L’obbligo di ‘rimanere in città’ e non arrendersi al male

Bambini ammazzati a freddo da un ragazzino; bombe, stupri e distruzione, in una spirale della quale non si vede la fine. Il rischio è quello di abituarsi all'orrore. Ma non possiamo: abbiamo il dovere di 'rimanere in città'

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto (Lc 24,49)

Che voglia di fuggire, di allontanarsi da un mondo che sembra continuamente ribellarsi alle scelte della ragione, del bene, del buon senso, financo.

In queste ore, cerchiamo di comprendere come sia possibile che un ragazzino di 18 anni tolga la vita a ventuno persone di cui 19 11bambini e porti verso la morte anche sé stesso. Cosa lo ha spinto, cosa gli è mancato per riuscire a capire che non si può falciare l’esistenza di tanti esseri viventi, pieni di speranza, di progetti, di gioia…

Eppure quel ragazzo ha agito, qualcuno ha fatto crescere l’odio dentro di lui, qualcuno non si è accorto della mostruosità dei suoi ragionamenti, qualcuno gli ha venduto le armi… (Leggi qui La solitudine di Caino).

Dall’altra parte dell’Oceano, bombe, missili, stupri, saccheggi continuano a stampare la loro impronta malefica da oltre tre mesi, costringendoci quasi a farci l’abitudine, addirittura a non voler più avere informazioni.

L’obbligo di rimanere in città

Ci abituiamo all’orrore, ci abituiamo a tutto,  trovando facilmente le colpe negli altri. Ma non possiamo comportarci così: soprattutto i cristiani sono chiamati a “rimanere in città”, a non arrendersi al male. A non fuggire alla ricerca di un mondo diverso ma a stare in quella città, dove ci sono ragazzini assassini e terribili despoti capaci di scatenare guerre.

Basterebbe ripercorrere la storia per trovare episodi molto simili a quelli cui assistiamo oggi, travolti dalla potenza informativa delle televisioni, talmente efficace da stringerci nell’angolo del “tanto non è così, tanto ci raccontano frottole, tanto è tutto finto”. Purtroppo, in questa città in cui dobbiamo rimanere, niente è finto: quei 19 ragazzini non ci sono più e non torneranno più dai loro genitori, non sorrideranno più, non giocheranno più; quelle due insegnanti non ci sono più e non torneranno nelle loro case, dai loro affetti. Quelle case, quei palazzi, quelle scuole in Ucraina non ci sono più con tutti coloro che le popolavano, le facevano risuonare di vita. Oggi esprimono soltanto lo stridio agghiacciante della morte. 

Eppure, dobbiamo rimanere in questa città ed attendere che lo spirito ci faccia comprendere il significato di tutto quello che accade, del mistero dell’iniquità che sembra avvolgerci nel suo bruno mantello, in cui la luce non traspare. Ma la luce ci è stata promessa: saremo rivestiti di potenza dall’alto e sapremo resistere al male. 

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