Piacere Luca… e rigenero il Pd

Via alla campagna che porterà Luca Fantini a diventare il prossimo Segretario Provinciale del Partito Democratico. Inizierà da San Donato Valcomino. Per i simboli che rappresenta: "Da lì sono partite centinaia di emigranti ciociari, lì puntavano le strade costruite nel Dopoguerra con gli scioperi al rovescio. Dobbiamo riscoprire i nostri valori ed i nostri simboli”

È come l’acqua cheta: appare tranquillo e l’errore è credere che lo sia davvero, illudendosi sia disposto ad assecondare argini e percorsi già tracciati. In realtà è l’esatto contrario: pronto a buttare giù i ponti e ridisegnare gli argini se non gli garbano.

Ne sanno qualcosa due mostri sacri nel Pd locale: gente come il Presidente del Consiglio regionale del Lazio Mauro Buschini o il potentissimo Francesco De Angelis. A loro, che la volta scorsa gli chiedevano di votare Matteo Renzi, rispose senza alcun timore: “Spiacente, io ed i miei stiamo con Orlando. Perché ce lo chiede Zingaretti”.

Ad un ras nazionale del Partito Democratico rispose a brutto muso: “Noi non siamo i facchini del Pd”.

Guida i Giovani Democratici del Lazio. E con loro si prepara a colonizzare le macerie del Partito Democratico post renziano per farle diventare il Partito Democratico Nuovo di Nicola Zingaretti.

Luca Fantini è stato l’ombra di Nicola Zingaretti durante Piazza Grande la lunga marcia che lo ha condotto a diventare il Segretario Nazionale del Pd. Seguendolo, ne ha studiato i pensieri, i gesti, le reazioni: si è strutturato al punto che adesso è destinato a diventare Segretario Provinciale del Partito Democratico di Frosinone.

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Luca fantini
Lei arriva alla Segreteria Provinciale del principale Partito della sinistra europea dopo averne guidato il movimento giovanile nella regione in cui c’è Roma e c’è il Segretario nazionale. Lo fa a meno di trent’anni: scusi ma a che età ha cominciato a fare politica, a ridosso dell’asilo?

Ho cominciato all’età di 16 anni più o meno, prima con la rappresentanza studentesca a scuola, nelle assemblee di istituto e poi con la Sinistra Giovanile, con l’organizzazione…”

A quell’età in genere ci si sbuccia le ginocchia giocando a calcio: non le piaceva il pallone?

“Mi piaceva anche il calcio… poi però ad un certo punto è nata questa passione diciamo un po’ anche ‘familiare’: a casa mia la politica è sempre stata un argomento di discussione. E quando poi è entrata nel vivo, tutto il resto ha assunto una dimensione secondaria”.

Perché in casa sua si parlava sempre di politica?

“Intanto perché siamo sempre stati appassionati alle vicende. Poi perché in particolare mio padre è stato ed è tutt’ora amministratore comunale: prima con la Democrazia Cristiana, poi con il Partito Popolare, con la Margherita e alla fine con il Partito Democratico. Diciamo quindi che la politica l’ho sempre vissuta fin da piccolo”.

Papà democristiano, il figlio che non è proprio della stessa parrocchia: discussioni non banali a tavola la sera…

“Si, sono sempre stati confronti accesi. Io ho avuto la fortuna di militare in Sinistra Giovanile. Abbiamo vissuto la fase della ‘fusione’ fra Ds e Margherita nel Pd. Che a casa è stata vista in maniera diciamo ‘tormentata’ e la discussione con mio padre è sempre stata appassionata. Ma costruttiva. Per entrambi.

La cosa si fa seria quando lascia la provincia e va a Roma all’università.

“Perché a Roma esco un po’ dalla dimensione politica locale, dimensione che mi aveva sempre appassionato con le nostre sezioni, i circoli della Sinistra giovanile, le riunioni infinite. A Roma conosco un altro lato della medaglia, che è sia la politica romana ma anche quella universitaria…”.

Luca Fantini con i Giovani Democratici
E lì diventa Segretario regionale dei Giovani Democratici…

“Dopo aver fatto il Segretario provinciale di GD qui a Frosinone divento Segretario regionale dell’organizzazione giovanile. In realtà divento prima vice segretario regionale e poi, in un secondo step, segretario”.

E lì qualcuno a livello nazionale comincia a capire che forse ha sbagliato a fare i conti, perché Luca Fantini, tanto per gradire, un giorno risponde in malo modo a uno dei big del Partito dicendo: ‘Guarda che i Giovani Democratici non sono i facchini del PD’.

“Ho avuto più di qualche volta una posizione di difesa del ruolo e dell’organizzazione giovanile. Ma perché così mi è stato insegnato, anche e soprattutto su questo territori: cioè il fatto che noi non dovevamo da un lato ‘scimmiottare la politica dei grandi’, ma dovevamo essere però – ricordo questa espressione – ‘coscienza critica’… così ci dicevano quando ho cominciato. Si doveva essere coscienza critica del Pd: dovevamo essere pungolo, cioè quelli che dove c’era il compromesso comunque andavano a cercare sempre qualcosa che non andava per dare modo al Partito di migliorarsi”.

Qualcun altro che poi si è dovuto ripassare i conti è stato Mauro Buschini. E pure Francesco De Angelis. Celebre il ‘No, compagni: io schiero i miei con Orlando‘. Mentre i grandi andavano tutti verso Matteo Renzi. Fu un tradimento?

“No, penso che di tutto si possa parlare tranne che di tradimento. Quella fu una discussione che, come organizzazione giovanile, ci aveva appassionato tantissimo nei mesi precedenti il Congresso. Perché noi venivamo da un momento in cui anche tutta l’organizzazione giovanile si sentiva, in qualche modo sulle ali di questa famosa rottamazione: vicina al Segretario nazionale.

Quello del nostro no fu il primo momento in cui ci fu di fatto un distacco tra il percorso di Matteo Renzi e le posizioni dell’organizzazione giovanile. Che sono divenute sempre più dure rispetto ad alcune sue scelte politiche.

Ricordo ad esempio la questione dei famosi ‘millenials’ in Direzione nazionale, che per un’organizzazione come la nostra era un affronto. Noi dicevamo che se doveva esserci una quota riservata ai giovani all’interno dell’organismo nazionale doveva essere quota scelta dai giovani, non che dei giovani venissero scelti da qualcuno sulla base di principi non condivisibili.

Quello fu il primo vero momento di scontro rispetto alla gestione Renzi. Ed io declinai, semplicemente, questa volontà frutto di una lunga discussione interna sul mio territorio, in cui dissi con serenità e chiarezza che io preferivo scegliere Andrea Orlando, sia per le cose che diceva, sia per il momento politico. Ma anche perché credevo veramente in quella posizione congressuale.

Ed io penso che sia Mauro, ma anche Francesco De Angelis l’abbiano vissuta come una scelta da rispettare.”

Luca Fantini
Francesco De Angelis, seduto in quella poltrona, ha ricordato: ‘Dissi a Luca Fantini, fai bene’. Però con un tono che non si capiva se fosse una minaccia (cioè: ‘facciamo i conti dopo il congresso’) oppure se davvero apprezzasse questa autonomia di pensiero.

“Io ricordo quando lui mi disse questa cosa, ma me la disse proprio rispetto alla battaglia politica che in quel momento stavo facendo come organizzazione giovanile. Mi disse: ‘Se non la fai tu, nella tua posizione, chi la dovrebbe fare?’. E così l’abbiamo fatta”.

Che cosa significa essere leader regionale di un movimento che, seppure giovanile, è strutturato come i Giovani Democratici?

“Significa tanto impegno e tanta passione, perché senza essi il motore non va. Però significa vivere tutti i giorni il conflitto di dover, da una parte essere e vivere dinamiche del Partito molto spesso complicate. E a volte anche autoreferenziali. Allo stesso tempo, provare ad essere interprete del sentimento di una generazione che è la mia. Ma è generazione che oggi va dai 14/15 anni fino ai 29, e questo sicuramente è l’aspetto più difficile: spiegare cioè chiedere la fiducia a questa generazione, dovendo comunque essere presente in un contesto come quello del Partito, della politica, delle amministrazioni non è facile. Credo che coniugare queste due cose sia l’aspetto più difficile”.

I giovani sono apatici e disinteressati alla politica?

“Lo dicono i vecchi. Lo dicono le persone che non credono nella politica bella, questo è sicuro. Io non sono mai stato di questa idea.

Mi ricordo – perché mi è rimasta impressa questa vicenda rispetto alle Politiche del 2018 – ricordo che a un certo punto venne l’input dal Partito Democratico nazionale, all’epoca ovviamente ancora con Segretario Renzi, di fare questa campagna per chiedere il voto ai 18enni in quanto primo voto, a prescindere cioè dalle appartenenze politiche. Ci dicevano: ‘chiediamo ai 18enni di andare a votare perché altrimenti il 18enne non ci va’. Poi ci siamo svegliati al mattina dopo ed abbiamo scoperto che su dieci diciottenni, nove erano andatei a votare e sette avevano scelto Lega o M5S.

Lì scoprimmo che il problema non era che non andavano a votare. Ma che non volevano votare noi. E questa è stata una delle tematiche che come gruppo giovanile abbiamo messo al servizio di Nicola Zingaretti in tutta la campagna congressuale. Cioè il fatto che non bisogna ridurre i giovani al fatto che credano o meno alla politica. Ci credono, credono nella politica fatta in un certo modo e stanno chiedendo, in maniera in questo momento peraltro molto palese nelle piazze, stanno chiedendo a noi di rappresentarli, di cambiare e di portare quelle istanze che sono veramente importanti nel dibattito politico nazionale”.

Luca Fantini © Matteo Ernesto Oi
Chi sono le Sardine? Sono dei Giovani Democratici che non avete fatto in tempo a portare dentro?

“Potrebbe anche essere. Io credo che sia una generazione che vede nel campo del centrosinistra la propria connotazione naturale, cioè se dipendesse da loro starebbero lì.

In questi anni non hanno visto il Partito Democratico come una prospettiva reale sulla quale andare, tant’è che sono state ferme…

L’impressione che ho io è che oggi, un PD rinnovato, che ha cominciato a dire determinate cose, che si è finalmente proposto come vero argine a quello che oggi è ufficialmente il motivo per cui le Sardine scendono in piazza- (sovranismo, Salvini, violenza verbale delle destre) tutto questo però guarda in prospettiva noi. Stanno chiedendo a noi di raccogliere quelle istanze e di rappresentarle nel dibattito politico”.

Come è stato l’incontro con Nicola Zingaretti?

“E’ stato un incontro semplice…”

Cioè, squilla il telefono: ‘Buongiorno, sono Nicola Zingaretti, vieni un attimo qua’?

“La prima volta che ci ho parlato è andata esattamente così. Io sono stato eletto Segretario regionale del Lazio e la prima persona che mi ha chiamato per farmi gli auguri è stato il Presidente della Regione Nicola Zingaretti, che mi chiamò e mi disse: ‘Ciao, sono Nicola, so che sei stato eletto, tanti auguri, confrontiamoci quando vuoi’”…

Confrontiamoci…?!

“Confrontiamoci. In quella telefonata c’è il senso della visione di questo nuovo PD, dove il segretario dei Giovani Democratici del Lazio non è un ragazzino che sta lì a perdere le sue giornate, ma un quadro politico con cui confrontarsi e con cui discutere anche delle tante tematiche che andavano affrontate nel Lazio. Da lì è nato un confronto, poi è sempre stato un confronto che è andato migliorando. Poi alla fine è nato anche un rapporto personale e siamo arrivati ad oggi…”

Al punto che, a un certo punto, Nicola Zingaretti quando lancia Piazza Grande, chiede a Luca Fantini ‘vieni con me’. Cosa ha insegnato quel tour a Luca Fantini?
Luca Fantini con Nicola Zingaretti

“Tantissimo, soprattutto mi ha insegnato tutta una serie di cose che, essendo stato in un cointesto territoriale circoscritto come quello della provincia di Frosinone e del Lazio non potevo aver conosciuto. Perché poi noi viviamo in un Paese per cui come ci sono delle differenze su tutti i campi il Partito Democratico del sud è diverso da quello del nord, che è diverso dal PD delle regioni cosiddette ‘rosse’.

Hai la fortuna di incontrare tantissime persone, militanti, gruppi dirigenti, ognuno dei quali di dà un pezzetto, sia della storia che del futuro del Partito Democratico. Questo per me, che sono cresciuto nel mito del Partito, nella voglia di fare politica, di incontrare, di conoscere, di vivere nuove esperienze per me è stato un sogno.

Diciamo che non avrei mai pensato di farlo, ecco, se me lo avessero detto a 16 anni mi sarei fatto una risata”.

Com’è lo Zingaretti che non vediamo?

“È molto simile a quello che vediamo. Perché ha questa dote naturale di contatto diretto con le persone, di semplicità anche nella battuta, nello scherzo.

Però le doti umane sono l’elemento che mi ha sorpreso di più e che mi ha dato modo poi di legarmi a lui. Perché è una persona che la battaglia l’ha fatta vera, l’ha fatta politica e l’ha fatta a mani nude in un momento in cui nessuno credeva. Ma non nel fatto che lui potesse vincere: nessuno credeva che questo Partito avesse un futuro. E lui non solo ha creduto, nel fatto che un futuro ci fosse ma ha lottato affinché tutti insieme lo provassimo a costruire. Questo credo sia il merito più grande che gli va riconosciuto”.

Il Nicola che non vediamo, quello conosciuto durante le tappe dell’immenso tour che vi ha portato in giro per l’Italia e culminato con l’elezione a Segretario?

È un uomo del quale vanno rispettati i silenzi, le lunghe fasi di meditazione: nella quali rimette tutto in ordine e pesa tutti gli elementi. Anche quelli in apparenza più insignificanti. Credo che non ci sia stata una sola decisione presa senza essere passata per queste fasi di ponderazione.

Il lato umano del leader.
Nicola Zingaretti

Ha una capacità di sdrammatizzare come pochi, la battuta sempre pronta. Almeno tre volte a settimana pretende di essere a cena a casa con la famiglia. È questo a mantenerlo ‘umano’. Pochi immaginano che in questi anni non abbia mai perso una sola recita scolastica delle figlie.

È questa ‘umanità’ ad avergli consentito di portare un milione d’elettori in più del previsto alle urne quando ci sono state le Primarie?

“Credo che sia stato veramente frutto di questo lavoro che noi abbiamo fatto; sono stati mesi in cui abbiamo passato settimane intere in giro per l’Italia, senza risparmiarci. Era una previsione data da tutti come impossibile.

Noi che l’abbiamo vissuta da dentro, onestamente ci credevamo. Perché riconoscevamo un entusiasmo, a volte anche un affetto, quando andavamo in giro. Si vedeva cioè che le persone erano disposte a darci un’altra possibilità: questo è stato l’elemento più bello, cioè incontrare il militante che ci fermava per dire ‘non entro da due anni in una sezione però sono venuto a sentire che cosa hai da dire tu perché mi interessa queste prospettiva’.

Credo che questo sia stato il vero elemento, perché poi noi, a differenza di altri leader politici, non abbiamo speso fortune in comunicazione social, non abbiamo preso camper o scenografie mirabolanti. È stata veramente una campagna congressuale tra e per le persone. Di fatto poi era lo slogan della nostra campagna, diceva ‘Prima le persone’”.

C’era voglia di sinistra?

“C’era anche tanta voglia di sinistra, e questo sia innegabile. Ma credo sia un valore aggiunto anche per chi all’interno del PD legittimamente possieda una sensibilità diciamo da centrosinistra. Però c’era anche questa volontà”.

Nicola Zingaretti e Luca Fantini © Matteo Ernesto Oi
Come glielo ha detto a Zingaretti ‘io torno in provincia di Frosinone e mi candido a fare il Segretario’?

“Mi conosce, sa che c’è un legame particolare tra me e questa terra… anche le persone con le quali io sono cresciuto e che hanno contribuito alla mia crescita. Non è stato necessario dirglielo: lui sapeva che finita un’esperienza il mio desiderio sarebbe stato comunque quello di mettermi a disposizione della comunità. Perché è la comunità che ha fatto si che io abbia avuto queste opportunità che, ripeto, non avrei mai pensato si avere. Devo essere grato a questa provincia, alle persone che ho incontrato e devo fare qualcosa per restituire tutto quello che ho ricevuto”.

Novanta percento al Congresso regionale, percentuale poi confermata in quello Nazionale, Pensare Democratico, la componente di Francesco De Angelis e Mauro Buschini, quanto ha insegnato invece a Luca Fantini nel modo in cui si gestisce il consenso sul territorio?

“Mi ha insegnato tanto, se non tantissimo. Io ho vissuto tutta la prima parte del mio impegno politico lavorando fianco a fianco con Mauro in particolare, ma anche con Francesco. Ed ho imparato tutto sulla gestione del territorio, l’importanza di essere vicini agli amministratori, la capacità dell’ascolto.

Mi verrebbe da dire che è questa la qualità che riconosco ad entrambi. E che secondo me è uno dei veri elementi che fanno la differenza quando vivi un territorio come il nostro, che ha 91 comuni, che ha una storia politica, che ha tantissime esigenze, che necessita di una classe dirigente che non sia a disposizione a parole, ma che sia realmente a disposizione.

Io quando incontro i compagni o gli amici storici delle sezioni mi dicono sempre ‘serve un Segretario h24’. Quando loro dicono ‘h24’ non lo dicono per dire, intendono veramente qualcuno che si alzi la mattina e che vada a dormire col pensiero che prima di tutto viene il Partito. Questo è l’insegnamento più grande che quella politica mi ha lasciato”.

Mamma a casa cosa ne pensa?

“Questa è una domanda sotto la cintura direttore….”

Luca Fantini con Lucio Migliorelli
Non le ha mai detto ‘ma non ti potevi appassionare al pallone, come tutti i giovani della tua età?

“Probabilmente lo ha pensato. Più che altro perché sa che poi il percorso politico è insidioso, fatto anche di momenti brutti, fatto di sconfitte. Mi permetto di dire: a volte anche subisci un po’ la cattiveria delle persone, perché quando si decide di esporsi in prima persona lo si fa sempre con la consapevolezza che si avrà da un lato le persone che realmente ci vogliono bene ma dall’altro anche coloro che proveranno ad ostacolarci. Sicuramente lei la vive con preoccupazione ma allo stesso tempo immagino con soddisfazione”.

Com’è il partito nuovo che Luca Fantini vuole portare in provincia di Frosinone qualora venisse eletto segretario?

“Un Partito Democratico che innanzitutto abbia ben chiaro dove stiamo andando da un punto di vista nazionale e poi anche locale. Che sia dunque un Partito che si apra, non in maniera casuale ma che scelga quali sono i mondi con i quali andare a confrontarsi, dai quali farsi contaminare, mi verrebbe da dire. Che sono quelli dell’associazionismo, del civismo, dei movimenti, come dicevamo prima, quindi da un lato le Sardine, ma a me piace sempre ricordare anche i movimenti ambientalisti di Fridays for Future che hanno portato milioni di ragazzi nelle piazze di tutto il mondo.

Quindi un Pd che da un lato fa un lavoro su se stesso, di grande cambiamento interno. E quindi un ritorno all’importanza dei luoghi del dibattito, della politica, anche dello scontro purché sia scontro interno che ci porti poi ad avere un’unica linea quando siamo fuori.

Perché in questi anni ci è mancato un po’ il riferimento del Partito in quanto struttura che vive il territorio e lo vive in ogni momento. Quindi da un lato un lavoro interno e dall’altro invece un grande lavoro verso l’esterno di inclusione, di apertura e di coinvolgimento.

Per il resto noi dobbiamo fare un grande lavoro di piattaforma programmatica, perché la verità è che noi dobbiamo prendere i temi importanti per questa provincia, dobbiamo far sedere al tavolo i nostri iscritti, i nostri gruppi dirigenti ma soprattutto tutto ciò che intorno a noi si muove: la società civile, le categorie, i sindacati… Prendere tutto questo, sederci, discutere – perché nessuno qui ha la verità in tasca tanto meno io che ho 29 anni – però discutere, farlo con grande serietà, individuare quali sono le nostre priorità e poi combattere, il giorno dopo combattere, tutti insieme, chiedendo al Partito, a prescindere da appartenenze, correnti e candidature, chiedere al Partito ‘questa è la nostra linea programmatica, questi sono gli interventi che io voglio fare e che noi vogliamo fare, chi ci sta?’.

Io spero, anzi, io sono convinto che il Partito risponderà ‘Presente’ a questa chiamata”.

Luca Fantini
Il 31 gennaio, si è chiuso il tesseramento, per la prima volta dicono tutti gli osservatori, è stato un tesseramento spontaneo e non una conta selvaggia a chi portava più tessere. Effetto Fantini?

“No, effetto Fantini sarebbe esagerato, soprattutto se detto da me. No, non credo sia l’effetto Fantini, io sono una persona che si sta battendo affinché questo ‘New Deal del Partito Democratico’ arrivi anche in provincia di Frosinone, ma è chiaro che è figlio di questa fase che siamo stati bravi secondo me a costruire. E che oggi ci vede in scia con la linea nazionale del Partito.

Soprattutto per la prima volta si è visto probabilmente il congresso come effettivamente il congresso dovrebbe essere, cioè il momento in cui il Partito fa autocritica, dice che cosa è andato e cosa no, fissa gli obiettivi, sceglie una classe dirigente tenendo conto di nuove generazioni che crescono, dell’esperienza degli amministratori, tenendo conto della grande esperienza politica di chi questo Partito lo ha fondato, lo ha fatto vincere e che oggi ha ancora tanto da dare.

Ma tutti insieme abbiamo dato l’idea che questo Partito voglia fare un congresso per discutere e per rifondarsi, e non perché due o tre correnti debbano dire chi ha più tessere, chi ne ha di meno per poter poi condizionare le prossime dinamiche politiche. Io credo che il vero effetto sia questo, sia stato l’effetto di capire che questo congresso è un punto di svolta perché da qui dobbiamo rilanciare la nostra azione politica. Non serve ad incoronare qualcuno, serve a darci un gruppo dirigente con una linea”.

I Giovani Democratici premono per entrare nel Partito. Non volete la rottamazione. Cosa cercate?

“La rigenerazione. Noi siamo assolutamente il contrario della rottamazione. Perché io poi sono uno di quelli che ritiene che la rottamazione sia stata soltanto annunciata e che non sia mai avvenuta. E comunque sarebbe stata qualcosa di sbagliato, perché il principio per il quale arriviamo noi che siamo giovani con ‘tutti a casa’ è un principio che non ho mai condiviso.

Mi concentrerei più sul pienone di giovani. Per me non è una sorpresa, io faccio organizzazione giovanile, organizzazione studentesca da 10 anni in questa provincia e so bene dove i giovani ce li abbiamo, dove hanno creato anche importanti classi e gruppi dirigenti. Si sono fatti eleggere nei Comuni, oggi sono assessori, amministratori, consiglieri di amministrazione all’università… Cioè, noi abbiamo qui un grande tessuto giovanile, che stato il primo a raccogliere questa chiamata nazionale della rigenerazione.

Luca Fantini

Noi abbiamo sempre creduto, non abbiamo pensato mai che la battaglia si potesse fare in qualche luogo che non fosse il partito, noi abbiamo sempre pensato che la battaglia andasse fatta qui e che andasse fatta chiedendo a tutti di farla insieme a noi”.

Se viene eletto Segretario può promettere a mamma che compierà Nicola Zingaretti e almeno tre volte a settimana riuscirà a magiare a casa?

“Si, glielo posso assolutamente… glielo devo promettere … Perché deve venire a votare al Congresso e in questo caso non sarebbe intelligente dire il contrario. Però si, è importante anche mantenere il contatto con la famiglia perché poi è da lì che proveniamo e che prendiamo i valori che ci guidano tutti i giorni. Ogni tanto dobbiamo tornarci”.