Se ogni tanto dico qualche parolaccia in più in realtà è perché…

I post di Salvatore, la vita quotidiana di un papà (e una mamma) alla prese con un bambino che ha bisogno di molta più attenzione degli altri. Il che ogni tanto crea più di qualche risvolto simpatico. Come questa volta che...

Salvatore Lombardi

Papà di Riccardo - Il volto umano dell'autismo

Premessa: questo breve racconto rientra nella Serie “Affrontiamo l’Autismo con Autoironia“.

 

Dunque, come sanno tutti i nostri amici, una delle sfaccettature dell’autismo di Riccardo è stata il suo essere completamente “non verbale” per i suoi primi anni di vita.

La faccio ancora più semplice: essere “non verbale” significa non parlare completamente.
L’unica differenza apparente tra Riccardo e un muto consisteva nel fatto che mentre dalla bocca di un muto non esce nessun suono, Riccardo se ne usciva continuamente, ripetutamente, ossessivamente con una specie di “versi” (passatemi il termine) chiamati in gergo “ecolalie” o “gergolalie”. In pratica una serie infinita e snervante di “iiiiiiiiiiiiiiiiii“, “iuiuiuiuiuiuiuiuiu“, “ieieieieieieieiei” che ti trapano la testa e ti fanno venire i nervi a fior di pelle. E purtroppo questo atteggiamento ancora persiste in parte in Riccardo ed è una delle cose sulle quali sta lavorando.

 

Comunque dicevamo, Riccardo non parlava. E quindi neanche ripeteva.

Come acquisiscono molte parole i bambini? Per imitazione. Le sentono e le ripetono. Fine.
Riccardo le sentiva, ma non le ripeteva. Mi ricordo ancora ancora quando avevamo pensato che fosse sordo e lo portammo al Bambin Gesù, ma questa è un’altra storia.

 

Mo viene la parte autoironica, e quindi prendetela per quella che è.

Ora, avere un bambino per casa che non ripete, comporta un grandissimo vantaggio per i genitori, che noi all’inizio non abbiamo apprezzato, semplicemente perché era il nostro primo figlio e non avevamo termini di paragone.

In pratica puoi continuare dire tutte le parolacce che vuoi e ad infarcire il tuo eloquio con tutti gli intercalari volgari che ti passano per la testa, tanto non sentirai mai tuo figlio ripeterli facendoti sobbalzare per la sorpresa o arrossire per la vergogna in caso li pronunci davanti agli altri.

 

Ma poi è arrivato Uragano Angelo.

Giusto per farvi capire quanto parla Angelo, vi posso dire che se fate la media tra Riccardo che non parla e la favella di Angelo è come se avessimo due figli che parlano normale.

Angelo pare dotato di orecchie bioniche: ripete pure quello che dici sottovoce.
Anzi secondo me legge pure nel pensiero, perché dice cose che, sono sicuro, io ho solo pensato e mai pronunciato.

Fatto sta che per dare il buon esempio ai propri figli, non puoi più lasciarti andare con quel linguaggio colorito, a volte forte e rude, altre solo goliardico e altre ancora fortemente liberatorio.

E così ora i dialoghi tra me e mia moglie sembrano usciti da Mary Poppins. È tutto un “birichino” e “per dindirindina“, “vaffanbene” e “mannaggia mannaggia“, in un impeto incontrollato una volta mi è uscito “porca zozza“, ma è stato il massimo che mi sono concesso.

 

Dio e la Madonna, mi dicono, sono molto più sereni. E un gruppetto di Santi miei amici addirittura, per festeggiare, si sono concessi un week end in una spa al caldo dell’Inferno.

Quindi, cari amici, capirete che se fuori casa mi scappa qualche parolaccia in più e se sottolineo due volte i concetti con ca… e cog….., è semplicemente perché queste parole sono in me represse.

Non sono maleducato, è che mi devo sfogare.