La visione di Luca, l’anima giovane del Pd di Zingaretti

È stato tra i primi, in un'Italia abbacinata dal renzismo, a vedere tutti i limiti di quel modello. E posizionarsi all'opposizione. I fatti hanno detto che Luca Fantini, segretario dei Giovani Dem del Lazio, aveva ragione. Zingaretti lo ha voluto al suo fianco. Il futuro del Pd, del Paese, della Regione Lazio...

Ha la dote del fiuto. Che in politica è essenziale: perché consente di individuare prima degli altri la strada giusta. Luca Fantini è stato tra i primi a capire che il Renzismo non era la formula adatta al popolo del centrosinistra. Per questo si era schierato con l’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando, cioè contro Renzi, al congresso.

Ha anche la dote del coraggio. Fare quella scelta non era facile: significava mettersi contro Mauro Buschini, cioè l’uomo che più di tutti aveva creduto in lui, dandogli gli incoraggiamenti giusti. Consentendogli di arrivare fino alla guida dei Giovani Democratici del Lazio. Che non è il movimento dei facchini nel Pd. Ma un’organizzazione autonoma, nella quale riunire i giovani e farli crescere, sviluppare idee, con le quali spesso pungolare il Partito.

Non è un caso che Nicola Zingaretti lo abbia scelto per fare parte della ristretta pattuglia di fidatissimi che lo ha accompagnato in tutte le tappe del tour nazionale culminato con l’elezione a Segretario.

Nato e cresciuto nella sezione del centro storico di Alatri, Luca Fantini è uno che guarda lontano: sul suo profilo Facebook si deduce che già è concentrato sulle elezioni Europee. Perché a Zingaretti interessa riscontare la conferma alle urne. I primi risultati, come la parziale remuntada in
Basilicata, sembrano incoraggianti. Bruxelles, però, è il vero spartiacque: il 26 maggio dovrebbe arrivare la prova regina della rinascita della sinistra italiana e del bipolarismo di coalizione.

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Luca Fantini, lei è stato tra i primo a credere nella proposta di Nicola Zingaretti. Fiuto o incoscienza giovanile?

Io non credo che sia importante in quanti siamo partiti, piuttosto in quanti siamo arrivati. Nicola Zingaretti in provincia di Frosinone ha ottenuto oltre il 90% dei consensi. Un’affermazione straordinaria che la dice lunga sulla voglia di voltare pagina dei nostri elettori. Un risultato del quale possiamo soltanto gioire e che mi rende molto soddisfatto”. 

In Direzione Nazionale entra Mauro Buschini. Il consigliere regionale, già assessore, con cui è cresciuto politicamente. Una decisione che accontenta tutti o che lascia qualcuno insoddisfatto?

Assolutamente soddisfatti. Mauro è il capogruppo del Partito Democratico in Regione Lazio e punto di riferimento per molti amministratori e militanti del nostro territorio, la scelta migliore che si potesse fare. Personalmente parlando poi, una doppia soddisfazione vista la nostra amicizia. Mauro in questi anni ha dimostrato cosa significa saper giocare di squadra, soprattutto nei momenti difficili. Per la sua storia, per il suo impegno, ha meritato questo riconoscimento.

Come si declinerà sulla provincia di Frosinone il trionfo alle primarie del governatore del Lazio?

Il voto a Nicola Zingaretti in questa provincia è un voto che ci carica di entusiasmo, ma anche di una grande responsabilità. In campagna congressuale abbiamo avuto parole chiare e nette su come il Pd avrebbe dovuto voltare pagina: oggi dobbiamo trasformare quelle parole in fatti concreti. Per essere più chiari: non parlo di strategie, tatticismi o giochi tra correnti, ma abbiamo bisogno di aprire una discussione vera, con tutti coloro che vorranno, su come il partito debba tornare ad essere un punto di riferimento credibile e spendibile nella nostra comunità.

Caso Alatri: c’è stata un po’di bagarre in seguito all’emersione dei risultati delle primarie. Pare che sia lei sia Mauro Buschini abbiate fatto valere quanto portato a casa. L’amministrazione si era messa di traverso? (leggi quiLe primarie congelano l’accordo per Di Fabio candidato sindaco)

Io non credo esista un caso, credo che esistano delle scelte politiche. Il congresso è chiaramente il momento in cui legittimamente ognuno di noi sceglie chi sostenere e come farlo. I risultati della lista “Piazza Grande” sono sotto gli occhi di tutti. Certo, dispiace quando il gioco di squadra vale solo in alcuni casi e credo fermamente che si sia persa una grande opportunità per tenere il partito forte e coeso. Questo avrebbe aiutato anche l’amministrazione. Ma come ho già detto ognuno sceglie e le scelte si rispettano sempre. 

Ha vinto: rimane nei Giovani Democratici o abbandona il giovanile in funzione del Partito, la cosiddetta “politica adulta”, che poi – alla fine – già le appartiene?

Ho intenzione di portare a termine il mio mandato e di svolgere la mia funzione di Segretario regionale fino al prossimo congresso nazionale, che spero venga convocato nei prossimi mesi. I Giovani Democratici sono la mia casa da oltre dieci anni, se ci sarà ancora bisogno di un mio contributo sarò ben lieto di darlo. In ogni caso penso di aver dato tutto quello che potevo. Non dobbiamo nasconderci il fatto che i Giovani Democratici abbiano vissuto con sofferenza la gestione degli ultimi anni, perché troppo spesso hanno visto messa in discussione non solo la loro funzione ma anche la loro stessa esistenza, che io invece ritengo fondamentale anche per il futuro del Partito.

Quale strada è stata tracciata per il movimento giovanile del Partito Democratico dopo la vittoria di Nicola Zingaretti?

L’organizzazione giovanile dovrà essere in grado di ripensare sé stessa, di innovarsi e soprattutto avere la forza di rappresentare la nostra generazione, tornando ad essere pungolo e coscienza critica del partito. Credo che da questo punto di vista, l’entusiasmo generato dalle primarie del 3 marzo non possa che farci bene ed il congresso che stiamo per affrontare sarà l’occasione perfetta in cui discutere di tutto questo. 

Passiamo ai pragmatismi: i sondaggi già vi danno in crescita. L’obiettivo è quello di tornare a essere maggioritari, ma la strategia unionista pagherà? Zingaretti ha sia sposato il manifesto unioneuropeista di Emmanuel Macron sia aperto alle alleanze territoriali con Leu – Articolo 21. Sembra il ritorno dell’Ulivo…

È uno schema superato, come superato è del resto l’Ulivo. Zingaretti, durante la campagna congressuale, ha detto in maniera chiara che cambiando il partito democratico c’è bisogno di ricostruire anche il campo del centrosinistra. Creare una alternativa seria al governo scellerato e diviso su tutto è un obiettivo non rimandabile: per questo bisogna chiamare a raccolta tutte le forze positive del paese, associazionismo, esperienze civiche, movimenti ambientaliste e lavorando, ovviamente, a nuove alleanze politiche. Questo vale a maggior ragione per l’appuntamento delle europee dove lo scontro sarà radicale e riguarderà tutti: da una parte chi crede nell’Europa e dall’altra chi sta tentando di distruggerla. 

Cosa vi convince che Zingaretti, adesso, avrà ancora tempo per fare il governatore di una regione complicata come la nostra?

Il fatto che Nicola Zingaretti fosse un Presidente di Regione è stato un valore inestimabile durante tutto il percorso congressuale. La sua vicinanza ai problemi reali delle persone è stata percepita. Non dobbiamo dimenticare che in questi anni abbiamo salvato una regione sull’orlo del baratro, riportato trasparenza e legalità, messo i conti in sicurezza e migliorato i servizi. La Regione è stata ereditata dopo anni di disastri e c’è assoluta necessità di continuare con il buon governo del centro sinistra perché c’è ancora molto lavoro da fare.

Maurizio Martina e Maria Elena Boschi sembrano essere pienamente rientrati nei ranghi. Un discorso diverso, invece, riguarda Roberto Giachetti e chi lo ha sostenuto: pare si voglia organizzare una sorta di minoranza oppositiva interna. Fantini, i renziani si sono spaccati? E questo vale pure per Frosinone e per il Lazio?

In una grande comunità come quella del Partito Democratico che una minoranza si organizzi per far sentire le proprie ragioni credo sia un segno di vitalità del Partito. Altrove, e penso alla Lega, le decisioni le prende Salvini senza alcuna discussione. Nel Movimento 5 Stelle si rimanda a qualche clic su una piattaforma gestita dalla Casaleggio Associati. Da noi si discute, anche in maniera forte, ma poi si decide, insieme, per il bene del Partito. 

Matteo Renzi, prima o poi, uscirà dal Pd per dare vita alla “cosa liberale” con una parte di Fi e una parte, quella più centrista, della vostra formazione politica?

Questo l’ha detto lei. Io penso che Matteo Renzi sia stato protagonista di una stagione importante ma che oggi possiamo considerare conclusa. Credo comunque fermamente che il Senatore Renzi possa essere ancora una risorsa importante per il Partito. Non dobbiamo dimenticare che i Segretari passano ma il Partito resta e che ognuno di noi deve saper mettere il bene della propria comunità davanti alle prospettive dei singoli. 

Le aspettative su di lei – dopo che Zingaretti l’ha scelta per la campagna delle primarie – sono altine, per usare un eufemismo. Qual è la traiettoria che intende seguire?

Penso di averlo detto rispondendo alla domanda precedente: le ambizioni dei singoli non vanno anteposte al bene della comunità di cui si fa parte. Concluderò il mio mandato da Segretario regionale dei GD e poi mi riterrò a disposizione del partito e dell’organizzazione giovanile. Cambiare tutto significa anche questo: siamo noi a servire il partito, non il contrario. Penso che questo cambio di tendenza debba partire proprio dalla mia generazione.

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(F.B.)