sindaco Ignazio Marino, poi prefetto Tronca, poi la sindaca Virginia Raggi. E ora per fortuna c’è il sindaco Roberto Gualtieri. Sei sindaci in 9 anni».

Il lancio di Marzi

«Fa la differenza invece se una classe dirigente si ritrova e per il bene comune garantiscono e fanno l’unità ed il buon governo. Se c’è questo baricentro i risultati si vedono».

È il presupposto al lancio della candidatura a sindaco di Frosinone per Memmo Marzi. «Abbiamo vinto nei giorni in cui si perdeva. Ma abbiamo garantito visione e programmazione. C’è differenza se questa comunità si muove unita da valori ed indirizzi. Cambia la storia. Per questo dovremo combattere. E contate su di me per dare di nuovo a Frosinone un sindaco come Domenico Marzi».

Lo ha spinto lui ad accettare. Marzi stava benissimo con la toga e con le lunghe passeggiate in compagnia del cane. A Frosinone aveva già dato dieci anni che molti definiscono straordinari ed irripetibili. Poi è arrivato l’assedio. Al quale anche Nicola Zingaretti ha partecipato.

«Marzi vive qua. Per questo vuole servizi, vuole lavoro, vuole che questa bellissima città riesca ad agganciare quelle opportunità che abbiamo costruito. Dobbiamo metterci cuore e anima. Il suo è stato uno scatto di passione e generosità che deve incontrare la politica guardando negli occhi le persone».

Il segnale per Vicano

Intorno a Domenico Marzi c’è il 90% del Campo largo che è il nuovo dogma del Partito Democratico. Nel nome del quale è stato sacrificato il nome di Mauro Vicano, l’ex Direttore Generale della Asl al quale il Pd non ha dato la sua adesione considerandolo troppo divisivo. E preferendogli Marzi che proprio lui aveva indicato come possibile nome di sintesi. (Leggi qui Ora Memmo Marzi ha il Campo Largo).

Ma l’idea di coinvolgere anche Vicano è ancora in piedi. Il Segretario provinciale Luca fantini ed il leader Francesco De Angelis continuano a mediare. Nicola Zingaretti è d’accordo. «Auspico un campo ancora più largo e con Vicano dentro, ritengo che sia fattibile. Anzi, spero proprio che ciò avvenga» ha detto. La conferma arriva direttamente dall’avvocato Marzi. «Vicano? Nessuno strappo e nessuna distanza, ma è più semplicemente una sorta di zigrinatura. A mio avviso tutto si risolverà».

La poltrona messa da parte

Mauro Buschini

C’è spazio anche per altre emozioni. Per tutta la giornata gli obiettivi hanno immortalato Nicola Zingaretti accanto a Mauro Buschini, sorridenti. Arriva il momento di dire due parole anche per l’ex Presidente del Consiglio Regionale del Lazio.

«Abbiamo governato con onestà e trasparenza. Per me non sono due concetti vuoti ma la regione di una vita vissuta sempre dalla stessa parte. E quando c’è stata la necessità di ribadirlo non ho esitato a mettere da parte la poltrona. Alcuni l’hanno descritta come debolezza. Semplicemente, molto semplicemente, sapevo che questo giorno sarebbe arrivato ed io dovevo potervi guardare negli occhi.
Come è sempre stato da quando a 14 anni mi iscrissi alla Sinistra Giovanile, guidfata all’epoca dal Segretario Nicola Zingaretti
».